Si riparla del Ponte, Impregilo “noi siamo pronti, bastano sei anni”

Per fare il Ponte sullo Stretto “noi siamo pronti. Bastano sei anni. Certo non dipende da noi”. Lo sottolinea, in un’intervista al ‘Corriere’ Pietro Salini, a.d. di Salini Impregilo e di Todini Costruzioni Generali SpA, osservando che per realizzare una simile infrastruttura “le condizioni sono favorevoli e irripetibili. Tassi bassissimi. Fondi europei. E la possibilità di scorporare gli investimenti per le infrastrutture dal deficit”. “Il problema – osserva – è che in Italia mancano una visione e una progettazione. Noi mettiamo nelle infrastrutture appena il 2% della spesa pubblica”.

Salini lamenta anche il sistema di regole “che non impediscono la corruzione; impediscono solo le opere” visto che “si punta troppo sulla concorrenza al ribasso anziché sulla competenza. Tutti possono partecipare, senza distinzione tra chi è in grado e chi no. L’ unica regola è il ribasso; ma così si fa una finta selezione”. Salini osserva come “la logica del “piccolo è bello” non è la migliore nel settore delle grandi infrastrutture complesse. Non ha senso spezzettare i cantieri in modo da far lavorare centinaia di piccole aziende, aumentando i costi di gestione e a volte dilatando i tempi”.

Sul fronte della ripresa, osserva, “mancano gli investimenti pubblici e quelli privati. Ora poi è tutto fermo in attesa del referendum, i cui risultati potrebbero di nuovo destabilizzare questo Paese e spingere di conseguenza i grandi gruppi stranieri ad abbandonare l’ Italia”. Peraltro, in caso di caduta del governo, per Salini “francamente non si vede all’orizzonte” una alternativa, tantomeno dei 5 Stelle, perché – aggiunge – “non si può dire no a tutto”.

Salini ribadisce il forte legame con le proprie radici: “Se continuiamo a restare in Italia, pagando le tasse che impone lo Stato, è perché siamo legati al nostro Paese”. “In questi giorni festeggiamo i nostri 110 anni” ricorda l’a.d. – una ricorrenza che sarà segnata da un evento celebrativo e una serie di iniziative dedicate, a partire dal 27 settembre alla Triennale di Milano. Ma, sottolinea, quella di Salini non è “una storia di famiglia, ma di persone di tante generazioni diverse che hanno lasciato un segno di sé, lavorando – conclude – a opere di cui la grande maggioranza degli italiani ha usufruito”. (@G.P.)

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