“Ci siamo stancati di parlare di vicende del Partito. Il contenzioso interno va affrontato in base alle regole dello statuto”. Gianpiero D’Alia, presidente nazionale dell’ UDC, che ha partecipato alla riunione del gruppo parlamentare all’Ars, snobba la raffica di commissari nominati in tutte le province siciliane dal segretario Lorenzo Cesa, con l’obiettivo sottrargli il controllo del Partito, in Sicilia. Non solo, ma D’Alia con Pier Ferdinando Casini, è schierato per il “sì” alla riforma costituzionale; Cesa per il “no”.
Il gruppo era stato convocato da tempo in vista della ripresa dei lavori all’Ars.
“Abbiamo discusso dell’assemblea dell’Anci, della quale non si comprende il rinvio; delle elezioni dei Liberi consorzi comunali e della manifestazione di sabato prossimo, a Roma, per il “sì” al referendum. Manifestazione che terremo anche a Catania nella prima decade di ottobre – dichiara il presidente scudocrociato – “Occorre varare le variazioni di bilancio e subito dopo il Documento di programmazione economica e finanziaria. Penso che dopo l’accordo con lo Stato, che riconosce alla Sicilia 1,685 miliardi, il bilancio di previsione si potrà approvare entro il 31 dicembre. Un accordo importante perchè riconosce alla Regione tutti i tributi maturati in Sicilia. Le altre regioni a Statuto speciale da anni avevano ottenuto ciò. Tranne la Sicilia. Con il riaccertamento straordinario dei residui attivi, il bilancio della Sicilia è uno dei migliori d’Europa.
È un successo che va ascritto all’impegno del Presidente della Regione, della maggioranza e del governo politico che ha instaurato un dialogo proficuo con il governo nazionale. Tra poco sarà firmato il “Patto per la Sicilia” che consentirà di rendere cantierabili centinaia di progetti.
Condivido quanto detto dal segretario del Pd, Raciti: “adesso dobbiamo occuparci della campagna referendaria”. Dopo stabiliremo quale sarà il percorso migliore: c’è un tempo per ogni cosa. Ora siamo concentrati sul referendum costituzionale.
Con Casini siamo per il sì alla riforma costituzionale, avendola votata in Parlamento. Non è solo questione di forma, ma anche di sostana. Dopo le elezioni del 2013, non si riusciva a fare un governo nè ad eleggere il nuovo capo dello stato. Abbiamo chiesto a Napolitano di accettare un secondo mandato con l’impegno di fare le riforme. Abbiamo sostenuto i governi Enrico Letta e Matteo Renzi perchè i loro programmi mettevano al primo punto le riforme. Riforma che contiene parecchie delle battaglie fatte dall’ UDC contro il federalismo perchè consci che a pagare il conto sarebbe stato il Sud”.