di Palmira Mancuso – “Scusate, chi è Adolfo Parmaliana?” ha chiesto una signora, incuriosita dalla locandina posta all’ingresso del Municipio di Milazzo, dove si finiva di allestire la mostra fotografica Bakur – Immagini di un popolo resistente di Grazia Bucca. Il tempo di uno sguardo con Nadia Furnari, cofondatrice, attuale vicepresidente e anima dell’Associazione Antimafie Rita Atria : e mentre raccontiamo brevemente la storia del professore che ha pagato con l’isolamento le denunce contro un sistema giudiziario corrotto, fino al suicidio; mentre spieghiamo che grazie a lui e a chi ha raccolto il suo testamento morale l’ex procuratore generale di Messina Franco Cassata è stato condannato per aver diffamato (in morte) il professore, cerchiamo di essere all’altezza di chi quella storia l’ha vissuta sulla propria pelle. “Lei è la fondatrice dell’associazione antimafia che in questi anni è stata accanto ai familiari” – dico alla signora, che decide di restare per ascoltare le storie e gli interventi previsti nel programma.
L’atrio si riempie: nel pubblico riconosciamo alcune mamme in cerca di giustizia, da quella di Giuseppe Tusa (il giovane sottufficiale morto nel tragico incidente al porto di Genova nel maggio 2013) ad Angelina Manca, a cui stanno avvelenando anche il giardino di casa, dove non ha mai smesso di coltivare le rose, in attesa che per il figlio Attilio la verità giudiziaria si adegui a quanto ampiamente dimostrato dalle inchieste giornalistiche. E poi c’ è la famiglia di Adolfo Parmaliana, la moglie Cettina Merlino, i figli, il fratello Biagio: nei loro sguardi la serenità che non cancella il dolore, ma conferma l’impegno di proseguire nel percorso tracciato dal valoroso docente di Chimica industriale, che con le sue denunce aveva fatto sciogliere il Consiglio comunale di Terme Vigliatore (Messina) e aveva portato lo stesso Cassata davanti al Csm.
La riflessione condivisa inizia dal nostro intervento in risposta ad una domanda di Nadia Furnari, sul ruolo dell’informazione nella vicenda di Parmaliana e più in generale sulla responsabilità del giornalismo. Certo parlare brevemente di complicità e di quanto la stampa possa mascherare, coprire o scoprire “altari e altarini” non è semplice: ma è molto più efficace spiegare come ogni giornalista risponde con la propria coscienza, e che noi, in qualche misura, lo abbiamo fatto e lo facciamo quotidianamente attraverso queste pagine, dove dal 2011 diamo voce alle battaglie che meritano attenzione. Perchè è importante ricordare da che parte è giusto stare anche quando le cose appaiono difficili, se non impossibili. Come adesso che l’ex procuratore generale Franco Cassata è un pregiudicato, e anche chi non ha avuto il coraggio di prendere posizione prima di sentenze definitive è chiamato a riflettere su come sia stata amministrata la giustizia a Messina e provincia. E con quali complicità. Internet ha aiutato la libertà di stampa: una volta ciò che non c’era sul giornale non esisteva, oggi quel potere monopolistico è finito, e i lettori sono più intelligenti e attenti. La sfida alla credibilità è una conquista che solo il rispetto della professione e la deontologia possono garantire.
Un tema delicato quello della libertà dell’informazione, a cui ha dato il suo contributo anche l’avvocato Goffredo D’Antona, che da anni collabora con l’Associazione Antimafie Rita Atria, con la quale condivide battaglie durissime come quella contro il Muos di Niscemi. Il penalista ha sottolineato come le richieste di risarcimento in sede civile sono ormai lo strumento usato più delle querele per diffamazione di carattere penale, per produrre un effetto deterrente e dissuasivo nei confronti del giornalismo indipendente.
A ricevere il Premio Parmaliana Graziella Proto, che oltre ad essere un riferimento per il giornalismo siciliano antimafia, dopo aver raccolto l’eredità de I Siciliani all’indomani dell’uccisione di Giuseppe Fava nel 2006 ha fondato una società editoriale Le Siciliane e ne dirige il bimestrale Casablanca, dal 2009 solo online. La sua è stata una testimonianza importante, che ha ripercorso gli anni in cui per la Rai era stata chiamata da Enzo Biagi a raccontare la mafia siciliana, quando per fare le inchieste sulle “donne di mafia” (una sua memorabile è stata pubblicata da Sandro Curzi su Liberazione nel 1998) non bastava un motore di ricerca virtuale, ma bisognava raggiungere case e borghi dove anche il collega operatore chiedeva stupito come facesse a non avere paura. Donne siciliane che raccontano donne siciliane. Linguaggi diversi che una matrice comune rende possibile interpretare, per farne storie e conoscenza.
Il Premio Parmaliana, vergato su un blocco di pietra, è stato consegnato anche a Mario Ciancarella, ex pilota di C130 cacciato per insubordinazione nel 1983. Per difendere lui e la sua storia è nata l’associazione Antimafia Rita Atria, e oggi attende giustizia questo uomo coraggioso, che al momento della strage di Ustica era Capitano Pilota della F.A. nonché leader del Movimento Democratico, che nasceva dalla contaminazione delle forze armate con la cultura sociale e democratica ed era sorto negli anni ’70 dalla voglia di molti militari di ogni ordine e grado di confrontarsi e organizzarsi per arrivare alla rivendicazione di una riforma costituzionale e democratica delle forze armate. Convocato e ricevuto – con Sandro Marcucci e Lino Totaro – al Quirinale da Pertini, Mario Ciancarella era divenuto referente delle rivelazioni da tutta Italia delle vere o false ignobilità che si compivano nel mondo militare. Fu così che ricevette la telefonata di Alberto Dettori – suicidato nel 1987 – che gli disse “Comandante siamo stati noi…”.
Ci sono battaglie che non possono combattersi da sole. E questo è lo spirito con il quale è nato il Premio Parmaliana: se l’isolamento e la diffamazione è l’assassinio perfetto per le nuove mafie, per il potere che preferisce il denaro alle pallottole, ecco che lo stile e la capacità di avere fiducia nella giustizia e nella verità sono l’unica via per dare un senso a certi dolori. Uno stimolo a fare ciascuno il proprio dovere, lì dove siamo stati chiamati a vivere e a scegliere da che parte stare.