Sulle pagine di agenzia radicale il ricordo affettuoso di Gianfranco Spadaccia, politico radicale e giornalista.
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E’ morto nella notte di ferragosto, alle 2,30, nell’ospedale di Santo Spirito in Sassia, Mario Signorino. Aveva 78 anni ed era da tempo malato. Nell’emozione e nel dolore per la sua scomparsa proverò a tracciarne un ricordo personale e a rievocare i momenti salienti della sua biografia, affidandomi soprattutto alla lunga amicizia e alla intensa collaborazione professionale e politica che abbiamo avuto in alcuni periodi della nostra vita.
E’ stato in Italia il fondatore degli “Amici della Terra”, una delle prime organizzazioni ecologiste internazionali e fu uno dei primi ad affermare la pericolosità e l’antieconomicità della scelta nucleare convincendo a questa posizione Marco Pannella e il partito radicale. Fu direttore nel 1976/77 della seconda serie di La Prova Radicale, un periodico che ebbe vita breve ma fu un tentativo editoriale e una sperimentazione grafica importante e innovativa.
Senatore radicale nella legislatura 1983-1987, si batté per la istituzione dell’Agenzia per la protezione dell’Ambiente, della quale divenne a metà degli anni 90 il primo presidente. Protagonista con Rosa Filippini di innumerevoli progetti e iniziative ecologiste, ha semprerifiutato e respinto le posizioni fondamentaliste e catastrofiste che hanno caratterizzato in Italia e nel mondo una parte del movimento verde, nella convinzione che anziché favorire in realtà avrebbero allontanato e reso più difficile la governabilità delle gravi questioni ambientali del pianeta e gli accordi internazionali necessari per perseguirla e renderla concretamente possibile.
L’ho conosciuto negli anni sessanta quando entrambi fummo coinvolti da Ernesto Rossi – lui da subito come redattore, io come collaboratore – nell’impresa di dar vita, dopo la rottura con Il Mondo e con Mario Pannunzio, al settimanale L’Astrolabio. Era stato fino a quel momento un allievo di Rosario Romeo e un promettente studioso di storia moderna e contemporanea e, se non ricordo male, fu in questa veste di ricercatore che ebbe i primi rapporti di collaborazione con Ernesto Rossi.
Mario si era laureato con il massimo dei voti con una tesi su Gaetano Salvemini che Rossi ha sempre considerato più che un maestro, un vero e proprio padre elettivo. Nel 1964, con la direzione di Ferruccio Parri, L’Astrolabio riuscì a trovare i primi finanziamenti, a darsi una agile struttura editoriale e a conquistare la periodicità settimanale avendo negli articoli e nelle inchieste di Ernesto, come era stato per Il Mondo, il suo maggiore punto di forza. Mario ne divenne presto redattore capo e poi, dopo la rottura di Parri con il PSI, sostituì Luigi Ghersi, anche lui di Messina, nella vice direzione.
Per la seconda metà degli anni sessanta e i primissimi anni settanta abbiamo lavorato a contatto di gomito, impegnati lui nel concepire e confezionare il settimanale, io nell’assicurare editoriali e commenti politici: una collaborazione che, con la copertura e la condivisione di Ferruccio Parri, fece dell’Astrolabio un costante sostenitore della battaglia per il divorzio e della politica dei diritti civili di cui i radicali erano con Loris Fortuna i protagonisti. Per entrambi fu una importante esperienza professionale e politica: recentemente, quando il Senato della Repubblica ha curato la digitalizzazione dell’intera collezione dell’Astrolabio entrambi siamo stati invitati a rievocarla con le nostre testimonianze in una pubblicazione curata dal più diretto collaboratore di Ferruccio Parri, Casiglia.
E’ stato probabilmente l’ultimo scritto di Mario, già provato dalla malattia. In essa ha ricordato, con accenti anche autocritici di gratitudine e affetto, i rapporti di collaborazione con Ferruccio Parri in un periodo caratterizzato da grandi mutamenti politici e sociali. Il rapporto con Parri si concluse con la progressiva trasformazione dell’Astrolabio in organo della Sinistra Indipendente e del suo gruppo parlamentare.
Se ne va un uomo colto e discreto che ha saputo essere testimone e protagonista del suo tempo e della sua generazione senza mai tradire la sua autonomia di giudizio e il suo senso critico. Addio Mario. Ci mancherai.