La stampa libera è spesso sotto attacco di querele e intimidazioni per intimorire con la minaccia del risarcimento danni chi cerca di raccontare la verità, anche se a volta scomoda.
Querele e citazioni per danni hanno purtroppo sostituito progressivamente la prassi della richiesta di rettifica. Il quadro è particolarmente grave ove si consideri che la stragrande maggioranza dei giornalisti italiani ha rapporti di lavoro precario, compensi estremamente esigui e paga in proprio le spese di difesa legale per i processi di diffamazione.
Le rilevazioni di Ossigeno per l’Informazione affermano che, nel periodo 2011-2014, le querele temerarie e le citazioni per danni infondate hanno rappresentato il 38 per cento degli episodi classificati dall’Osservatorio quali atti compiuti a scopo intimidatorio nei confronti degli operatori dei media. La stessa Commissione antimafia, nella sua relazione su Mafia, giornalisti e mondo dell’informazione ha riconosciuto come in Italia i giornalisti attivamente impegnati nel denunciare mafie e corruzione subiscono oltre alle “minacce tipiche” anche le cosiddette “persuasioni legali”, fenomeno peraltro in forte espansione.
“Ma questo – scrive l’Associazione Antimafie Rita Atria – inqualificabile fenomeno non colpisce soltanto giornalisti “iscritti all’ordine”, nel mare magnum dell’informazione indipendente sono tanti coloro che rischiano sulla propria pelle la “passione civile” di raccontare la realtà e contrastare con l’informazione mafie e corruzione senza che sia necessario tenere in tasca il “tesserino rosso”.
Il professor Adolfo Parmaliana era uno di loro, un uomo dalla schiena dritta che con i suoi esposti sul Piano regolatore, sull’abusivismo edilizio, su certe transazioni fatte dai politici del suo paese, contribuì allo scioglimento per infiltrazione mafiosa del consiglio comunale di Terme Vigliatore.
Un uomo che non è sceso mai a compromessi.
Il suo testamento morale, lasciatoci con la sua ultima lettera scritta prima del suo atto estremo di resistenza: «La Magistratura barcellonese/messinese vorrebbe mettermi alla gogna, vorrebbe umiliarmi, delegittimarmi, mi sta dando la caccia perché ho osato fare il mio dovere di cittadino denunciando il malaffare, la mafia, le connivenze, le coperture e le complicità di rappresentanti dello Stato corrotti e deviati. Non posso consentire a questi soggetti di offendere la mia dignità di uomo, di padre, di marito, di servitore dello Stato e docente universitario.», ci “obbliga” a proseguire la sua opera, e l’istituzione del Premio alla libertà di stampa e di espressione, oltre a costituire il doveroso omaggio alla sua persona, rappresenterà un presidio che vigilerà contro chiunque, orchestrando richieste di risarcimento in sede civile ancora più delle querele per diffamazione di carattere penale, intende produrre un effetto deterrente e dissuasivo nei confronti della libera informazione.
Il prossimo 25 agosto, a Milazzo all’interno dell’Atrio del Carmine, con inizio alle ore 19,30 si terrà un convegno dal titolo “La libertà di stampa e di espressione… le inchieste delle donne”. L’impronta al femminile vuole porre l’accento sulle discriminazioni di genere ancora oggi fortemente presenti nella professione giornalistica. Le donne incontrano maggiori difficoltà nell’accedere a posizioni apicali rispetto ai colleghi uomini.
Nonostante spesso siano più qualificate a livello di formazione e titoli di studio, solo un’esigua minoranza raggiunge i massimi livelli della carriera giornalistica (direttrice, caporedattrice o dirigente nel pubblico impiego), rispetto ai colleghi uomini.
Di tutto questo, con il coordinamento di Nadia Furnari, cofondatrice, attuale vicepresidente e anima dell’Associazione Antimafie Rita Atria, punto di riferimento dell’intera Associazione e di molte altre persone impegnate nell’antimafia sociale e nelle battaglie per l’affermazione dei diritti LGBTQI, ne parleremo con:
Graziella Proto, giornalista, ha una storia che la lega al giornalismo siciliano antimafia: un destino che non teme etichette, la rende una dei riferimenti di molti cronisti, non solo nell’isola. Dopo aver raccolto l’eredità de I Siciliani, fu eletta presidente della cooperativa subito dopo la morte di Fava, pagando in tutti i sensi l’onere della sopravvivenza e quelli del fallimento, nel 2006 ha fondato una società editoriale Le Siciliane e ne dirige il bimestrale Casablanca, dal 2009 solo online. Un impegno che non si ferma nonostante le difficoltà, soprattutto economiche, lascino poco spazio alla speranza e più alla consapevolezza che c’è bisogno di continuare.
Palmira Mancuso, giornalista, dopo la laurea con una tesi sull’attività giornalistica di Leonardo Sciascia, per la quale ha ricevuto il premio Mario Francese, ha frequentato l’IFG di Milano, dove ha avuto come maestri, tra gli altri, Enzo Biagi. Dalla Lombardia si è trasferita a Roma dove, dopo diversi periodi di stage nella redazione di Sktg24 ha seguito le cronache parlamentari e gli esteri per Agenzia Radicale e Quaderni Radicali. Co-Autrice del romanzo “Orme sulle Orme” (Armando Siciliano Editore) sul tema della donazione degli organi (i cui proventi sono stati destinati all’Aido) nel 2011 ha fondato il quotidiano online Messinaora.it di cui è direttora responsabile.
Alessia Candito, giornalista, dopo una lunga gavetta tra Spagna, Venezuela e Libano, ha deciso di tornare in Calabria. Ha scritto per diverse testate tra cui le agenzie di stampa Ansa (Madrid e Beirut) e Agi, il quotidiano venezuelano Última Noticias e il settimanale Carta. Ha collaborato con Rainews24 e la televisione panamericana Telesur. Esperta di cronaca giudiziaria e criminalità organizzata, ha realizzato inchieste su mafie e sistemi criminali. Attualmente scrive per il Corriere della Calabria e collabora con la Repubblica e l’Espresso. Per le sue inchieste è spesso finita nel mirino dei clan
Grazia Bucca, fotoreporter, usa la sua macchina fotografica come strumento di denuncia sociale. Da sempre attivista impegnata su vari fronti è anche una dirigente dell’Arci. La sua mostra fotografica Bakur – Immagini di un popolo resistente (allestita all’interno dell’Atrio), provando a squarciare, almeno in parte, quel silenzio imposto sulle condizioni di un popolo perseguitato e “cancellato” dalle agende dei potenti del mondo, ha documentato una guerra nascosta ma non per questo meno sanguinosa. Una guerra anomala, combattuta da uno Stato dentro lo stesso Stato, dal governo turco contro la minoranza curda. Vive e lavora presso Studio Camera a Palermo.
Goffredo D’Antona, avvocato penalista del Foro di Catania riversa magistralmente nell’esercizio del suo lavoro, tutta la sua passione per l’impegno nel sociale prestando gratuitamente la sua attività e la sua esperienza a movimenti, attivisti e cittadini comuni che lottano per il rispetto di diritti inalienabili di varia natura. Collabora da anni con l’Associazione Antimafie Rita Atria, con la quale condivide battaglie durissime come quella contro il Muos di Niscemi.
Fra le tante sue iniziative ricordiamo la fondazione del “Legal Team”, un gruppo di avvocati, riconoscibili per le famose pettorine verdi, che dal 2009 vigila sul corretto svolgimento di molte manifestazioni e cortei.
Al convegno seguirà, con inizio alle 21,30 lo spettacolo dell’attrice palermitana Stefania Mulè “Il Sangue Limpido del Mare”, dedicato ad Adolfo Parmaliana e alla nostra compagna Simona Scibilia.
Il format, firmato dall’Associazione Culturale ImmaginARTE, unisce più linguaggi artistici in un unico respiro: letterario, cinematografico, teatrale e musicale nel quale viene affrontato l’attuale tema dell’immigrazione ma anche delle discriminazioni e degli stereotipi di genere.
Un viaggio nella speranza e nel dolore, nella discriminazione e nell’amore, intrapreso da una ragazza che lascia l’Africa scappando dalla guerra in un barcone della disperazione ma una volta giunta, finisce stuprata e costretta alla prostituzione. In questo abisso nasce un amore con una “compagna di sventura” la quale, una notte, favorisce la sua fuga lasciandola andare verso il sognato viaggio di ritorno nella sua Africa. La sua migrazione diviene il simbolo di un nuovo viaggio verso la sua vera anima conquistata al durissimo prezzo della triplice discriminazione come profuga, come omosessuale e come prostituta, giurando a se stessa di non permettere mai più che intrusi violino la sua vita.
La performance, il cortometraggio, il libro appaiono come una fiaba delicata e passionale allo stesso tempo, dove musica, parole, immagini, divengono onde marine che portano ora al dolore ora all’amore ora alla scoperta ora ad un viaggio senza confini e alla battaglia di una donna alla conquista di sé e dei diritti negati.
Diretto e interpretato da Stefania Mulè
Alla chitarra: Paolo Scatragli
Costumi: Salvina Cordaro.
Coordinamento tecnico multimediale ed effetti: Elastro Società Cooperativa