Sequestro Pellegrino: la Dia scopre filiazione santapaoliana nelle pompe funebri

Sequestri dell’Antimafia. Tre anni fa toccò ai catanesi D’Emanuele, ovvero ai santapaoliani di Castello Ursino, oggi alla filiazione messinese che opera a Santa Margherita e che fa riferimento a Giuseppe Pellegrino, già noto perché deve scontare 30 anni, da 23 è in carcere ma è sempre il capo.

pellegrinoUn po’ perché prima operava con Sparacio e poi si è alleato con gli Spartà, molto perché è una testa pensante e fa parte di una famiglia che ha saputo pure far la guerra ai Vitale. Partendo dal lucrosissimo movimento terra. E lasciando per strada il fratello Giovanni, ammazzato per legittima difesa da Nicola Vitale 26 anni.

Scrivere di Pellegrino e dei suoi fratelli – due sembrano al momento esclusi dai giri mafiosi- significa rileggere guerre e ammazzatine di mafia, riposizionamenti e altro.

Oggi la DIA ( il coordinamento DDA stavolta è di Maria Pellegrino, ndr) chiarisce che i 5 milioni sequestrati – che si assommano ai 50 confiscati ai fratelli Nicola e Domenico- che Pellegrino dal carcere ha riscritto gli accordi, puntando sui D’Emanuele, ovvero Nitto Santapaola, e virando sui lucrosi affari delle pompe funebri.

Intesta al figlio Manuel Giuseppe le attività da ripulire e, nel frattempo, incassa un’altra custodiale per aver fatto eliminare Francesco La Boccetta nel 2005 dopo un summit in carcere, punendo La Boccetta per la nuova alleanza con Ferrante, dunque a Camaro-Bisconte, ma anche perché ” faceva il furbo” con la ” bacinella” di famiglia per non parlare della cocaina che aveva sottratto ai clan.

C’è, ovviamente, anche una donna, la compagna Francesca De Luca, in questa nuova operazione. Che, come detto, si lega a Cosa Nostra catanese vuoi per l’intermediazioni del clan Cinturino di Calatabiano ( elesse a prima donna al 41 bis  la sanguinaria Maria Filippa Messina, moglie del boss ed era il 1996, ndr) vuoi per la famiglia D’Emanuele. Tre anni fa la DIA, facendo seguito all’operazione Cherubino, che aveva azzerato gli affari del clan etneo che faceva capo a Natale, uomo d’onore, e ai figli Antonino e Andrea, individuò il filone che aveva permesso di ricostruire gli investimenti dei D’Emanuele, indirizzati nel settore delle scommesse, delle pompe funebri, della pesca, dell’immobiliare e del turismo balneare.

Pompe funebri e immobiliari sono adesso  pane dei Pellegrino, forse pronti a speculare anche all’interno del mercato ittico. E magari acquistare pescherecci. Ai D’Emanuele furono sequestrati 12 milioni.

A Messina c’è da capire se il meccanismo delle pompe funebri è così ben oliato come a Catania o si è solo in una prima fase di acquisizione di impresa per poi spingersi oltre. Ma anche se dal commercio di alimentari non si debba virare verso spazi molto ” precisi” nella Zona Sud. Con il solito metodo di creare società ad hoc.

Per ora trovati 400.000 euro in contanti, segno che viene di preferenza usato il cash.

Nota finale. Operazione coordinata dal capo DIA di Catania Panvino, che ha ormai le giuste letture sulle mafie della Sicilia orientale con annessi “innesti” catanesi a Messina città. (@Gianfranco Pensavalle)

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it