Non ha voluto rivelare la fonte di una notizia e adesso dovrà affrontare un processo per false informazioni al pm. È quello che è successo a Marco Bova, giornalista pubblicista di Trapani Bova è l’autore di un pezzo, pubblicato sul fattoquotidiano.it il 30 settembre del 2015, che conteneva alcune informazioni sulle indagini a carico dell’ex senatore del Pd Nino Papania, cancellato dalle liste delle politiche 2013 perché considerato impresentabile dai garanti dem, recentemente condannato a otto mesi per concorso in voto di scambio.
Si tratta del processo sulle elezioni amministrative di Alcamo del 2012, quando alcuni fedelissimi di Papania si erano attivati per procacciare voti in maniera illegale. Ed è proprio da uno dei rivoli di quell’inchiesta che emergevano i particolari raccontati nell’articolo di Bova del settembre scorso, e cioè il ritrovamento negli archivi dell’ex senatore di alcuni verbali che sembravano provenire direttamente dai computer della procura di Trapani. Dopo la pubblicazione dell’articolo, il giornalista è stato convocato per due volte dal pm Marco Varzera, e dopo essersi rifiutato di rivelare la fonte delle notizie è stato iscritto nel registro degli indagati. Adesso, dopo sei mesi di udienza preliminare, il gup Emanuele Cersosimo ha deciso di rinviarlo a giudizio.
Il motivo? Bova non è un giornalista professionista, e quindi non potrebbe appellarsi al segreto professionale, per proteggere le sue fonti. Eppure, come ha fatto notare l’avvocato Nino Caleca, legale del giornalista, l’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, attribuisce ad ogni persona “la libertà di ricevere e comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche”. Il difensore di Bova, nella sua memoria, sottolinea tra l’altro che sia la “convenzione che la giurisprudenza europea non fanno riferimento espresso alla categoria del giornalista professionista bensì a quella del giornalista, onnicomprensivamente intesa, senza individuare distinzione alcuna tra professionisti e pubblicisti”.(@G.Pensavalli)