La riflessione e la “Matassa”

di Gianfranco Pensavalli – Nella relazione annuale della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo per il distretto di Messina, Eugenia Pontassuglia, scriveva che “nella città di Messina l’intenso lavoro della Procura ha portato allo scoperto, nell’ambito di procedimenti ancora coperti dal segreto, chiari legami esistenti tra la mafia locale ed esponenti pubblici, anche con riferimento alla compravendita dei voti”.

Insomma, a leggere meglio anticipava quanto reso noto oggi durante la conferenza stampa per l’operazione Matassa che ha inorgoglito il questore Giuseppe Cucchiara e fatto sorridere il procuratore capo della Repubblica, Guido Lo Forte. Già, perché Messina mafiosa valeva tre righe quaranta giorni fa e oggi ti dicono che non è più così.

Un momento: la relazione della Pontassuglia evidenzia che, sebbene in talune indagini, si siano rilevati contatti impropri, caratterizzati da scambio di favori, tra imprenditori in “odore di mafia” e appartenenti ad amministrazioni pubbliche, l’assenza di collaboratori e la difficoltà di individuare le singole controprestazioni poste dal funzionario infedele a disposizione dell’imprenditore colluso, non ha consentito di acquisire elementi di prova idonei ad inquadrare tali condotte entro lo schema del concorso esterno in associazione mafiosa.

Ma torniamo su ” Matassa” perché ci sono sette indagati finiti a Gazzi o ai domiciliari che rispondono di associazione a delinquere allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti di corruzione elettorale, ovvero l’ormai famoso 416. E quì saltano fuori Paolo David, Adelfio “Adolfo” Perticari, che è finito a Gazzi per l’omicidio nei giorni scorsi di Giuseppe De Francesco “Tortorella” e il Giuseppe Picarella, noto chirurgo estetico. Ma anche Angelo Pernicone, detto Berlusconi, che fu coinvolto nell’operazione Alba Chiara quasi 20 anni fa con Giuseppe Cambria Scimone, inteso “Peppone” e Raimondo Messina.

Picarella prometteva assunzioni presso sue strutture sanitarie in cambio di voti che dovevano finire allo stesso David e agli onorevoli Francantonio Genovese e Franco Rinaldi, che non sono indagati perché “non sapevano”. Certo è che con Perticari e il tris Pernicone-Giunti si certificano i collegamenti con i clan Ventura e Spartà.

Ma è giusto virare anche sul concorso esterno in associazione mafiosa che c’è, politicamente parlando. Si tratta di Giuseppe Capurro, che sarebbe vicino a Carmelo Ventura ma non è poi stato eletto nel 2013 al Comune. Roba dura da digerire per l’ex capogruppo del Pdl, che transitò poi con Genovese e quindi ritornò alla base similazzurra. Capurro, che è imputato – udienza aggiornata ad ottobre – per truffa e falso in relazione ai suoi rapporti con la cooperativa progetto Nuovo Ambiente (che si occupava di pulizia e lavaggio di aree pubbliche, rimozione di neve e ghiaccio) avrebbe accettato la promessa di un bel pacchetto di voti da Carmelo Ventura in cambio di euro.

Attenzione: associazione a delinquere atte al voto di scambio tra le regionali 2012, le primarie Pd e la prima tornata di voto a Messina del giugno 2013. Dunque, è escluso il ballottaggio Accorinti- Calabrò.

Detto che tutti “mafiano” oggi , che ci sono 4 società sotto sequestro, si registrano gli arresti ai domiciliari dell’ispettore di polizia in pensione Stefano Genovese come procacciatore di voti e una strana analogia tra il recente omicidio De Francesco e quanto accadde 4 anni con Domenico Trentin. Quest’ultimo che sparava per uccidere contro un giovane, che sarebbe riuscito a fuggire e Adelfio ” Adolfo” Perticari che voleva solo spaventare Giuseppe De Francesco ma poi l’ha ammazzato. Trentin? Curriculum interessante e pure diverse condanne, uomo di spicco dell’operazione Omero.

Ma servirebbe una lente d’ingrandimento per rileggere le nuove cosche. Nuove? Ma se in tanti firmarono ” Peloritana 1″ , ovvero andarono in primo grado già nel 2007? Diciamola tutta: si sono riformati i clan a Camaro San Paolo-Bisconte e Santa Lucia sopra Contesse perché le carceri han sputato fuori quellichecheceranoprima.

Una sola donna in “custodiale”: è Vincenza Celona, sorella di Giovanni. Risponde di concorso in estorsione con l’aggravante mafiosa. Il “capo” sembra essere Gaetano Nostro.

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