Le sigle sindacali ci sono tutte nel Salone delle bandiere. Sono pronti a dare battaglia i lavoratori comunali, i precari, i dipendenti delle partecipate che non hanno idea di cosa ne sarà delle loro finanze nell’immediato futuro. Un futuro legato a tripla mandata al previsionale 2015 sul quale, a qualche passo di distanza, in commissione, si discute alla presenza di revisori e dirigenti. Gli stessi dirigenti che questi dipendenti in rivolta accusano di inadempienza, se non di incompetenza. C’è quello che la sera si dimette e la mattina cambia idea, l’altro che non sa come si metta mano ad un piano finanziario tanto da creare più danni che altro: questi gli identikit che vengono tracciati dai sindacalisti al tavolo dei relatori (dei quali parafrasiamo così alcuni interventi).
E i presenti sono le vittime, consapevoli e responsabili, di quel che sta succedendo. Consapevoli perché le tasche toccate sono quelle dei padri e madri di famiglia che hanno partecipato all’assemblea di oggi; responsabili perché colpevoli di una pazienza che non ha premiato e non premia.
Si ritrova senza fiducia chi credeva nel cambiamento possibile, un cambiamento che in tre anni, evidenzia Saro Contestabile (Cisl Fp) , non c’è stato: “ci hanno assicurato che si sarebbe risolto tutto, prima Signorino adesso Eller ma i tempi previsti sono stati puntualmente disattesi”.
Elemosinare un diritto è una vergogna, lo dice bene
Giuseppe Previti (Fp Cgil) che, guardando la sala commenta: “qua l’ 80% ha votato Accorinti. E non si può tradire chi fa di tutto per cambiare la città. Quindi o ci si rimette in riga o ce ne si torni a casa”.
“Sono state fatte scelte scellerate. Bisogna dire il nomi e cognomi di chi ha errato”. Pronti a sfiduciare la giunta prima e più concretamente di quanto non sembra voler fare il consiglio comunale, i lavoratori urlano, si confrontano e chiedono feedback concreti a chi li amministra. “Perché si è così puntigliosi verso i dipendenti comunali di categoria e invece si è di manica larga verso la dirigenza i cui contratti non sono concordati con i sindacati dal 2011? Senza fondo come paghi? Se non si pagano i dipendenti perché i dirigenti sì? Perché due pesi e due misure?” si chiedono facendosi eco l’uno con l’altro. Dal dissesto al disastro di questo esecutivo senza sconti ma la retorica lascia troppo spazio ad una lotta che ricorda quelle tra operai e padroni negli anni 70 o ad una guerra tra poveri in cui, alla fine, chi rivendica il salario accessorio si sente rispondere dai precari a 500,00 euro al mese che “stanno peggio”.
Tutti contro tutti in una gara tremenda a chi vive la situazione peggiore, a chi ha più diritto di altri a lamentarsi e protestare.
Poi, in un momento tutto rientra: arriva il vicesindaco e, insieme a lui, il segretario generale del quale, fino ad un istante prima, si erano dette peste e corna. A chi ascolta, le parole di Le Donne non piacciono affatto -sarà per il contenuto o forse per i modi che a qualcuno lo rendono inviso perché troppo tecnico- ma tutto passa a fronte della garanzia dello stipendio, come fosse una gentile concessione (del resto, va detto, nel caso in cui qualcuno pensasse il contrario, che non è mica l’amministratore a non voler pagare, come si trattasse del signore che approfitta del “proletariato da sfruttare”, che fa tanto immagine retrò).
L’assessore Cacciola garantisce che entro i primi di maggio le spettanze saranno pagate “con o senza il parere positivo dei revisori al bilancio”.
“Si stanino i dirigenti che non fanno il proprio dovere”, suggerisce Giuseppe Gemellaro (Silpol) che contesta: “a metà mandato non avremmo mai immaginato questua situazione”.
Intanto, in sala, applausi per chi chiede di accertare le responsabilità di chi ha sbagliato e di piantarla con i premi produzione per chi non li merita (sempre i dirigenti. CalogeroEmanuele fa un chiaro riferimento all’anomalia Ferlisi ,dalle posizioni spesso ambigue).
Chi ruba, chi sbaglia e chi non fa il proprio dovere (o non lo fa bene) deve pagare, non essere premiato. Tanti applaudono.
E se qualcuno resta fermo si nota subito tra gli scrosci di centinaia di mani che battono e, guardando bene, il viso è quello dell’ex capo di gabinetto, Antonio Ruggeri.
Seduto tra i dipendenti in protesta per il proprio diritto, c’è anche lui che, vale la pena ricordare
, in primo grado è stato condannato per peculato, ossia per essersi autoliquidato (illegittimamente) somme di denaro pubblico che non gli spettavano.
Evidentemente c’è chi ha poca vista o memoria corta.
E tra vinti e vincitori, responsabili e irresponsabili, non si capisce bene quale sia la linea di confine tra i buoni e i cattivi perché, talvolta, anche chi sarebbe dalla parte del giusto, si dimentica di ragionare sul concetto di diritto e bene comune, non appena il capo popolo di turno gli lancia qualche monetina dall’alto (o la rassicurazione per lo stipendio del mese in corso. E solo del mese in corso perché “Del doman non v’è certezza”…sapevatelo!