di Saro Visicaro – Si uccide, si rapina, si spaccia, si corrompe, si strozza, si estorce. Come sempre a Messina? Forse. A non volere essere troppo distratti però qualche riflessione si impone.
A leggere alcune cronache giornalistiche di questi giorni, riguardanti l’omicidio di Giuseppe De Francesco, ci si rende conto del perché i sistemi criminali crescono indisturbati. L’imperativo “istituzionale” è quello di minimizzare. Una lite tra balordi…, un regolamento di conti per qualche parola di troppo…Un po’ come “l’omicidio assurdo” del luglio scorso a Provinciale. Una “tragica lite” insomma. Come se a Messina non esistesse il controllo militare del territorio da parte della criminalità e la lotta per la tenuta dei confini. Un controllo che parte dalle periferie e dai villaggi abbandonati e che ormai si allarga e si impone nel cuore della città.
Attraverso la “movida”, i localini che occupano ogni centimetro di suolo pubblico, oppure attraverso ogni abuso ed arroganza. I controlli inesistenti. I giovanissimi abbandonati al loro destino. Poi le morti, in qualche spiaggia per una dose sbagliata o per un’auto che a folle velocità ti arriva addosso e ti stronca una giovanissima vita. All’uscita di una pizzeria. Immancabile il lutto cittadino. Le interviste strappalacrime. Le fiaccolate di solidarietà. Oppure i cortei e i botti non autorizzati ai funerali. Ed amen. Tutto ricomincia subito dopo.
Come un post partita. No. Non è come sempre. Non è più come prima. E’ molto peggio. Tutto va diventando sempre più incontrollabile. Più maledettamente violento. E questa è “solo” la criminalità di strada. Quella più vulnerabile. Poi c’è quella meno esposta, appena meno rozza ed è quella di “mezzo”.
La criminalità che non si espone, che non si sporca attraverso i litigi e le armi. Quelle magari li vende, le offre, le procura. E’ quella criminalità che incassa e redistribuisce (poco e male) i profitti dello spaccio, della prostituzione, dell’usura, del racket. Ma, a leggere certe cronache, è come se tutto ciò non avvenisse a Messina. Città eternamente “babba”. Il crimine si ferma a Barcellona al massimo. Secondo le procure. Nel capoluogo solo qualche “pecorella smarrita”.
Chi ricicla allora la montagna di incassi criminali? Quali banche o finanziarie o gruppi imprenditoriali fanno transitare il danaro sporco? Non risultano indagini, inchieste, sentenze di condanna. Solo qualche spiffero. Questo si chiama sistema. Un sistema nel quale il malaffare passa anche attraverso certa politica. Attraverso la ricerca del consenso. L’acquisto dei voti. I villaggi e le periferie sono vissute da coloro che magari poi ottengono i consensi da chi controlla il territorio. Uno scambio perfetto di voti e di silenzio.
Qual è la risposta dello Stato a tutto questo? Nessuna. Assolutamente nessuna. Impotente il Questore che non ha gli strumenti per impedire dispersione scolastica o attività illecite dei minori. Assenti e incapaci i servizi sociali. Le famiglie, la scuola, il volontariato? Caso per caso le situazioni cambiano. Nel bene o nel peggio. Nessuna strategia da parte degli amministratori. Il “mondo di mezzo”. Messina di mezzo prospera nella banalizzazione e nella sottovalutazione. (foto Francesca Woodman – Senza titolo, da Space², Rhode Island, 1977)