Mala Sanitas. Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, teatro degli orrori: neonati morti e aborto senza consenso

“Due bimbi morti appena nati, un aborto procurato senza e contro la volonta della gestante, due bimbi con danni cerebrali permanenti e donne con danni persistenti nelle parti intime ed essenziali alla persona”.

Questo il “bollettino di guerra” emerso dall’ inchiesta “Mala Sanitas” della Guardia di Finanza che ha portato all’arresto di 4 medici del Presidio ospedaliero “Bianchi-Melacrino- Morelli” di Reggio Calabria.

Dalle intercettazioni (pubblicate oggi su Il Fatto Quotidiano) emerge una situazione degna di uno splatter di serie B. Sono scattate le manette per quattro medici degli Ospedali Riuniti del capoluogo calabrese: attualmente ai domiciliari l’ex primario Pasquale Vadalà, il primario facente funzioni Alessandro Tripodi e i ginecologi Daniela Manunzio e Filippo Saccà; interdetti dall’esercizio della professione medica per volere del giudice per le indagini preliminari anche i ginecologi Salvatore Timpano, Francesca Stiriti, Antonella Musella, gli anestesisti Luigi Grasso e Annibale Maria Musitano, il responsabile dell’ambulatorio di neonatologia Maria Concetta Maio e l’ostetrica Pina Grazia Gangemi.

Risultano invece solo indagati i medici ginecologi Massimo Sorace, Roberto Rosario Pennisi, l’ostetrica Giovanna Tamiro e Antonia Stilo. Emerse ”una serie di gravi negligenze professionali e di ‘assoluta freddezza e indifferenza’ verso il bene della vita che di contro dovrebbero essere sempre abiurate dalla nobile e primaria funzione medica chiamata ‘a salvare gli altri’ e non se stessi”, scrive il gip.

Cartelle cliniche “manipolate” o falsificate per coprire le responsabilità derivanti dagli errori medici commessi nei reparti di Ostetricia e ginecologia, di Neonatologia e di Anestesia e che errori: al centro dell’inchiesta coordinata dal procuratore Federico Cafiero De Raho e dai pm Roberto Di Palma e Annamaria Frustaci, il decesso (in due distinti casi) di due bimbi appena nati, le lesioni di un altro neonato dichiarato invalido al 100%, i traumi e le crisi epilettiche e miocloniche di una partoriente, nonché il procurato aborto di una donna non consenziente e le lacerazioni strutturali ed endemiche di parti intime e connotative di altre pazienti. Ma tra tutte le intercettazioni riportate dalla stampa, quella che certamente più sconvolge riguarda il primario facente funzioni Alessandro Tripodi, da cui pare che il sanitario avrebbe fatto abortire la sorella senza il suo consenso nè quello del cognato, sospettando che il feto potesse essere affetto da una patologia cromosomica. Sospetto che, oltretutto, non avrebbe avuto conferma dopo il raschiamento della gestante. (Da Il Fatto Quotidiano:) “Vedi se puoi fargli cambiare quella flebo… – dice Tripodi alla collega Manunzio – tipo con una scusa che non scende”. “Se non c’è tuo cognato… in un momento che non c’è… ma la notte non sta con lei?”. “Ma pure se c’è. Pure se c’è, tanto non capisce niente. Senza che ti vede nessuno, ehm, vedi come puoi fare, gli metti 2/3 fiale di Sint, gliela fai scendere a goccia lenta”. “In maniera tale che ‘morisce’, così si sbrigherà ed abortirà”. Nell’ordine di custodia cautelare del gip Antonino Laganà viene descritto un sistema adottato dai medici per “salvarsi il culo” (cit.) condiviso dall’intero corpo sanitario.

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