di Simone Bertuccio – È probabilmente dall’alba dei tempi, o meglio, forse da quando la dinamica della tettonica a zolle ha separato la Sicilia dal resto del continente, che si parla di Ponte sullo Stretto di Messina.
Ed è probabilmente anche da questo stesso momento che il mondo, l’Europa, l’Italia la Sicilia, si spaccano in due.
Spesso, rispetto alle grandi divisioni create all’interno del nostro paese, della nostra regione, della nostra città, penso che la tettonica a zolle noi ce l’abbiamo nel cervello, ma sorvoliamo. Piccola constatazione.
In fondo – e questa frase l’ho anche scritta nel precedente pezzo di questa rubrica – il credo del “O una cosa la si fa tutta o non la si fa per nulla” è una cosa che, di tanto in tanto, intacca la mentalità dell’italiano medio e non solo quella del messinese. Siamo esportatori di idee, non solo di granite, arancini e braciole. Ora è bene capire che non si può parlare di vie di mezzo quando si tratta di costruire ponti di 5, 10, 22, chilometri. Cosa si potrebbe fare? Costruire ponti non inquinanti in materiale ecologico e montarli e smontarli ogni qualvolta servano? Costruirne uno che si aggancia alle due coste in maniera del tutto semplice e non invasiva per la Calabria e la Sicilia? Per esempio con due semplici tiranti per lato che vengono collegati a due lampioni situati nel più vicino affaccio sul mare? O – altra soluzione non totalmente destabilizzante come le precedenti – costruirne uno che si abbassa – o si alza – con le sue grandi braccia solo a mezzogiorno, in concomitanza con il canto del gallo del Duomo, e a mezzanotte, creando una nuova attrattiva per i turisti.
Impossibile. Un progetto così grande, o si fa o non si fa. Le vie di mezzo potrebbero riguardare, invece, tutti quegli altri progetti utili a potenziare il trasporto via mare, il tutto correlato con una più efficiente rete autostradale delle due regioni. Ho scritto “più efficiente”, lo so, e avrei dovuto scrivere “inesistente”, ma mica sto a guardare il capello, io. Si parla di grandi progetti, di grandi imprese, dobbiamo essere all’altezza del discorso che stiamo affrontando e pensare in grande.
Prima tocca a Renzi, poi tocca a quell’altro politico, e poi tocca ad Alfano. Renzi prima parla poi ritratta; o prima ritratta e poi parla; o prima parla, ritratta e poi riparla, insomma, questo nostro primo ministro ancora non s’è capito che parte voglia prendere. Mi sembra un po’ come il ragazzo primo della classe, lecchino che, prima di sapere se stare dalla parte del Professore o da quella dei suoi compagni, cerca di capire cosa ne guadagnerebbe se appoggiasse quella o quell’altra posizione.
«Il ponte si farà! Ma prima mettiamo a posto le autostrade, i collegamenti tra le più importanti città siciliane, dotiamo la Sicilia di linee ferroviarie ad alta velocità e poi possiamo parlarne sul serio. Bisogna prima dotare il tratto che va da Napoli a Reggio Calabria dell’alta velocità» – fonte Huffington Post -. Poi mi soffermo a ricordare le dichiarazioni del Ministro delle Infrastrutture, Delrio , nell’agosto dello scorso anno quando disse che, sì, si sarebbe portata l’alta velocità nel Sud Italia, ma che sarebbe stata più lenta del resto d’Italia. «Se fare 4 binari costa 5 miliardi per 20 chilometri, forse è meglio metterne 2 di binari ed essere un po’ meno veloci, a 200-225 chilometri orari anziché 300». Ma quanto è bello sapere che per recuperare i 20 anni d’arretratezza infrastrutturale citati da Delrio qualche tempo fa, il Sud viene sacrificato all’urlo di battaglia del “sempre meglio che… ”! Ma forse sono io che mi fisso su queste cose. Sono troppo pignolo, mi piango addosso e non mi accontento mai.
Poi, dicevo, tocca ad Alfano cercare nel cappello del mago e trovarci, come sempre, il Ponte. Di qualche giorno fa le sue dichiarazioni lapidarie: «Il Ponte si farà». E, riferendosi ai benaltristi: «Fate pure convegni e dibattiti sul ben altro…Noi facciamo il Ponte». Un po’ come il vostro amichetto che in cortile vi diceva: “La palla è mia e ci gioco io”.
Non è questa la sede adatta per azzardare giudizi personali su quanto sia inutile e quanto sia utile il Ponte sullo Stretto di Messina. Il problema è atavico, l’abbiamo detto. Quello che però mi trovo quasi costretto a sottolineare di fronte a cotanta evidenza è la quasi assoluta mancanza di coordinamento tra le intenzioni. C’è chi dice “sì”, «c’è chi dice no, io non ci sono, c’è chi dice no, io non mi muovo», c’è chi dice “forse”, c’è chi si mette il pallone sotto il braccio e pensa di decidere le squadre, il gioco e chi debba giocare.
C’è Renzi, ci sono tanti politici, c’è Alfano e poi c’è pure Facebook. Sui Social, lo scomparso Umberto Eco affermava: «Danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività». La poca dimestichezza di molti social-addicted nel verificare i contenuti che scorrono nella Home prima condividerli, è cosa risaputa ma per ogni notizia non verificata e fatta passare come credibile, il fegato di ogni persona di buon senso si infiamma condizionandone l’alimentazione per mesi e mesi.
Su Facebook, quasi in concomitanza con le dichiarazioni di Alfano sul Ponte, è circolata una foto del Sindaco di Messina, Renato Accorinti, facente il segno della vittoria accanto al plastico del Ponte.
Indipendentemente dalla clamorosa autorete che nemmeno nei campi di terza categoria – era così difficile immaginarsi che quella foto con quel segno accanto al soggetto contro cui si sono concentrate mille battaglie, avrebbe scatenato nefande considerazioni circa il cambio di mentalità politica del sindaco?, nds – , è possibile mai che sui vari social ci sia stata la condivisione di codesta foto – e dell’articolo – quasi sempre seguita da commenti a volte increduli, a volte di condanna, circa il presunto e assurdo cambio di rotta del Primo Cittadino di Messina sul Ponte?
È quasi una malattia, un’epidemia che sembra non potersi arrestare e che crea esseri della famiglia dei Muccaelapidae – Muccalapuni, nds –. Famiglia di esseri viventi che ingloba in sé gente di sinistra, destra, centro, e che è famosa per il semplice fatto di fermarsi solo ai titoli dei film, dei giornali, dei libri, senza azzardarsi mai a penetrare a fondo.
Sul Ponte ogni volta è una battaglia. È una battaglia persino scrivere un pezzo ironico o serioso. È una battaglia esporre idee con un amico seduti in un bar, è una battaglia trovare una giustificazione a Renzi che inventa una supercazzola a proposito della “grande impresa faraonica”, ed è una battaglia girarsi contemporaneamente dall’altro lato e sentire il Ministro Alfano che imbraccia lo scudo ed impugna una lancia ponendosi a Nuovo Paladino dell’Ordine dei Pontisti sullo Stretto. È difficile star dietro a tutto questo.
In Scandinavia, Svezia e Danimarca, due nazioni diverse, sono unite dal famoso Ponte di Øresund. Altrove, paesi diversi si uniscono per un’unica idea.
Qui in Italia, per confidare nella non riuscita, ci basta sapere che nello stesso paese e nello stesso Governo c’è chi dice sì e «c’è chi dice no». Quindi, di che parliamo?
Non disperate, favorevoli e contrari: la strada per la costruzione del Ponte è infinitamente più lunga di quella che ci vuole per attraversarlo.