Sia chiaro: un conto sono le difficoltà cui devono far fronte le strutture e i volontari che si prendono cura degli animali senza famiglia né dimora, certamente incapaci di mantenere strutture a 5 stelle ma che fanno il massimo per assistere degnamente queste creature di Dio, altro discorso riguarda chi vive questa non come una missione ma un semplice business. La lega nazionale per la difesa del cane ha puntato la propria attenzione sul “Millemusi” di Castanea, agli onori della cronaca recente per continue denunce (spesso social) relative le condizioni indecenti in cui versano i propri ospiti a quattro zampe.
La neopresidente della Lega, Annalisa Bertolami in occasione di un incontro con la stampa organizzato proprio per denunciare pubblicamente la situazione che, stante quanto documentato, definire agghiacciante sarebbe eufemistico. Una situazione le cui responsabilità sarebbero da ricercare nella vecchia gestione del canile: Bertolami ha infatti accusato chi l’ha preceduta al vertice della associazione, Caterina Merenda, responsabile oltretutto della struttura, e il veterinario che avrebbe dovuto occuparsi della salute dei cani, Claudio Taormina.
Secondo le parole della Bertolami, corroborate da testimonianze irripetibili dei volontari, i due si sarebbero resi responsabili di comportamenti sadici e violenze ripetute ai danni degli animali, maltrattati, denutriti, percossi e abbandonati alla degenerazione di ferite spesso mortali, senza cure o premure minime da parte di chi avrebbe dovuto provvedere al loro fabbisogno e benessere. A questo si sommano poi i gap amministrativi riscontrati che si traducono in luci ed ombre ancora da chiarire.
Il casus belli che portò alla ribalta il Millemusi, fu una denuncia di Libero Gioveni, consigliere scudocrociato che insieme al M.e.t.a. aveva evidenziato la stranezza di trentotto decessi avvenuti in circostanze e modi apparentemente dubbi. Allora, chi reggeva ancora le fila del canile, aveva rassicurato sulla propria condotta, adducendo come causa delle numerose scomparse, malattie mortali delle bestiole.
Quanto emerge adesso dalle dichiarazioni della Lega e dalle testimonianze di chi avrebbe assistito personalmente a tali violenze, lascia chiaramente poco spazio alla comprensione e persino al fraintendimento: o volontari e presidente mentono infangando la reputazione, l’onorabilità e la professionalità della signora Merenda e del dottor Taormina o, invece, sono questi ultimi ad aver mentito, contribuito alla morte, torturato delle creature innocenti e a loro affidate affinché ne fossero custodi e protettori, non di certo carcerieri e carnefici. In casi simili non c’è realtà che sta nel mezzo: delle due deve essere una sola.
A queste accuse si aggiungerebbe un’altra voce da non sottovalutare, che si chiama truffa e che emergerebbe laddove fosse confermato che il veterinario avrebbe non di rado comunicato alle autorità competenti con sensibile ritardo di decessi del cani, così come di affidi ed ingressi, al semplice scopo di non perdere contributi che il Comune eroga per ciascun animale ospite. Taormina, ancora secondo le testimonianze rese da presunti (corre l’obbligo di usare sempre dubitativi) testimoni oculari, lungi dall’essere in sede nelle ore in cui avrebbe dovuto assistere i cani del Millemusi, vi avrebbe trascorso meno tempo del dovuto e, in quel frangente, invece di occuparsi dei suoi pazienti, sarebbe stato solito rimanere chiuso nel proprio ufficio o intento a gestire il suo allevamento di api la cui presenza è, inutile dirlo, incompatibile con quella dei cani per via dei rischi che questi ultimi potrebbero correre se punti dagli insetti in questione.
Questa situazione va raccontata usando il tempo presente, infatti, nonostante già oltre due mesi fa la Lega abbia deliberato il licenziamento del veterinario (con conseguente denuncia a carico del sanitario) le cose sono rimaste esattamente com’erano.
“Taormina si trova al suo posto”, puntualizza la Bertolami. Infatti la struttura è commissariata ormai quasi da un anno per ragioni che, bisogna precisarlo, niente hanno a che fare con il trattamento destinato agli animali, e questo rende ancora più complessa la gestione della vicenda. Addirittura, vi sarebbero alcune aree del canile il cui accesso, oggi, è impedito anche ai volontari che dunque, non potrebbero neppure controllare la condizione dei piccini che stanno al di là dei cancelli chiusi da lucchetti. E proprio oltre le barriere di reti vi sarebbero bestiole moribonde.
Mentre avviene tutto ciò, la burocrazia batte il diritto alla vita e alla cura di innocenti, sempre subordinate a sopralluoghi, tempi della giustizia e ignavia. Se fosse tutto vero compreso il fatto che la Merenda ha coperto il veterinario nonostante fosse a conoscenza delle barbarie di cui si sarebbe macchiato (e a questo punto potremmo pensare prosegua a fare) la permanenza di Taormina nella struttura sarebbe di una gravità e una pericolosità inammissibile.
In caso contrario (quindi volendo dare per buono che esista una macchina del fango messa in moto da volontari e vertici della Lega finalizzata a nuocere all’ex presidente e al professionista) la macchia del disonore e del ribrezzo starebbe infiltrandosi sempre più tra i pori di due onesti cittadini ingiuriati e vessati per chissà quale ragione e d’ora in poi marchiati con un’indelebile lettera scarlatta al di là di ogni possibile proscioglimento.
Non sta a noi fare processi o stabilire ove risieda il vero: una cosa è certa, nel dubbio e nell’attesa, il buon senso dovrebbe avere la meglio e il medico (in primis nel suo interesse) dovrebbe vedere immediatamente esecutivo quel licenziamento del gennaio scorso.