di Simone Bertuccio – Ultimamente, come già ho avuto modo di raccontare, preferisco usare i mezzi pubblici. Non inizierò a raccontarvi gli innumerevoli pregi – tanti – che possono scaturire dal suo utilizzo, rispetto ai suoi difetti. Certo, è anche vero che le brutte abitudini dei messinesi possono spingere qualunque addetto all’informazione ad essere ridondante ma come accade spesso, queste brutte abitudini, si intersecano e non si può fare a meno di ripercorrere, anche di sfuggita, una strada precedentemente imboccata.
Le uniche cose di ridondanti che si possono dire prendendo quotidianamente il tram riguardano l’efficacia e l’efficenza degli addetti Atm e di quanto sia bella questa città. Ho cercato continuamente di interrogarmi su questo ultimo punto. Poteva mai essere che, per più articoli consecutivi, io cercassi di sottolineare questo punto? Ho forse i classici prosciutti davanti agli occhi? Mi sono anche chiesto se avessi assunto un atteggiamento parziale ma che tipo di parzialità di può essere per una persona – me stesso – che ama, spesso in modo viscerale, la propria città senza alcun tipo di compromesso politico o partitico?
Da qualche settimana Messina è andata dall’acconciatore per quel che riguarda la folta chioma situata a Piazza Cairoli. Prima di parlavi di questo punto – che poi è il tema centrale – però, mi piace fare un po’ quello “che mette zizzania”. Mi capita di rado – ma mi capita – di percorrere Messina in lungo e in largo. La peluria di cui è composta è raccapricciante. Una città che rivolge parte del suo bel volto al mare, non può mostrarsi così poco curata. L’anno scorso è stato avviato, prima dell’arrivo della stagione estiva, un processo di pulizia zona Faro. Erbacce, sporcizie, la sistemazione di barriere che vietassero il futuro ingresso alle auto proprio sotto il pilone, insomma, si pensò di fargli la barba, di dargli una sistemata. Il lavoro, cara Amministrazione, è tanto ed è lungo così come è lungo tutto il Viale della Libertà, la cortina del porto, tutto l’affaccio sul mare da Pace a Spartà. Mi è capitato, per esempio, di dover fare alcuni scatti fotografici a testimonianza dell’incuria del verde pubblico nella zona riguardante il piccolo tratto da Pace a Contemplazione, proprio lungo il passaggio pedonale. Ecco: se l’idea è quella di rendere Messina una jungla, credo che basteranno altri cinque o dieci anni per far sì che la città dello stretto diventi l’habitat preferito di alcune specie animali prettamente amazzoniche.
Marciapiedi inesistenti perché nascosti da queste aiuole prepotentemente germoglianti che, per carità, ci mandano anche un messaggio bello. Un messaggio di vita, di abbondanza, di fiera voglia di esprimersi, di essere se stessi anche contro la truce volontà dell’essere umano. E questo è solamente un piccolo stralcio di realtà. “Messina città giardino”: era questa l’idea, circa un centinaio di anni fa. Una città che, da che doveva essere all’inglese, è diventata simile ad alcune zone fitte di vegetazione delle Isole Falkland, che di inglese hanno solo la giurisdizione.
A Messina sembra non si conoscano le mezze misure. O una cosa si ha tutta, o non si deve avere per nulla.
Passando con il tram dalla centralissima Piazza Cairoli, da qualche giorno ci si può imbattere in alcuni lavori di potatura degli alberi. Una potatura quasi compulsiva, pensavo all’inizio. Motoseghe e operatori del comune che erano una cosa sola. Tutto recintato come ci si trovasse all’interno di una trincea nella Grande Guerra. Un ampio spazio pubblico sottratto al pubblico. Lavori incessanti e, dicevo, quasi compulsivi. Giorno dopo giorno, passando di lì sul movimento del mezzo pubblico, sempre più alberi venivano privati della loro folta chioma verde, ripuliti dei rami secchi, alcuni anche pericolosi. Messina cambiava faccia. Credo sia comune a molte persone la strana sensazione di vedere un conoscente dopo che questo si è tagliato i capelli a zero o dopo essersi completamente raso la barba. Non ci sembra più quella persona e rimaniamo tra lo scioccati – perché quella faccia così priva di naturali addobbi non l’avevamo mai vista – e il divertiti. Certo, possiamo avanzare dei giudizi sul fatto che forse ci si poteva andare più leggeri con il taglio ma ormai la cosa è fatta. I capelli ricrescono così come la barba; bisogna essere pazienti e poi eventualmente decidere che tio di look assumere.
Dopo l’iniziale pensiero critico circa la tosatura a cui Messina si stava apprestando, ho avuto modo di farmi un’idea più chiara a proposito. Avevo anche sentito precedentemente alcuni negativi giudizi circa il fatto che questo verde pubblico deve essere preservato, che questa incalzante e compulsiva linea di potatura estrema non era giusta, che bisognava prestare più attenzione e, che so, avremmo dovuto finanche chiamare Linea Verde per capire cosa ne pensasse. Non sto a dire che la potatura potesse essere effettuata meglio o peggio, non sto qui a dire che ci siano coloro che espongono le loro critiche con giudizio di causa anche accademico ma che Messina, di punto in bianco, si sia riempita di botanici, ecco, questo non lo credo fattibile. Non posso farci nulla, non lo ritengo possibile.
Ho avuto modo di scendere alla fermata di Piazza Cairoli e una parte della “faccia” era già stata rasata, ripulita ed era fruibile al pubblico, mentre rimaneva da ripulire l’altra. La sensazione splendida che ho avuto nel poter rivedere il cielo attraverso dei rami è stata quasi poetica, nel vedere la bellezza di una piazza che, se non fosse per il suo essere appunto Piazza, non è che avrebbe nulla d’appariscente. Piazza Cairoli è bella perché svolge a pieno il suo ruolo di essere Piazza, appunto, senza troppi fronzoli. Rivedere la sua immensità, la sua profondità, le balconate dei palazzi che la circondano, le insegne dei negozi da parte a parte, così come le singole persone che ci passeggiano grazie all’isola pedonale, dà la sensazione di trovarsi un luogo più bello. Quindi, sinceramente, io non so per cosa ci si possa indignare. Per il tipo di lavoro svolto poco certosino? Perché è stato eliminato un’importante area di verde pubblico? Perché la fotosintesi clorofilliana dovrà osservare un periodo di riposo? A volte ho quasi la sensazione che il messinese non accetti le mezze misure. Se un qualcosa esiste, è giusto che continui ad esistere così com’è. Oppure, se qualcosa non esiste, è giusto che continui a non esistere. Ed è bene notare che non si tratta di alberi abbattuti ma solo di “barba e capelli”, almeno per quel che concerne questa zona.
A me la sensazione che ha dato Piazza Cairoli è stata proprio quella che si ha quando ci si taglia i capelli oppure la barba. Quella sensazione di frescura sulla pelle. Credo anche che, di tanto in tanto, bisognerebbe mettere da parte le noiose prese di posizione, spesso ciniche, e lasciarsi andare ad un po’ di poesia. Quella poesia che potrebbe spingerci a dire, forse in modo anche stereotipato, che spesso distruggere significa anche ricostruire, vedere le cose in modo diverso, reinventarsi, fosse anche solo per evitare ai nostri occhi la cavalcante noia di vedere sempre tutto uguale. Ché da sola come giustificazione non basta, certo, ma se solo ci fermassimo a pensare a quanto questa città possa vivere attraverso il semplice concetto di attrazione visiva, ci renderemmo conto che, di rami e palazzi, bisognerebbe buttarne giù tanti facendo spazio a noi.