Hanno atteso sotto la pioggia i tifosi che tra striscioni e fumogeni hanno intonato cori per salutare Mino Licordari, dopo il funerale celebrato al Duomo di Messina. Per l’ultimo saluto al Lic (così lo chiamavano i colleghi giornalisti) c’era molta gente, tanti amici, il sindaco Accorinti, il presidente dell’Ars Ardizzone, il generale Ferlisi, il presidente dell’ordine degli avvocati Vincenzo Ceraolo che ha preso la parola ricordando anche il valore della professione che scelse di portare avanti, fino a quell’ultimo giorno trascorso per metà al Tribunale di Caltanissetta per un’udienza.
Parole commosse anche da parte dell’amico Miki Patti, che ha chiesto che a lui venga intitolata la sala stampa dello Stadio San Filippo, mentre dal web a Palazzo zanca è partita una raccolta di firme per l’intitolazione di una strada o una piazza, che possano ricordare quel senso di aggregazione che lui sapeva riassumere anche in uno studio televisivo.
Ed ancora Nino Di Bernardo del Comitato Vara e l’architetto Nino Principato, a sottolineare l’impegno profuso nel divulgare e risvegliare quel sano orgoglio per la messinesità di cui lui stesso era fiero rappresentante.
Sulla bara anche un pezzo di corda della Vara, una festa che ha raccontato in tante dirette televisive.
In Chiesa generazioni di giornalisti, sebbene nessuno ha ufficialmente preso la parola nonostante il riconosciuto valore delle sue idee pionieristiche nel campo della televisione, e la sua professionalità che ha contribuito alla crescita di tanti cronisti sportivi e non.
Perchè Lic amava i giovani, e non temeva di consegnare qualche segreto che li portasse a non temere la telecamera, o a suscitare l’attenzione del pubblico. Anzi, tutte le volte che ha potuto, ha aperto la strada a quanti si affidavano alle sue intuizioni.
Una grande attestazione di stima e affetto che i figli di Mino Licordari hanno potuto cogliere, a cui la città si è idealmente stretta.(@pal.ma. – foto Lillo Lo Cascio)