di Simone Bertuccio – Le sensazioni che si hanno quando si cammina per strada, nella propria città, sono infinite e indefinibili. Messina è una città d’aria e mare e quando, in una qualunque giornata, si ha la possibilità di percorrerne le vie, quando queste sono semi-deserte o del tutto deserte, si ha come la sensazione di essere davvero piccoli di fronte alla sua bellezza. Questa non è la solita retorica da “messinese fiero” ma una constatazione dettata dal vivere un quotidiano diverso dal solito.
Messina ha accolto “Libera”, la manifestazione che annualmente ricorda quanto bisogna essere forti contro le mafie, tutte, e l’ha fatto stiracchiandosi, allungando braccia e gambe per concedersi ad un abbraccio immenso, caldo, dettato dal calore della sua gente, dall’aria primaverile e dal sole che sorrideva a tutti e che non era l’unico a farlo. Perché tutti, in questo 21 amarzo, tra le vie del centro storico della città dello Stretto, avevano il sorriso stampato in volto.
La manifestazione di “Libera” si porta dietro una grande responsabilità. Si parla di mafia, si parla di vittime della mafia, si parla di, come ha detto Don Ciotti a Piazza Duomo, «costruire ponti che allarghino l’impegno e a metterci la faccia per dire no all’anestesia delle coscienze». “Ponti”, “metterci la faccia”, “dire no”, sono parole pesanti, che hanno bisogno di spalle belle larghe per essere sorrette.
Spesso si ha come la paura, tacita, che Messina sia una città sorda, fredda, e non possiamo negare che alcuni accadimenti facciano davvero venire i brividi su quanto alcune problematiche siano radicate nella società messinese. Camminando in mezzo a questo corteo, ascoltando le parole di Don Ciotti, ma anche di tutti gli altri ospiti, ho avuto una nettissima sensazione, ovvero che tutti i ragazzi, studenti, adulti, non volessero vivere la giornata solo come mezzo per urlare un forte “No”, quanto invece per alimentare il fuoco della veglia verso le tante, tantissime realtà che spingono questa città a rimanere addormentata. Ho visto bambini urlare slogan felici e sorridenti e ho visto ragazzi consapevoli e appassionati con bandiere in mano urlare con rabbia. Una grande forbice tra chi non conosce ancora, o non del tutto, le debolezze di una terra, le ferite in essa procurate, con la sola luce del sole come strada maestra da seguire e la speranzosa visione di un mondo che deve e può esistere e chi, quelle ferite le ha viste, approfondite, studiate, e anche vissute giornalmente attraverso atti, piccoli, piccolissimi, di mafia a cui si può andar incontro nel quotidiano. Occhi grandi e attenti ma così tanto diversi.
Le strade di Messina oggi hanno abbracciato, con ieratico silenzio, il desiderio di essere svegli. Messina oggi è stata superiore a se stessa e, credo di poter dire, superiore alla sua grande storia. Durante l’ampio percorso del corteo, composto da scuole, lavoratori, gente comune, Messina è sembrata la città “vuota” di cui si faceva cenno all’inizio. Ma vuota di pregiudizi, vuota di bandiere, vuota di malumori, di quel mai giustificato senso di inferiorità sociale verso cui tanti tendono, volenti o nolenti. Una città a misura d’uomo che ha saputo quasi dettare, da sola, il percorso da seguire, l’aria da respirare. Avere una concezione quasi ideale del concetto di “Città”, quasi si parlasse di un’entità benevola, può indurre a considerazioni sognanti, romantiche, ed è giusto tornare con i piedi per terra. E quando lo sguardo, tra le vie del centro storico, passa tra una balconata e l’altra, libero di poter sviare qui e lì, fino a raggiungere il manto stradale, ad innestarsi in mezzo alle migliaia di persone presenti, ci si si rende conto che i passi della gente per le strade, come oggi, rendono qualunque percorso più facile da raggiungere.
È stato negli occhi di tante persone che, a differenza di quanto si possa forse ipocritamente pensare, oggi si son potute leggere tante domande e non solo risposte. La giornata di “Libera” ha dato certezze ma sarebbe bellissimo rendersi davvero conto di quanto la potenza di queste manifestazioni, che spogliano una comunità dei propri difetti mostrandola nella sua genuinità, possa far sì che ci si specchi in se stessi, ci si domandi quanto e quale sia il lavoro da fare, di quale sia il percorso a cui si può tendere.
Messina ha dato una grande risposta a noi, più che a se stessa. Ha abbracciato tutti trattando anche noi, che l’abitiamo, come ospiti, inermi di fronte alla sua bellezza e alla sua volontà di raccontarsi attraverso le persone che, tutte insieme, provenendo da ogni regione, hanno accolto l’invito della città dello Stretto ad ospitare la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.
Messina oggi è stata la città di tutti ed ha saputo rivivere la sua fierezza attraverso i sorrisi e agli slogan contro la mafia dei bambini, gli sguardi di tutti i parenti delle vittime delle mafie, delle parole di Don Ciotti a Piazza Duomo, le risate dei ragazzi per strada, l’asfalto accarezzato dagli innumerevoli striscioni, ed ha saputo ascoltare, applaudire, durante la lettura dei 900 nomi, facendo scorrere, di tanto in tanto, un lungo brivido tra la gente.
La Giornata della Memoria delle vittime della Mafia deve rimanere in circolo tra le vie di questa città attraverso il ricordo delle persone che vi hanno partecipato, mettendo da parte l’ipocrisia e facendo luce continuamente sull’importanza e l’immensità dei messaggi che questa giornata ogni anno ricorda.