di Alessandro Russo – Cento piazze in Italia, partecipate e colorate.
Dal nord al sud si sono riunite ieri per dare la sveglia alla politica, per chiedere al Parlamento di compiere l’ultimo passo necessario all’approvazione del D.D.L. Cirinnà, che finalmente introdurrebbe in Italia il riconoscimento delle unioni civili, omosessuali ed eterosessuali. Si tratta di uomini e donne, cittadini italiani, che in Italia amano, vivono, pagano le tasse, lavorano e danno da lavorare ad altri italiani ma che, per un controverso gioco di ossequio a quelli che sono stati per anni ritenuti come “i desideri” di Oltretevere, da oltre venti anni non riescono a vedersi riconoscere nell’ordinamento giuridico.
Per l’Italia questi uomini e queste donne, non esistono. Ma ci sono.
Ciò che chiedono le piazze di oggi, le piazze che gridano: #svegliatiitalia, altro non è che il riconoscimento, l’emersione per un Paese che finora ha fatto finta che non esistessero, che le ha temute, che le ha relegate in un limbo di non-esistenza.
Eppure esistono.
Il D.D.L. Cirinnà non piace a molti, alcuni lo ritengono troppo morbido, altri addirittura troppo spinto, io credo – proprio per come viene dipinto dalle parti in causa, non pienamente convinte dei suoi contenuti – che sia una buona mediazione politica. La migliore? Forse no. Io sarei per il matrimonio egualitario, ad esempio. Eppure questo è il massimo grado di mediazione che il Parlamento può raggiungere, e – in tutta sincerità – a nessuna legge è pur sempre preferibile una discreta legge, perfettibile, ampliabile, migliorabile, ma una legge che sia adeguata alle richieste essenziali che provengono dalla società.
Ecco perché credo che il D.D.L. Cirinnà prevede nella sua versione originaria anche l’ammissione dell’ipotesi della “stepchild adoption”. Non perché ne voglia fare un manifesto di indirizzo, una battaglia di feroce genderismo. No. Perché la legge non può non prevedere di normare situazioni di fatto già esistenti nel Paese. Tutelare coloro i quali da queste situazioni di fatto, ad oggi, vedono compromessi i propri diritti individuali e di cittadini: e gli elementi deboli, in questo momento, sono i bambini, sono i figli che di queste unioni già esistono, sono tra noi, vanno a scuola assieme ai nostri figli e ai nostri nipoti. I nostri figli e nipoti hanno dei diritti e delle tutele che i figli delle coppie di fatto non hanno. E’ giusto far pagare ai figli, individui innocenti e cittadini come gli altri, la “colpa” dei genitori biologici?
Serve considerare questi dati reali, quando si parla di “unioni civili”. Bisogna uscire una volta per tutte da una rigida concezione mentale che nutre una paura atavica di cosa faccia la gente sotto le coperte, e calarsi nella vita reale. Dare un nome, un volto, un contesto ad un dibattito che rischia di essere giocato tutto a colpi di ‘likes’ e di crocifissi su bacheche e social network. Con freddezza, giocando col corpo dei milioni di cittadini coinvolti.
Le unioni di fatto esistono. Vivono tra noi, sono cittadini come noi. E, bene che finalmente ce se ne faccia una ragione, hanno figli. Sì, figli nati fuori da un matrimonio. Perché, se per le coppie omosessuali questo è vietato, sempre più italiani non si sposano più, convivono, stabiliscono progetti di vita meno vincolanti del matrimonio. Di questi italiani, mi chiedo, che cosa vorrebbero farne, coloro i quali spargono certezze e dogmi di fede a piene mani?
Serve avere il coraggio di uno scatto di laicità, capendo che non tutto ciò che io credo giusto – secondo la mia fede, secondo il mio credo, secondo la mia concezione della vita – sia giusto anche per il mio vicino di casa. E se, per ipotesi, pure lo fosse, giusto, non è concepibile – in democrazia – che il mio punto di vista venga imposto anche a chi non la pensi come me.
Verrebbe da parafrasare Francesco: chi sono, io, per stabilire se ciò che amo io debba essere giusto per tutti e ciò che amano gli altri non debba essere giusto?
Già, chi siamo?
Eppure, c’è chi chiede che la politica compia scelte forti eticamente. Le viene chiesto di dire “questo è giusto”, “questo è sbagliato”. Le viene chiesto di imporre una norma, un comportamento, passando sopra la testa e la vita delle persone, come se fossero variabili indesiderate di un comportamento giusto per definizione, stabilito per decreto.
Io credo, invece, che alla politica debba essere richiesto di allargare il più possibile il novero dei diritti civili, di cittadinanza; deve essere chiesto di includere al più presto quei milioni di cittadini, eterosessuali o gay, che attualmente sono privi di un riconoscimento legale: sono nuove opportunità che devono essere concesse, nuovi spazi di libertà.
Ecco perché ho trovato onestamente disgustoso che a Milano, capitale sempre additata di nuove tendenze e contemporaneità, si sia pensato di lanciare un messaggio così settario e divisivo come quello voluto dal leghista Maroni, illuminando il palazzo della Regione, il famoso “Pirellone” col messaggio a sostegno del Family Day. Un messaggio etico, non laico. Un messaggio divisivo, che non fornisce certo alcun sostegno alle famiglie, semmai contribuisce ad inasprire un dibattito che forse – dopo anni di chiacchiere – si va avviando a felice esito. Un messaggio che parla solo ad una parte, ritenuta quella “giusta” in maniera fideistica, ossia le “famiglie tradizionali”: bene. E delle altre coppie, delle altre “famiglie non tradizionali”, di chi ama persone dello stesso sesso, di tutti costoro, Maroni, la Lega e chi le va appresso, di costoro, cosa ne vorrebbero fare?
Peccato. Milano, grande città aperta ed inclusiva, in mano di un ayatollah medievale.
Ricordiamocelo, della Lega, alle prossime elezioni. Questi, sono…
In tutto questo caotico gennaio, a pochi giorni dall’avvio della discussione parlamentare del DDL Cirinnà, voluto dal Governo dal quale molti se lo sarebbero aspettato, io mi e vi consiglio di aderire alla causa dei diritti. Alla causa di chi vuole dare la possibilità ai tanti amici, fratelli, sorelle, sconosciuti che si amano di poterlo fare in maniera altrettanto eguale rispetto a quello delle nostre famiglie. Io mi e vi consiglio di non scrollare le spalle indifferenti perché, tanto, voi “i diritti ce li avete già”. E’ vero. Ma aiutare e sfilare per chi non ha diritti, oggi, potrebbe un giorno servirci quando qualcuno toccherà i nostri. E lì, quando qualcuno li metterà in dubbio, vorremo quante più persone a darci una mano.
Allora, perché noi, oggi, dovremmo negare di dare una mano a chi non ha diritti?
E’ ora di essere civili. Credo che sì: l’Italia debba svegliarsi.