E’ un fiume in piena Carmelo D’Amico (nella foto sx), che con le ultime deposizioni contenute in un verbale depositato l’11 gennaio al Tribunale del Riesame, da la propria versione sul caso Manca, parlando della morte dell’urologo e fornendo nuovi particolari confidati da Salvatore Rugolo (morto da alcuni anni) cognato del boss Pippo Gullotti. Il verbale è stato depositato davanti al collegio presieduto dal giudice Antonino Genovese dai sostituti della Direzione Distrettuale Antimafia Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, nell’ambito del processo a carico di Saro Cattafi, condannato in primo grado a 18 anni come capo della mafia di Barcellona, e riconosciuto “semplice affiliato” in appello e solo sino al 2000, tanto che la pena gli è stata ridotta a 7 anni di reclusione e lo scorso 4 dicembre 2015 è tornato in libertà.
Negli stralci del verbale pubblicato dalla Gazzetta del Sud, il racconto di D’amico: “Poco dopo la morte dell’urologo Attilio Manca, avvenuta a Viterbo nel 2004, incontrai a Barcellona Salvatore Rugolo, fratello di Venerina e cognato di Pippo Gullotti. Lo incontrai a Barcellona, presso un bar che fa ad angolo, situato sul ponte di Barcellona, collocato vicino alla scuola guida Gangemi – si legge nelle carte del pentito, pubblicate sui giornali – Una volta usciti da quel bar Rugolo mi disse che ce l’aveva con Saro Cattafi, perchè “aveva fatto ammazzare” Attilio Manca, suo caro amico. In quell’occasione Rugolo mi disse che un soggetto non meglio precisato, un Generale dei Carabinieri, amico del Cattafi, vicino e collegato agli ambienti della “Corda Fratres”, aveva chiesto a Cattafi per conto di Bernardo Provenzano di contattare il suo amico Attilio Manca in modo che questi l’operasse di prostata.”
Ed ancora, l’ex capo dell’alala militare dei barcellonesi aggiunge: “Rugolo non mi specificò se l’urologo Manca era già stato individuato come medico che doveva curare il Provenzano. Rugolo Salvatore ce l’aveva a morte con Cattafi perchè, proprio alla luce di quel compito da lui svolto, lo riteneva responsabile della sua morte che non riteneva certo un caso di overdose”.
Il pentito D’Amico riferisce anche di un colloquio con il boss di Pagliarelli, Nino Rotolo, avvenuto quando entrambi erano detenuti in regime di 41bis al carcere di Milano Opera. “Mi confidò che erano stati i “servizi segreti” ad individuare Attilio Manca come medico che avrebbe dovuto curare il latitante Provenzano. Rotolo non mi disse chi fosse questo soggetto appartenente ai servizi ma io capii che si trattava della stessa persona indicata da Rugolo, ossia quel Generale dei Carabinieri che ho prima indicato; sicuramente era un soggetto delle Istituzioni”.
Secondo quanto dichiarato da D’amico, Rotolo aggiunse che “di quell’omicidio si era occupato in particolare un soggetto che egli definì “u calabrisi”, un militare appartenente ai servizi segreti, effettivamente di origini calabresi, che era bravo a far apparire suicidi quelli che erano a tutti gli effetti degli omicidi”.
LE REAZIONI
“Sto versando per la prima volta quelle lacrime che tengo dentro da 12 anni – commenta a caldo Angela Manca, la madre di Attilio – Sono addolorata, ma felice che la verità che mi è stata negata anche da quello Stato e da quelle Istituzioni che dovrebbero tutelare i cittadini , finalmente viene fuori attraverso i pentiti .
Amici oggi è un grande giorno per il trionfo della verità e della giustizia.”
Pìù cauto il fratello Gianluca Manca: “Aspettiamo con fiducia che i magistrati vaglino queste dichiarazioni e che vengano accertate”.
Di certo potrebbero essere utilizzate anche dall’avvocato Ingroia nell’udienza preliminare (la cui data non è stata ancora fissata) a seguito del rinvio a giudizio per calunnia, dopo che l’ex pm parlò di “prove manomesse e falsificate” in relazione ad un verbale dell’ex capo della squadra mobile di Viterbo Salvatore Gava. (@Pal.Ma.)