A seguito di quanto evidenziato dalla sentenza depositata sul caso tenda, che ha visto ribaltare la posizione tra accusatori e accusati, riceviamo e pubblichiamo un intervento del gruppo giovani No Muos.
“Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo, della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori che avrebbe potuto evitare, le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze, che non è stato capace di combattere”. Ci sembra che calzino a pennello le parole di Giuseppe Fava, giornalista siciliano ucciso dalla mafia il 5 Gennaio del 1984, a proposito del comportamento della stampa sul “tendagate” che ha invesito la nostra città nei primi di Settembre. A scrivervi oggi siamo noi, i pericolosissimi del Comitato Giovani No Muos, gli “adepti di anarcopoli”, gli “antagonisti in guerra” come scrisse la Gazzetta del Sud il 3 Settembre, ovvero una decina di ragazzi tra i 17 e i 20 anni dotati, purtroppo per voi, di buona memoria.
In una città che ogni giorno di più si lascia alle spalle la sua memoria storica noi oggi sappiamo che ricordare è rivoluzionario, alla luce della sentenza che scagiona gli attivisti Irene e Sergio dei reati di oltraggio a pubblico ufficiale, lesioni e resistenza attiva, rimandando le accuse al mittente, l’ispettore capo Marcello Vita e degli altri agenti del Corpo. Citiamo dalla sentenza “apporto non meritevole di incondizionata fiducia”, “contributo scientemente mendace”, come riporta Messina Ora in un particolare passaggio “in cui il Giudice reputa “tutt’altro che remota” la possibilità che l’Ispettore sia stato mosso dal perseguimento di un’utilità personale”.
Questi stralci sono l’inizio di un indagine sugli agenti che hanno riportato in maniera fortemente distorta gli avvenimenti di quel giorno, risulta sempre dalla sentenza con la possibilità di ottenere alcuni giorni di permesso a causa della lesione. Qualcuno già si crede assolto, ma il racconto della stampa, che ricalcava prendendone le parti la tesa dell’accusa, appare oggi come allora grottesco se non “scientemente mendace”, secondo la carta dei doveri del giornalista in merito alla presunzione d’innocenza: In tutti i casi di indagini o processi, il giornalista deve sempre ricordare che ogni persona accusata di un reato è innocente fino alla condanna definitiva e non deve costruire le notizie in modo da presentare come colpevoli le persone che non siano state giudicate tali in un processo”.
Riteniamo che il comportamento della stampa sia stato in netta contrapposizione con quanto riporta la Carta, a partire dal titolo della Gazzetta del Sud del 1 Settembre “Ferito un vigile, arrestati due antagonisti”, stesso copione dell’intervista dell‘RTP all’Assessore Ialacqua e al sindaco Accorinti in cui si registra le frase “c’è un vigile urbano ferito” per ben due volte, questo farebbe presupporre che il Vigile fosse stato ferito dagli attivisti, tale ipotesi sembra confermata sempre dalla Gazzetta che il 2 Settembre parla di “violento rifiuto” (smentito dalla sentenza oggi e prima dalla lettura del dispositivo) da parte degli attivisti all’ordine di sgombero della tenda “culminato nel ferimento di un ispettore della polizia municipale” che prosegue in un articolo a latere con l’ironico “armiamoci di lattine e di bottiglie di birra e gettiamole dovunque come segno del nostro passaggio”, parole confermate dalla ricostruzione dello stesso giornalista il 4 Settembre in cui parla di una “colluttazione culminata con il ferimento”. La posizione è la stessa per testate online come il Normanno che si schierano a favore del consigliere Piero Adamo che aveva richiesto “l’intervento congiunto di vigili urbani e assistenti sociali, sgombero dell’accampamento. Avvio delle procedure per un trattamento sanitario obbligatorio. È così difficile vivere in una città normale? Nelle altre città ‘pazzi’ non ce ne sono?”. Noi che abbiamo buona memoria ricordiamo che non è l’unico consigliere che si era espresso con toni ben oltre il limite del ragionevole ed essere poi finito al centro dell’indagine, nella seduta consiliare infatti del 3 Settembre il consigliere Giuseppe Trischitta, nel difendere il Corpo, aveva proposta la sfiducia dell’Assessore Ialacqua accusato di aver “partecipato ad una manifestazione alla fine risoltasi in una manifestazione contro la Magistratura e contro i cittadini che intendono rispettare la legge!” addirittura “Nel momento in cui viene aggredito un vigile urbano, l’intervento di un assessore che rende dichiarazioni non solidali ed anche in contrasto con l’operato dei vigili urbani”. Queste falsità adesso manifeste sarebbero gravi già di per sé se non fosse che erano intervenuti nella stessa seduta a difesa del corpo tra gli altri anche Carlo Abbate, Paolo David, Nicola Cucinotta (già tristemente noto per le sue affermazioni omofobe, che in questa occasione disse “Resistenza passiva è quando un vigile urbano va in ospedale e prende sette giorni di prognosi? “), Fabrizio Sottile, Nino Carreri (“è indubbio, pur nel rispetto del ruolo della Magistratura, che un vigile urbano abbia subito lesioni”).
Se noi fossimo certa classe politica dovremmo evidenziare l’ironica fine di molti dei consiglieri intervenuti a difesa della legalità impigliati nell’indagine Gettonopoli. Alla luce di quanto detto, sentiamo crescere dentro di noi un forte sentimento di rivalsa, abbiamo subito le peggiori calunnie da parte di giornalisti e politici, garantisti solo quando si tratta dei corsi professionali come aveva ricordato l’Assessore Ialacqua, sentiamo di dover rivendicare con forza la nostra presenza, la nostra solidarietà e la nostra complicità con Sergio e Irene, sentiamo che al ripetersi dello stesso copione, com’è accaduto con lo sgombero del La Farina e degli altri licei messinesi che ha portato più di 43 minorenni ad essere deferiti all’autorità giudiziaria, non si può stare zitti.
Noi oggi pretendiamo da tutti loro pubbliche scuse, sappiamo bene che il nostro posto non cambia insieme alla sbarra degli imputati, che abbiamo scelto come vocazione e orizzonte politico un lato ben preciso della barricata, quello degli oppressi e degli onesti per cui scappa sempre una parola o un titolo di troppo, per cui è sempre pronta la gogna mentre per tutti gli altri non è mai permesso il giudizio.
Speriamo che queste scuse, rivolte anche all’Assessore Ialacqua per il quale si sono chieste le dimissioni a gran voce, arrivino presto, fino ad allora sappiate che per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti.”