Una inchiesta interna per accertare i fatti al vaglio della magistratura e prendere provvedimenti contro i vigili urbani coinvolti nel “caso tenda”.
Con una nota inviata al sindaco, Renato Accorinti, all’assessore alla alla Mobilità urbana, Gaetano Cacciola, al Segretario generale – Direttore generale, Nino Le Donne, al Comandante dei vigili urbani ed all’Avvocatura comunale, l’assessore all’Ambiente, Daniele Ialacqua, ha richiesto di assumere provvedimenti a seguito della pubblicazione delle motivazioni della sentenza, che ha ribaltato la posizione del vigile urbano da accusatore ad indagato.
“In data 5 gennaio 2016 – sottolinea Ialacqua – il quotidiano locale ed alcuni siti d’informazione on line rendevano note le motivazioni della sentenza del 24 settembre 2015 del giudice monocratico Massimiliano Micali del tribunale di Messina, depositate il 23 dicembre scorso, relative al noto processo del cosiddetto caso ”tenda”.
Come si ricorderà la mattina del 31 agosto 2015, a seguito dell’intervento dei vigili urbani presso l’aiuola antistante l’Università centrale al fine di rimuovere una tenda installata da alcuni attivisti, si ebbero momenti di tensione che si conclusero con l’arresto di due attivisti con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, rifiuto di indicare le proprie generalità, lesioni aggravate, oltraggio a pubblico ufficiale.
I due attivisti furono successivamente condannati a 10 mesi (resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto di indicare le proprio generalità) e 6 mesi (resistenza a pubblico ufficiale). Nella suddetta motivazione, secondo quanto pubblicato dagli organi d’informazione, si legge che vi è una ”eclatante cesura” tra la verità storica (il video, dalla ”straordinaria valenza dimostrativa”) e la rappresentazione offerta (ovvero il verbale dei vigili e le dichiarazioni dell’isp. Vita).
Il magistrato Micali parla di ”contributo scientemente mendace” in merito alla condotta dell’ispettore Vita ed afferma che “serie perplessità” determina la disamina del verbale d’arresto firmato dai quattro vigili urbani, sottolineando che durante il processo i tre vigili che hanno redatto il verbale “…hanno negato di aver assistito alla violenta aggressione asseritamente consumata dai due imputati ai danni del collega. In tal modo essi hanno singolarmente inteso rimarcare le distanze dal contenuto del verbale del quale mediante la sottoscrizione avevano solo qualche giorno prima inteso assumersi la paternità”.
Un sito on-line, nel riportare i contenuti della motivazione della sentenza, scrive che “il Giudice reputa “tutt’altro che remota” la possibilità che l’Ispettore sia stato mosso dal perseguimento di un’utilità personale, ossia dell’eventuale congedo dal lavoro che lo stesso avrebbe potuto richiedere per aver subito un infortunio”.
Nella penultima pagina delle motivazioni della sentenza si legge infine che “…devesi quindi disporre la trasmissione degli atti al PM in sede per le valutazioni di competenza per vagliare se nella condotta posta in essere dall’ispettore Vita quale sopra descritta, possano ravvisarsi estremi di reato (in specie dei delitti di calunnia, falsa testimonianza e falsità commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico), per apprezzare se consimili profili di responsabilità possano configurarsi a carico dei colleghi del predetto”.
Quanto riportato sopra è, a parere dello scrivente, di una gravità inaudita, anche alla luce di quanto a suo tempo accadde e che mise a rischio persino la stessa stabilità dell’esecutivo locale. Si ricordi infatti che il caso tenda determinò violente polemiche che coinvolsero anche il sindaco, e lo scrivente fu allora oggetto di numerosi e violenti “attacchi” provenienti da più parti (politica, sindacale, giornalistica) e da un “diluvio” di richieste di dimissioni, per avere partecipato ad un sit-in organizzato davanti al tribunale in occasione della prima udienza del processo a carico dei due attivisti il 2 settembre 2015, presenza finalizzata a sottolineare la rilevanza della questione sociale che era stata sollevata da quei giovani e che stava dietro a quei fatti e che rischiava di rimanere offuscata come se fosse una questione di ordine pubblico e non lo era.
Non avevo detto nulla né contro i vigili urbani in generale né tantomeno, e non ce ne sarebbe stato motivo alcuno, contro la magistratura che stava avviando quel giorno le fasi processuali ed avevo semplicemente ribadito che sarebbe stata proprio la magistratura ad accertare come erano andati realmente i fatti e chi aveva sbagliato doveva essere perseguito.
Alla luce di quanto sopra, vista la gravità dei reati che sembrerebbero profilarsi a carico di alcuni vigili urbani (calunnia, falsa testimonianza e falsità commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico), si chiede con la presente di avviare tutte le necessarie procedure interne per accertare i fatti in questione, individuare le eventuali responsabilità ed assumere i provvedimenti conseguenti, nel rispetto ovviamente della normativa e delle garanzie costituzionali”.