Svolta epocale in Lega Pro. Dopo il ventennio targato Macalli, la terza serie ha un nuovo presidente: dal 1 gennaio Gabriele Gravina sarà il numero uno della categoria.TuttoLegaPro.com lo ha intervistato all’indomani delle elezioni che lo hanno consacrato presidente.
25 voti al primo scrutinio, 31 al secondo: con 53 elettori (Carrarese assente) e ben tre candidati, si tratta di numeri molto alti. Se li aspettava?
“Speravo di poter chiudere la partita già al primo turno, ma con tre candidati sapevo che non sarebbe stato facile.Credevo di avere i 28 voti necessari alla vittoria alla prima votazione ma qualche club all’ultimo ha cambiato idea. Nel secondo turno, invece, ero sicuro che i voti sarebbero aumentati: alcune società, con molta onestà intellettuale, mi hanno confessato che avevano dato la loro parola per la prima scheda, ma che mi avrebbero votato alla seconda tornata se la situazione fosse stata ben definita. Ero comunque convinto di farcela: dalle 14:30 aleggiava nell’aria una voglia diversa, una sensazione positiva”.
Ci racconti gli attimi successivi all’elezione…
“Raffaele Pagnozzi e Paolo Marcheschi si sono complimentati con molta cordialità e rispetto: hanno accettato democraticamente la volontà delle società. Ho scelto di evitare il classico discorso generale, ho preferito salutare le società una per una. Ho voluto far passare il messaggio che sono il presidente di tutti e che da parte mia ci sarà massima disponibilità verso tutti i club”.
Come è stata la prima notte da presidente?
“Insonne. Sono stato fino a tardi a Firenze e poi in viaggio verso casa. Ho accumulato troppe emozioni tutte insieme…”
Passando alla sua squadra, cioè al nuovo direttivo. Tanti esordienti e tanti club al primo anno tra i Pro. Non teme si pecchi di inesperienza?
“Per me la vecchia idea di direttivo è superata: i neo-consiglieri, sono stati eletti democraticamente dalle società, lavoreranno all’interno di un’ottica collegiale basata sul confronto continuo. È vero che tanti di loro sono esordienti in categoria, ma è pur vero che tanti hanno esperienze specifiche in settori che possono essere molto utili alla Lega.
Ad esempio, negli ultimi mesi ho avuto il piacere di approfondire l’esperienza dei supporters’ trust, ovvero il fenomeno dei tifosi che possiedono quote della società. Un argomento che avevo già attenzionato durante la mia carriera universitaria, con alcuni studenti laureatisi con tesi proprio sull’azionariato diffuso. Avere nella governance chi conosce l’argomento è indubbiamente una opportunita in più, da sfruttare per far conoscere e quindi diffondere tale modello a molti più club in terza serie”.
Cosa ci può dire sui vicepresidenti, ancora da eleggere?
“Che non siamo più nella prima repubblica pallonara e non ci sarà spartizione di poltrone. La nuova repubblica di Lega Pro si basa sul principio della qualità: otterranno il posto persone scelte democraticamente che lo meriteranno, non gente scelta perché in quota Gravina o perché nelle grazie di qualcuno. Non deve più esistere la divisione tra maggioranza o opposizione: dopo le elezioni tutte le società devono pensare a unirsi per il bene comune, e la scelta dovrà essere un primo segnale di condivisione”
Ha sempre sostenuto che la Lega Pro dovrebbe essere a 60 squadre. Però siamo a quota 54…
“Non lo sostengo io ma le norme: il format della terza serie è a 60 squadre. Per questo, se in estate verranno mantenute condizioni di inaccessibilità ai ripescaggi, come il contributo a fondo perduto di mezzo milione di euro, si innescheranno una lunga serie di conflitti di natura legale. Sul blocco delle retrocessioni sono invece un po’ pessimista: so che diverse società hanno presentato ricorso ma siamo già a metà campionato, sarebbe davvero complicato cambiare le regole in corsa. Il blocco dei ripescaggi, invece, non esiste: la delibera che stopperebbe il reintegro di club in terza serie è nulla perché non è mai stata inserita in un comunicato ufficiale”.
Lei avrà un anno a disposizione, prima delle nuove votazioni al termine del quadriennio olimpico: quali saranno i cambiamenti nei prossimi dodici mesi?
“In primis cambierà l’organizzazione interna: voglio una Lega, più aperta, dinamica ed efficiente, con un grande controllo di qualità lungo tutti i vari processi e un netto miglioramento tecnologico. Tale modello di gestione dovrà essere adottato il prima possibile, spero entro fine gennaio. Inoltre i presidenti dovranno partecipare attivamente, con osservazioni, suggerimenti e riunioni, perché loro sono gli azionisti.
Infine, cercherò di valorizzare al meglio il personale presente, che conosce la Lega benissimo, provando a dare un impulso nuovo perché qualche problematica organizzativa e gestionale, emersa con il lavoro certosino del subcommissario Feliziani, è da risolvere subito”.
Eppure qualcuno le contesta il suo lungo passato nel mondo sportivo, chiedendo come mai contrasta quel mondo di cui lei ha sempre fatto parte…
“L’ho detto in assemblea e lo ripeto volentieri a tutti i lettori: tutto quello che ho fatto io in questi decenni non è aleatorio, tutte le battaglie che ho portato avanti sui contenuti risultano agli atti”.
Come vede il rapporto con le altre serie professionistiche? In questi anni è stato nettamente conflittuale…
“Dobbiamo trovare una modalità di interscambio: far parte di un sistema significa collaborare. Il calcio italiano deve essere riformato perché non è più al passo coi tempi. Però una decisione del genere non può essere partorita da poche persone nel chiuso dei palazzi. Servono riunioni tra le varie leghe, serve ascoltare il parere di tutti, servono tavoli di concertazione: ogni lega deve dare il suo contributo al tavolo delle riforme. E in questo processo la Lega Pro dovrà esercitare un ruolo centrale. E dovrà sfruttare il suo livello quantitativo, cioè la quota del 17% nel Consiglio Federale, per aumentare il livello qualitativo. Dobbiamo dimostrare di poter dare un contributo alla crescita del calcio italiano, di essere capaci e propositivi. Ricordiamoci che proprio dalla vecchia Serie C sono partite le riforme più importanti del calcio italiano come l’adozione dei 3 punti per la vittoria e quella dei play-off e dei play-out.
La politica è federale, non di Lega: l’errore storico del calcio è aver considerato ogni categoria a sé, in maniera molecolare. Per questo la Lega Pro e la Serie B hanno vissuto un rapporto di contenzioso continuo e dannoso, con spese legali inutili. Credo, invece, che dovremo aprirci al dialogo soprattutto con la cadetteria, visto il rapporto stretto di promozioni e retrocessioni che ci legano ad essa. Sarei un folle a non chiedere ad Abodi di non utilizzare gli stessi strumenti che lui sta perfezionando da anni nella sua Lega, a non sfruttare le esperienze della Serie B degli anni passati”.
Mentre lei veniva eletto, la Federbet lanciava l’allarme su nuovi movimenti anomali nelle scommesse in Lega Pro. Che ne pensa?
“Si tratta di un argomento molto delicato e per questo verrà creata al più presto una task force di esperti. Non entro in merito a quanto accaduto nel week-end perché non ho contezza della situazione. Di sicuro, però, bisogna proteggere le squadre: servono meccanismi di controllo anche con agenzie specializzate, aumentando nel contempo la sensibilizzazione”.
Chiusura sul futuro: da tempo TuttoLegaPro.com porta avanti la richiesta di inserire i nomi dei calciatori nelle maglie, come nelle categorie superiori. Che ne pensa?
“È un’idea molto interessante, da valutare sicuramente. Il mondo cambia, noi non possiamo restare ancorati alla nostalgia dei bei tempi andati. Bisogna andare avanti: a livello di immagine, marketing e comunicazione attueremo tante riflessioni, compresa questa”.,