di Simone Bertuccio – Non ho voglia di parlare di argomenti pesanti. Come sempre gente più valida di me riesce a farlo egregiamente quindi, questa volta, torno nei ranghi. Mi cimenterò a raccontarvi di un altro vizio messinese – in fondo, anche nei discorsi più pesantucci, i vizi dei messinesi sono sempre saltati fuori – o, forse, non proprio messinese ma siccome io vivo in questa città lo descriverò così come qui viene vissuto, percepito, attuato.
Lo avevo anche accennato, in breve, nel mio ultimo articolo ma senza che fosse messo in risalto più di tanto.
Io non so se voi siate degli assidui frequentatori della Via Garibaldi – io la percorro giornalmente per lavoro – ma c’è da dire che da qualche giorno è presente una figura strana, colorata, dalle sembianze quasi extraterrestri, che cammina in coppia con un suo simile, che fa – udite, udite – in modo che si rispettino le regole, che fa in modo di far notare anche semplicemente che di regole ne esistono, al contrario di quello che pensiamo noi. Perché è vero, noi pensiamo sempre il contrario di tutto e gira e rigira riusciamo a fare quello che solo le donne, tutte le donne, fanno con il proprio partner quando sanno di essere in torto.
Per la proprietà transitiva mi vien da pensare che tutto il popolo messinese è donna. Qualunque uomo lo sa, lo sa benissimo, che se affronta la propria moglie, fidanzata, ragazza, e riesce per un’assurda ragione a non essere nel torto, riuscendo quasi a stanarla e notando dal suo sguardo, dalle sue movenze che ha subito il colpo, questa riuscirà a fare il cosiddetto “Triplo-carpiato della frittata” che alla fine, quello che avrà torto, sarai tu.
È un fenomeno paranormale splendido ed affascinante. Ovviamente non voglio generalizzare ma diciamo che fa proprio parte del DNA femminile. C’è chi riesce un po’ a metterlo da parte, c’è chi lo applica alla perfezione.
Il messinese, ho potuto notare, è un po’ così.
Vi dicevo di questa figura, strana. In realtà le figure sono due, diverse tra di loro. Ma forse la mia sorpresa sta nel fatto di vedere queste figure in un luogo strano, inusuale per il loro habitat naturale, a cercare di far rispettare delle regole che proprio lì, in quel punto, sarebbe inimmaginabile pensare.
È un po’ come vedere un siciliano che vende il taione e la virina in mezzo a corso Buenos Aires a Milano, o un Pinguino nel deserto del Sahara.
Questa settimana ho fatto una scoperta strana sulla Via Garibaldi: ho visto vigili ed ausiliari del traffico con pettorina sgargiante. Ma la cosa ancora più strana non è questa. Non è il fatto che si siano rivelati a noi comuni mortali. Il fatto è che erano lì, a passeggiare incessantemente avanti e indietro, fischiando peggio di un arbitro di categoria dilettantistica, peggio di Axl Rose nell’intro di Paradise City dei Guns N’ Roses, temerari come solo Rocky Balboa avrebbe potuto essere o, che so, come Julian Ross di Holly e Benji che continua a giocare con il suo problema al cuore.
Fischiavano a chiunque parcheggiasse sulla nostra amatissima corsia preferenziale, senza curarsi di farlo continuamente. E, cosa assurda, non ci pensavano due volte a fare le multe. Cioè, ma siamo pazzi? Non possono metterci di fronte a questi avvenimenti senza un minimo di preavviso. Il messinese resta sconvolto, spaesato. Inizia a perdere la bussola, a ricredersi sui suoi valori affettivi, sulla sua identità. È troppo.
Percorrendo la Via Garibaldi in auto per una intera settimana è questo che ho visto ma è a piedi che se ne ha una percezione più profonda; è innestandosi con il proprio fisico dentro la jungla stradale che si ha veramente idea di cosa stia accadendo e se ne sentono di belle.
Ho visto gente al bar che, incredula, al suono di un fischietto è scattata sugli Attenti!, che è rimasta immobile per qualche secondo, come se quel suono gli avesse azzerato il processore interno. Ho visto, successivamente, queste stesse persone riprendere possesso del loro corpo e scappare via dal bar come un rapinatore per cercare di capire se quel fischio fosse indirizzato alla propria auto.
Scene epiche. Al suono di ogni fischio, interi esodi di cittadini si proiettavano dai vari esercizi commerciali verso le strade. E tutti questi locali di punto in bianco non sono diventati altro che come delle Ghost Town, con le sedie abbandonate, le tazzine dei caffè sul bancone del tavolo, i cornetti lasciati a metà, la pagina di un noto quotidiano messinese ferma sulla sezione dello Sport ed una scritta, sul tavolo o sui muri, come quella lasciata sulla bacheca di classe di un asilo della città di Pryp’jat subito dopo la fuga dei cittadini ucraini dopo il disastro di Černobyl: «Non ritorneremo. Addio».
Ho visto le multe, con i mie occhi. Ho visto le stesse multa stracciate e gettate a terra. Ho sentito gestori di locali parlare con gli ausiliari del traffico dando loro del “Tu” e cercando di fare l’opera di convincimento prettamente femminile e poco sopra descritta: quella secondo cui il loro lavoro non servirebbe ad altro che a far fare soldi al comune, che li stanno sfruttando, come se parcheggiare su quella corsia preferenziale comunque fosse lecito.
Ho visto gli ausiliari del traffico litigare con automobilisti ed accettare ingiurie semplicemente per il fatto di non essere doverosamente legittimati ad esercitare il potere del controllo delle regole stradali, come invece possono fare i Vigili Urbani. Non che serva necessariamente una pistola o un distintivo ma il rischio che qualche ausiliare del traffico venga malmenato c’è.
Ho visto una Via Garibaldi interessata dal tentativo di ristabilire una normalità civica ed ho visto un vizietto, quello del parcheggiarvi sopra, duro, durissimo a morire.
Ho visto lunghi tratti di questa stessa via che assomigliavano ad una grande strada americana, ho visto vigili ed ausiliari coesistere e lavorare nella stessa zona per lo stesso motivo per più e più giorni continuativi.
Ho visto una donna ammettere di avere torto senza dire nulla.