Ieri il premier Renzi ha firmato lo stato d’emergenza; dopo giorni e giorni, finalmente, questo tassello è stato annesso al puzzle dell’emergenza idrica che sta flagellando Messina. Ritardi non certo causati dal governo che, ad apporre un autografo, non ci ha messo molto.
Ma il percorso che ha portato alla formulazione della richiesta prima e la strada che dalla città dello Stretto ha condotto a Roma poi, al contrario, è stata lunga e tortuosa.
La dichiarazione non è solo un’etichetta da apporre alla condizione in essere, è piuttosto requisito fondamentale che permette lo stanziamento immediato di somme di denaro che, attualmente, pare ammontino a due milioni di euro, a cui si aggiungerebbe un altro milione proveniente da Palermo (quando si tratta della Regione il condizionale è d’obbligo!). Le due “capitali” prendono il timone della situazione per chiudere il più presto possibile questa triste e vergognosa pagina della storia della nostra città, vittima della più grande crisi emergenziale registrata dal 1908.
Svegliatisi dal torpore dei primi giorni, quelli durante i quali addirittura Crocetta affermò di “non sapere”, i vertici di regione e governo hanno dato un’accelerata al proprio contributo fattivo. Attualmente l’operazione è in mano ai numeri uno della Protezione Civile nazionale e regionale (rispettivamente Fabrizio Curcio e Calogero Foti). E proprio il Governatore si è lanciato in affermazioni che fanno tanto preambolo ad una possibile “operazione verità” che, se dovessimo affidarci alle sue parole, ci sarebbe da giurare, verrà condotta una volta risolta la criticità. Un colpetto all’Amam e uno al sindaco rispetto all’ ”improvvida” gestione della vicenda. Intanto ai poveri messinesi che, ogni giorno si sentono ripetere che da quello successivo l’erogazione riprenderà in modo più stabile (o meno disastroso, sarebbe più opportuno), non resta che incrociare le dita e sperare che la sfortuna (perché c’è stata anche quella) che sta imperando per adesso, sposti la sua attenzione altrove.