Il processo sulla morte di Attilio Manca si sta svolgendo a Viterbo, dove ieri ha testimoniato l’ex capo della squadra mobile Salvatore Gava (oggi vicequestore aggiunto). Prima di deporre ha ricordato ai giudici di essere interdetto dai pubblici uffici, a seguito della condanna comminata per tutti i dirigenti per i falsi verbali nella vicenda della Scuola Diaz.
Gava all’epoca dei fatti indagò sul caso Manca e davanti ai giudici, nel processo che si sta svolgendo contro l’unico imputato Monica Mileti, accusata di aver ceduto la droga fatale per Attilio, ha ripercorso i momenti seguiti al ritrovamento del corpo, nell’appartamento in cui Manca abitava al quartiere della Grotticella.
Secondo quanto riportato dal giornale viterbese Tusciaweb, Gava in aula ha dichiarato: “Ascoltammo persone, esaminammo i tabulati dell’imputata e il cellulare di Manca. Abbiamo trovato contatti con la Mileti tra le ultime chiamate in entrata e in uscita. Quando la contattammo per venire in questura, lei mandò un messaggio a Manca sul suo cellulare, che era sotto sequestro”.
Nel corso dell’udienza, inoltre, è emerso che i poliziotti (un altro dei quali ascoltato ieri dopo Gava) perquisirono l’appartamento della Mileti, trovando siringhe simili a quelle in casa di Manca, usate per iniettare l’eroina.
“Non furono analizzate perché le tracce ritrovate erano infinitesimali”, è stato dichiarato, secondo quanto riporta ancora Tusciaweb che ha seguito il processo in aula.
Per i familiari di Attilio si tratta di un “processo farsa”. Il riferimento è al fatto che da parte dei giudici nessuna domanda è stata fatta circa il verbale di accertamento dell’ex capo della squadra mobile viterbese sui turni di Manca all’ospedale di Belcolle. Un documento, scoperto da “Chi l’ha visto” (dal minuto 14, ndr) che per Ingroia e Repici, avvocati difensori della famiglia che da dieci anni sostiene che Attilio Manca sia una vittima di mafia, è fondamentale.
Il giornalista della nota trasmissione Rai, Paolo Fattori, aveva infatti confrontato il verbale della squadra mobile di Viterbo, guidata all’epoca da Salvatore Gava, con i registri dell’ospedale “Belcolle”, dove l’urologo barcellonese lavorava. Da quel confronto era emerso che Manca non era in ospedale nei giorni del ricovero di Bernardo Provenzano a Marsiglia. Un fatto che si scontrava – e si scontra – con la relazione firmata dallo stesso Gava nella quale veniva scritto invece che l’urologo siciliano era di turno all’ospedale nei giorni in cui il boss si trovava in Francia per sottoporti ad un’operazione alla prostata.
I giorni in cui è segnata la mancata presenza del giovane urologo sono quelli tra il 20 e il 23 luglio 2003, poi dal 25 al 31 luglio 2003 e infine nei giorni del 25, 26 e 31 ottobre 2003 (il 30 se ne era andato via intorno alle 15:30, prima quindi che terminasse il suo turno). Il dott. Manca era quindi rientrato in servizio la mattina del 1° novembre.
E proprio i giorni in cui il giovane urologo era assente dal lavoro coincidevano con il periodo nel quale Provenzano (tra esami preparatori, intervento alla prostata, e successivi esami di controllo) si trovava in Francia.