di Alessandro Russo – Sono un polemista e benché mi piaccia schierarmi sempre molto nettamente, in questa vicenda grottesca della crisi idrica di #MessinaSenzAcqua non riesco proprio a farmi un’idea precisa per parteggiare per l’una o per l’altra parte. Ci sono i trottisti, gli accorintisti, i mezzifreddisti, gli AMAMisti. E poi i dimissionisti e i rimozionisti… Sono confuso.
Mettiamola così: non mi schiero, almeno non prima di aver trovato risposte a questi miei futili e sicuramente insignificanti interrogativi.
Andiamo per punti…
1) Il sabato, l’AMAM fa il sopralluogo a Calatabiano e non si accorge di una falla ancora più grave a poca distanza dal tratto ispezionato. Chi è stato il responsabile di questa evidente mancanza? Come viene eseguito lo screening dei danni, quando accadono? Non sono bastati elicotteri e uomini sul campo per comprendere che le falle erano due e a breve distanza l’una dall’altra? Ciò detto: l’AMAM, ente tecnico, comunica alla Giunta che i giorni necessari per la riparazione sono tre. La Giunta lo comunica alla città. Cos’altro avrebbe dovuto fare, se non fidarsi dei propri uffici tecnici?
I lavori vengono resi complicati dal Sindaco di Calatabiano, altro Comune, altra Provincia. Il livello proclamato di gravità di protezione civile è il numero 1, ossia un livello che per legge prevede che soltanto i sindaci del Comune coinvolto debbano risolvere le crisi: circostanza che cozza sin dall’inizio con il fatto che la frana non è sul comune di Calatabiano. Mi chiedo: ma se la falla è nel Comune di Calatabiano, perché nessuno – e per primo il Prefetto, che era informato della circostanza – ha ritenuto di far salire da subito di livello (al livello 2), di protezione civile? Infatti, il livello 2 prevede che non sia più il solo sindaco a dover intervenire, ma che il prefetto competente coordini le operazioni di emergenza e soccorso, segnatamente per crisi che coinvolgano più Comuni. Qui e da subito era chiaro che: erano coinvolti almeno due comuni (Messina e Calatabiano) e che il sindaco del Catanese non cooperasse serenamente alle operazioni: mi domando, perché? Perché il Prefetto non ha fatto salire da subito il livello di protezione civile da 1 a 2, in questo agevolando di molto la risoluzione del problema? Ha sottovalutato la gravità del danno? Non ha ritenuto intervenire e se così, perché?
2) La stima dei lavori della seconda falla, sempre eseguita dall’AMAM, è di “almeno cinque giorni”. Ma l’intoppo è risolto in 24 ore. Perché è stata fatta questa stima dei tempi così palesemente errata? Chi l’ha fatta? Chi l’ha sottoposta a verifica? Perché non ha previsto correttamente i tempi di esecuzione dei lavori? Chi, in AMAM, si assume la responsabilità di questi errori di valutazione tecnica?
Ancora: gli sciacalli che hanno venduto e fatto affari con l’acqua, bene primario per eccellenza, sono stati individuati? Le Forze dell’Ordine hanno avuto un ruolo nell’identificazione e nella sanzione degli sciacalli? Chi doveva vigilare sulle operazioni di controllo del territorio, tra Questura e Prefettura? E’ possibile conoscere quali ordini di servizio siano stati diramati per stroncare il fenomeno dello sciacallaggio?
3) La sera del venerdì, come chiedeva un sit in in piazza, il Prefetto fa finalmente salire di livello (da 1 a 2) l’emergenza di protezione civile, assumendo, come prevede espressamente la Legge 225/1992, il coordinamento delle operazioni. Chi parla di “esautorazione” del sindaco è in mala fede o del tutto ignorante della procedura in materia di protezione civile. O ha secondi fini, politici, che tendono a mettere in fosca luce la figura del sindaco presso l’opinione pubblica. Innalzando il livello di emergenza, il Prefetto ha potuto coinvolgere nelle operazioni gli altri livelli di governo e – tacendo del resto delle Forze dell’Ordine – anche l’Esercito stesso che il sindaco, anche il migliore del mondo, non avrebbe potuto mai coinvolgere.
Circa l’acqua dell’Alcantara: come mai non si è mai pianificato (responsabilità AMAM e Amministrazione locale) negli anni un secondo possibile canale di approvvigionamento idrico della città di Messina, addirittura troncando la tubatura che dall’Alcantara giungeva comunque a Messina? Nel corso di questi ultimi anni, chi mai si è interessato o ha mai posto l’attenzione al tema di una seconda rete, anche di emergenza, che portasse acqua a Messina?
4) Perché la Giunta comunica che l’acqua è “tornata ai rubinetti” quando, a centinaia di famiglie messinesi non era ancora arrivata? Perché l’urgenza di descrivere – sottovalutando la gravità del momento – una situazione ben complessa?
Aggiungo inoltre: e l’Autorità Portuale che mette a disposizione i collettori per lo scarico dell’acqua dalla nave alla rete idrica, effettua una regolare manutenzione degli stessi e delle proprie infrastrutture? Anche in questa circostanza: di chi è la responsabilità? Non sarebbe bene verificare periodicamente e comunque prima di dichiarare la prontezza a ricevere se i collettori di scarico sono in piena efficienza?
L’idea che mi sono fatto, di là dell’acqua? Che Messina ha in questi giorni dimostrato, a tutti i livelli di governo, inadeguatezza ed incapacità di fronteggiare emergenze e calamità serie, nonostante i bellissimi piani di emergenza redatti in carta, le operazioni di evacuazione simulate in scuole ed uffici pubblici concordate ad orario preciso e con giorni di anticipo: se ci fosse un terremoto serio, una calamità naturale davvero grave non avremmo un piano di emergenza tra istituzioni che funzioni a puntino:
- Un Prefetto che pur a conoscenza della gravità del danno, e del coinvolgimento di più comuni, non interviene da subito innalzando il livello di emergenza dal primo al secondo, perché? Ed anche, un prefetto che aspetta il formale resoconto delle attività da parte del Comune e non preferisce, vista la rilevanza del danno, piuttosto farsi una passeggiata a Calatabiano per capire meglio come stessero le cose o per strada in città a capire cosa stesse succedendo nei quartieri: formalmente ineccepibile, perché tocca al Comune dargli comunicazioni, ma dal punto di vista del rispetto della cittadinanza, è un comportamento altrettanto grave.
- Un’Amministrazione che non controlla e non può fare affidamento certo su un’Azienda come l’AMAM, che a sua volta è incapace di pianificare emergenze ed interventi con credibile tempistica, o che sottovaluta l’emergenza idrica, e che infine non ha ancora posto mano al riordino di servizi comunali del tutto inadeguati, come quello della Protezione civile e quello dell’autoparco comunale, sensibilissimo in casi di emergenza.
- L’acqua da distribuire in casi di emergenza disastrosi non si procurerebbe se non dopo 5 giorni. E si tratterebbe di acqua non potabile. In caso di terremoto, con le tubature e gli acquedotti potenzialmente saltati: chi porterebbe l’acqua per la sopravvivenza di feriti e sfollati entro le prime ore dal sisma? Abbiamo scorte? Abbiamo piani di approvvigionamento seri? Chi deve rispondere a queste domande se non il Prefetto in primo luogo ed il sindaco?
- E’ concepibile che gli edifici pubblici, le scuole, le attività essenziali amministrative restino chiuse per una intera settimana? Si tratta di strutture che in qualunque piano di emergenza devono restare aperte (almeno quelle comunali) il più a lungo possibile: è ammissibile che non si sia riuscito ad approvvigionare con autobotti gli uffici del Comune, privando i cittadini di servizi e prestazioni spesso non rinviabili ed essenziali? Perché l’Amministrazione non ha prontamente rifornito di acqua le scuole assicurando la continuità scolastica – oltre che il diritto allo studio?
Cosa accadrebbe in caso di calamità grave, quando espressamente gli edifici direttivi del governo locale dovrebbero essere tenuti il più possibile funzionanti?
E quindi: Sindaco, Prefetto, Giunta, AMAM e persino Autorità Portuale. Sono tanti i responsabili su più livelli e con intensità differenti del dramma vissuto da Messina. Chi più, chi meno, ha dimostrato poca efficacia rispetto all’obiettivo di far tornare alla normalità Messina.
Pensiamoci bene, prima di buttare facili croci.