di Saro Visicaro – Se anche un funzionario dello Stato, che dovrebbe svolgere un ruolo di coordinamento e di raccordo con il Governo nazionale, finisce per scivolare nel pantano del narcisismo abbiamo pochissime speranze. Intendo riferirmi alle speranze di Messina di ri-diventare una città. Una comunità vera con i suoi mille problemi, quelli di ogni comunità, ma anche con la dignità dei propri cittadini e di tutti coloro che dovrebbero contribuire a renderla degna di ammirazione.
Senza indulgere con la retorica credo che questa città abbia veramente bisogno, più di ogni altra cosa, di trovare e fare emergere una vera leadership. Abbia bisogno di una classe dirigente locale credibile. Tutto quello che è successo ieri, ma anche nel passato remoto, dipende da quel vuoto culturale, sociale e politico che ha permesso il consolidarsi di alcune piccole caste. E’ un problema di tutta la Sicilia ma ancora di più di Messina. I “mezzi uomini” e gli “ominicchi” descritti da Sciascia hanno imbastardito la politica e, conseguentemente, la gestione del potere ai vari livelli.
Ciclicamente poi rispunta il populismo e la supponenza attraverso i quali si pretende di riempire il vuoto determinato dalle varie faide. Questa è la riflessione che mi nasce dopo che per sette giorni una città di 250 mila abitanti è stata lasciata senza acqua. Soltanto a pensare, scrivere e descrivere con una frase, una situazione così, ha dell’incredibile. Assenza assoluta di acqua. Privazione totale di un bene primario prolungato per diversi giorni. Così come prolungata, per un tempo interminabile, la mancanza di interventi indispensabili finalizzati a procurare l’acqua. Non tanto e non solo, quindi, l’intervento di “riparazione” del tubo ( sul quale ci sarebbe tantissimo da dire ) ma piuttosto sulla ovvia ricerca di una somministrazione alternativa e immediata del bene acqua. Un esempio. Ogni anno, quando centinaia di automobilisti sono in attesa di imbarco sotto un sole asfissiante, scatta una immediata rincorsa a fornire ai nostri ospiti villeggianti le necessarie provviste d’acqua. Per un’emergenza moltiplicata per mille non scatta nulla. Silenzio assoluto dalla Protezione civile comunale, provinciale prefettizia etc. In una città in perenne stato d’allerta virtuale per i temuti temporali e in stato di incoscienza profonda per ogni possibile evento sismico. Certo è bello poi, televisivamente parlando, inveire contro il dissesto idrogeologico, la cementificazione del territorio etc. etc. Dopo. Non prima. Cosa ha fatto il prefetto di Messina da sabato 24 ottobre alla convocazione “del tavolo” di giovedì 29 ottobre. Nulla. Tavolo di crisi dal quale erano, non certamente a caso, assenti il convocante prefetto e il convocato sindaco. Salvo poi, subito dopo a inondare di messaggi sublimali i media. Qualcuno, nello specifico il prefetto, è intervenuto presso il questore per impedire il commercio illegale dell’acqua? Lo stesso prefetto è intervenuto presso l’assessore De Cola dopo l’incredibile dichiarazione rilasciata alla stampa sulla fornitura, attraverso mezzi del comune, di acqua ai cittadini? No. Dichiarazione del responsabile comunale che incredibilmente non teneva conto della realtà.
Il coordinamento, nei casi di emergenza e/ o calamità, non si aspetta che venga richiesto, si impone con autorevolezza. Non si aspetta che qualcuno faccia l’errore per riprenderlo poi. Si interviene perché l’obiettivo primario sono i cittadini, la vita delle persone e non la lotta per la supremazia tra i poteri. Questo piccolissimo concetto etico è certamente sconosciuto a chi si nutre di populismo.
“Si è sempre responsabili di quello che non si è saputo evitare” ha scritto Jean Paul Sartre. Ed in questo caso le responsabilità sono chiarissime.
A proposito di dissesto del territorio, lo scrittore Domenico Cacopardo per avere denunziato nel 2010 la devastazione di tutta la fascia Jonica, del comune di Letojanni in particolare, e dei territori di Forza d’Agrò e S. Alessio ( medesima zona nella quale è avvenuta la frana che ha interessato l’acquedotto ), è stato denunziato per diffamazione dagli amministratori di quel comune. Una vicenda nella quale si intrecciano anche interessi criminali di un certo livello. Come reagisce lo Stato a vicende così? I prefetti, i magistrati, etc. da che parte stanno? Esempi ne potremmo elencare molti.
Quello che interessa adesso è che la parte più responsabile di questa città si renda conto della situazione. Che capisca che rimanere spettatori di un duello tra due populisti è perfettamente autolesionista.
La scorciatoia per fare emergere le inadeguatezze amministrative della giunta Accorinti non può essere quella di assecondare i tentativi di protagonismo del prefetto. Così come le deprimenti iniziative di una certa classe politica non serviranno a riqualificare i due anni che mancano al termine di questa avventura amministrativa. (vignetta di Bambino)