di Simone Bertuccio – La vita, si sa, è tutta una gara. Lo pensano tutti, arrivati ad una certa età. Anche coloro che non sono così competitivi. Non lo saranno a calcetto, non lo saranno a briscola in cinque, a ruba mazzetto, o a sette e mezzo veneziano durante le giocate di Natale, ma prima o poi lo si diventa. È tutta una gara.
Ed anche se tu alla gara non ci pensi, fidatevi, che c’è qualcuno che a quella gara ci pensa eccome. Probabilmente quella gara l’ha anche organizzata a vostra insaputa, con regole che non conoscete, in una pista che non conoscete, per un premio che non conoscete. Il furbo è sempre lì.
Ma in fondo lo diceva anche Danny De Vito nel monologo finale del film “The Big Kahuna”: «a volte sei avanti, a volte resti indietro. La corsa è lunga e alla fine è solo con te stesso». Quanto avevi ragione, Danny, con questa tua frase tra il remissivo e il realista, con quel pizzico di filosofia che non faceva altro che dirci, in fin dei conti, che noi da soli non contiamo proprio nulla ma che dobbiamo pensare a noi stessi. La vita non è altro che una ruota che gira.
Sì, bello. Bellissimo. Poi però sono tante le cose nella vita, piccole, piccolissime, che ti fanno capire che forse un po’ fessacchiotto, con questa teoria, potresti pure diventarlo. È il problema dell’italiano, infondo.
Un meccanismo a catena: “Lo fa lui? Lo faccio anch’io. Che sono fesso?”. Tu potrai essere anche stato educato dalle Suore Orsoline, o dai monaci Tibetani, o dalla bisnonna sopravvissuta a due guerre mondiali e che ti faceva sedere sui ceci ogni qual volta commettevi una ragazzata, ma a volte ti spazientisci pure tu.
Stavamo parlando di gara, appunto, ma anche di autodeterminazione, di rispetto, di educazione civica. E tra le tante cose di cui si poteva parlare a proposito, potevamo non inserire “Il sorpassante seriale della corsia preferenziale”? Sì, lo so che di primo acchito la configurazione del personaggio di cui oggi vi parlo non vi dirà nulla, ma indugiate giusto qualche istante sulle parole utilizzate per l’inserimento di questo personaggio nella categoria “Cittadini #adminchiam” e capirete chi è.
Si discute spessissimo di quanto Messina sia stretta e lunga, nemmeno fosse la calzamaglia di Axl Rose dei Guns N Roses quando pesava 45 chili. Messina è stretta ma neanche tanto. È lunga ma sicuramente non è un unico rettilineo. Diciamo che ha la panza di birra. È, non esageratamente, magra e alta ma ha la sua pancetta. Fatta di cosa? Di auto e motorini parcheggiati nelle posizioni più improponibili. Posizioni che, se catturate da una fotografia, sarebbero più contorte di un’incisione di Maurits Cornelis Escher.
Ma oggi non è questo l’argomento. Non si parla di parcheggio ma di sorpasso.
Tu sei per strada. Non sei nemmeno in ritardo perché, hai pensato, “meglio partire prima perché non m’innervosisco e percorro la strada con calma”. Anche qui parte il tuo training autogeno. Ma capita invece che, per qualche assurda ragione, becchi ugualmente la stessa coda. La cosa strana in tutto questo è una: che non si tratta, riferendoci a prima, di trovarsi imbottigliati in una strada larga solo 4 metri. No, per nulla.
Ti ritrovi incastrato nel bel mezzo di una strada, come per esempio la nostra Via Garibaldi (direzione Nord partendo dalla Prefettura), che potrebbe somigliare benissimo ad una super strada americana, per quanto è larga. Tre corsie ad andare, tre corsie a tornare, un marciapiede per lato, 780 tabacchini, 450 panifici, 99999,99 periodico bar, negozi su negozi, Papà Castoro, e l’intera popolazione di Atlantide.
Qui secondo me c’è un problema di educazione stradale. Tre corsie. Abbiamo tre corsie che si riducono ad 1 e mezza per le attività di questo essere umano appartenente alla categoria “Il sorpassante seriale della corsia preferenziale”, che cammina di pari passo al “Parcheggiatore seriale della corsia preferenziale”.
Sei partito da 15 minuti. Tutto andava bene ma ti ritrovi lì. Pensi che, tutto sommato, averci impiegato solo 15 minuti per arrivare lì, in quel punto della strada in cui inizia la coda, è quasi un miracolo. Sei un tipo paziente tu. E non hai frequentato né le Suore Orsoline, né un monaco Tibetano, né hai mai avuto la possibilità di conoscere una tua bisnonna. Sei lì, in coda.
Solo con te stesso, in un abitacolo, a cercare nervosamente una stazione radio che possa un po’ intontirti. La coda procede a rilento e tu già la pazienza inizi a perderla. È normale. Siamo umani. Accenni solo a qualche gesto diretto verso l’altra categoria dei “Messinesi #adminchiam”, ovvero “Il parcheggiatore seriale della corsia preferenziale”.
Lo maledici. Ti chiedi dove siano i vigili e tutto il resto. La coda scorre e tu, lento, con lei. Come il padre che accompagna sua figlia all’altare. Solo che di sottofondo non hai la marcia nuziale ma quella funebre.
La coda scorre e quelle auto parcheggiate sono sempre più presenti, immobili, fisse. Le maledici. Ti rispondi da solo sui vigili urbani e ti chiedi dove sia l’esercito. Poi però, la corsia preferenziale si libera. Come un miraggio la vedi vuota. “Oh, meno male. Se dovesse passare un’ambulanza, un’auto in emergenza, o un bus, saprebbero come fare”.
Sei educato, tu. La coda è coda. È quasi l’ora di punta ed è pure comprensibile ci sia quel traffico. Sei paziente come il futuro marito di quella sposa che sta per essere portata all’altare da suo padre. Mancano ancora 2 chilometri al prossimo semaforo. Sei tutto#sudato ma sei orgoglioso di te.
Ma cosa succede? Come delle zanzare, delle ombre tipassano alla tua destra. Tu sei immobile, guardi avanti, non ti volti perché speri sia tutto un sogno. O un miraggio. Peccato tu non stia né dormendo, né ti trovi nel deserto del Sahara perché quelle che hai appena visto erano le auto dei “sorpassanti seriali della corsia preferenziale”. Sì, auto. Normali. Come la tua. Di automobilisti normali. Come te.
Senza esigenze, senza problemi, senza emergenze, come te. Voltandoti, quella residua pazienza custodita vicino al lato più buono del tuo alter-ego, se ne va. Tu sei lì, hai appena fatto 30 minuti di coda nel rispetto delle leggi del vivere civile, delle leggi della fisica, chimica e ci sono questi tizi che, senza minimamente indossare nemmeno la più credibile faccia da sola, ma indossando proprio la loro, al naturale, ti sorpassano a destra. Sulla corsia preferenziale. E se ne fregano. La pazienza è finita ma, secondo i tuoi ideali, non vai loro dietro.
Ripensi alle parole di Danny De Vito. Ti limiti a voltarti cercando di guardare in faccia i volti di ogni “Sorpassante seriale della corsia preferenziale”. Ad un certo punto desideri quasi ricrederti sul fatto che, chi ti sorpassa, ne ha davvero bisogno. No, non può essere così. Non può andare così. Ma questo desiderio è inutile perché accanto ti passa di tutto: il tamarro con la musica a palla, il tamarro senza musica a palla, la mamma con i figli appena presi a scuola, il ragazzino fresco fresco di patente, il tuo vicino di casa.
Ma il bello è quando tu sei l’ultimo della coda, e dallo specchietto retrovisore vedi una sola auto avvicinarsi nel tentativo di accodarsi a te. Sai già qual è la sua intenzione: spostarsi a destra e scontarsi centinaia di metri di fila. Sai già chi è: il super tamarro furbacchione.
Ma è il giorno delle smentite e tu lo sai. Ti sei ricreduto sul fatto che potessi arrivare puntuale pur partendo in anticipo e ti ricrederai pure su questo perché la persona che si farà beffa di te, della tua pazienza e di quella di tanti altri onesti cittadini, non è altro che una vecchietta o un vecchietto che se sbattono beatamente della tua filosofia da film filosofico.
Ma il bello v’è anche ad un altro punto di questa processione: quando tu sei a 10 metri dal semaforo, è passata quasi 1 ora, e vedi, dallo specchietto lato destro, che una delle auto che s’è fatta tutta la corsia preferenziale “perché la fila non la voglio fare”, vede un’altra auto parcheggiata davanti a sé.
Due scemi che si annullano. Due messinesi a confronto: “Il parcheggiatore seriale della corsia preferenziale” e “Il sorpassante seriale della corsia preferenziale”. E allora capita l’inverosimile, il colpo di classe dell’ipocrisia, il fiore all’occhiello del vivere civile: il sorpassante che critica la cattiva abitudine del parcheggiatore e che decide, perché è un suo diritto, di imbucarsi presuntuosamente proprio davanti a te, per non arrestare la sua corsa e per farsi beffe di tutti.
Io non so se avete ben capito la situazione ma non basterà altro che rileggervi quest’ultimo passaggio e contare tutte le volte che v’è capitato.
Il semaforo è verde. Lui, il tizio o la tizia nella corsia preferenziale che si sta per imbucare davanti a te, è già con il piede sulla frizione e la marcia inserita da circa 3 minuti. Potevano esserci altre 30 auto davanti o dietro, ma lui s’imbucherà solo davanti a te. Non sai se farlo passare ed anche se non volessi, questo non sarai tu a deciderlo. Alla fine, pur facendo un po’ il manigoldo, lo fai passare. Potevi beccare il tamarro, come l’anziana 80enne. E la tua presunzione nel far valere la civiltà, non sarebbe servita.
Perché l’educazione non è questione di età.