Una storia che andava ormai avanti da anni, tra minacce di morte, prepotenza e pesanti percosse. Nemmeno la decisione di scappare, trovando lavoro come badante a Messina, ad un indirizzo sconosciuto da quell’ormai ex convivente violento, era servita a porre fine ad un incubo che avrebbe potuto giungere a conclusioni drammatiche. E’ la storia di N.M., 45enne rumena che a marzo di quest’anno aveva deciso di lasciare Gela, per tagliare i ponti con il passato e con O. I. , cittadino rumeno classe 1972, suo convivente da 26 anni, che ormai la terrorizzava con continui episodi di aggressione fisica, anche alla presenza dei due figli minorenni della coppia.
N., dopo aver portato i due figli in Romania ed averli affidati a dei parenti, era tornata in Sicilia per cercare un lavoro che le permettesse di mantenere, a distanza, le due creature più importanti della sua vita, dalle quali a malincuore aveva dovuto fisicamente separarsi. Finalmente, a marzo di quest’anno la donna era riuscita a trovare lavoro a Giampilieri, dove accudiva un anziano signore ed aveva ritrovato, in qualche modo, una parvenza di serenità. Tutto quello che fino a poche settimane prima la assillava e le rendeva impossibile la vita, sembrava ormai lasciato alle spalle. Con la paga che percepiva, riusciva ad aiutare i suoi figli ed a vivere dignitosamente, ma soprattutto in pace. Tutto sembrava andare ormai bene. Fino a quel fatidico giorno di agosto, quando l’ex era riuscito a scoprire dove la donna si fosse rifugiata.
Da quel giorno hanno avuto inizio telefonate moleste ad ogni ora del giorno e della notte, corredate da pesanti minacce di morte qualora lei non avesse deciso di lasciare quel lavoro e ritornare a vivere insieme al lui. Era tornato ad assillarla, in un’escalation fatta anche di appostamenti, e bruschi risvegli in piena notte, con pugni e calci alle tapparelle della finestra della sua camera da letto. L’incubo era ricominciato.
Il pudore, la paura, la preoccupazione che questo potesse arrecare qualche danno ai due bambini: non si sa che cosa abbia portato la donna a non denunciare quanto le stava di nuovo accadendo.
Ma nella mattina di sabato 17 ottobre 2015, la svolta. Il campanello del portone si è messo a suonare in maniera compulsiva ed incessante e, affacciandosi alla finestra la vittima vedendo l’ex convivente incollato al pulsante del citofono gli ha chiesto di smettere e andarsene. L’uomo, per tutta risposta ha urlato altre minacce di morte , per poi sedersi a terra, davanti all’ingresso, rimanendo fermo in quella posizione per più di un’ora.
L’ennesimo sopruso da tollerare, nella mortificazione e nel terrore, avrà in un primo momento pensato la donna. Ma quando la malcapitata ha visto l’uomo rimettersi in moto, scavalcare una recinzione e raggiungere, attraverso una scaletta, il balcone sul retro della casa, si è subito resa conto di quanto velocemente il pericolo stesse diventando sempre più concreto e si è precipitata a chiudere le tapparelle di tutte le finestre che insistono su quel terrazzino. E quando ha iniziato a colpire violentemente con calci e pugni le serrande, riuscendo a romperne due ed arrivando quasi a riuscire ad entrare in casa, lei ha finalmente preso quella importante decisione, che probabilmente avrebbe dovuto prendere molto tempo prima: chiamare il 112.
L’intervento dei carabinieri è stato tempestivo e dopo pochi minuti è arrivata sul posto, a sirene spiegate, una pattuglia della Stazione Carabinieri di Giampilieri, immediatamente supportata da un equipaggio del Nucleo Radiomobile dei Carabinieri di Messina. Solo il loro arrivo ha evitato che l’uomo riuscisse nel suo intento di entrare in casa ed ha scongiurato che potesse accadere quello che ormai la donna temeva, segretamente, da anni.
L’uomo, che versava in evidente stato di ubriachezza, è stato subito portato nella caserma dei carabinieri di Giampilieri, dove è stato tratto in arresto per maltrattamenti contro familiari atti persecutori, violazione di domicilio e danneggiamento aggravati.
Il 43enne dopo le formalità di rito, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria è stato trattenuto presso le camere di sicurezza della Compagnia di Messina Sud, in attesa del rito direttissimo, che ha avuto luogo nella mattinata di lunedì 19 ottobre 2015 e si è concluso con la condanna ad 8 mesi di reclusione e la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima.