di Alessandro Russo -Dovrebbe arrivare a giorni in Consiglio comunale, ma il condizionale è d’obbligo, la delibera istitutiva del Registro delle Unioni Civili proposta oltre un anno fa dalla Giunta comunale.
Il condizionale è obbligatorio, appunto, perché il tempismo di discussione di questo importante testo è indirettamente proporzionale alla sua rilevanza sociale: tanto più servirebbe, tanto più la sua approvazione è rallentata o esplicitamente ostacolata. Messina, tra le grandi città del Mezzogiorno e della stessa Sicilia, è quella più indietro ed è superata da numerosissimi comuni minori della sua provincia. Mentre altrove la sensibilità dell’opinione pubblica e della politica porta i consigli comunali a velocizzare l’approvazione dei registri, a Messina, molteplici cavilli, molteplici sotterfugi, impropri appelli alla religione e ad una visione della fede discutibile e certamente individualistica impediscono il raggiungimento dell’obiettivo.
Ascoltare il dibattito della politica locale sul tema è disarmante per la pochezza dei contenuti e per la evidente ignoranza di chi li esprime; diciamocelo chiaro: a parte qualche esigua eccezione, il Consiglio comunale di Messina non è adeguato ad affrontare una simile tematica.
Il livello politico della città è bassissimo, inadeguato a gestire la complessità dei problemi.
Tracce evidenti di questa inadeguatezza sono date dalla carrellata di motivazioni per le quali il registro sarebbe non prioritario. Mi piacerebbe ricordarle tutte, così da fare chiarezza.
Il registro delle unioni civili non equipara le coppie di fatto al matrimonio. Il matrimonio è disciplinato dal Codice Civile, legge dello Stato, non può in alcun modo essere oggetto di decisione dei consigli comunali.
Il registro delle unioni civili non consente l’adozione dei bambini alle coppie di fatto. Anche l’adozione è materia di disciplina normativa nazionale, che non può essere introdotta con un regolamento comunale.
Il registro delle unioni civili non consente il trasferimento dei diritti pensionistici ai componenti della coppia, poiché – guardate un po’! – anche questi temi sono di competenza dello Stato.
Passiamo alla schiera di chi dice: la Fede me lo impedisce.
Pur rispettando le opinioni religiose di ognuno, è bene ricordare che chi viene eletto in Consiglio comunale non è chiamato a governare la città in base ai propri precetti religiosi, bensì in base ad un patrimonio civico e laico di valori fondanti la comunità di cittadini, nella quale possono trovarsi cattolici, musulmani, induisti, buddisti, confuciani e tanti quanti sono le religioni del mondo. Se per ipotesi io, bokassiano di ferro, venissi eletto a governare Messina, dovrei farlo imponendo a tutti il cannibalismo per pranzo – perché così imporrebbe la mia religione – ovvero dovrei farlo sulla base dei valori della democrazia contemporanea, ossia riconoscendo i diritti a tutti i cittadini, senza distinzioni di sesso, di fede, di credenze ed orientamenti politici? Che Dio e che fede sarebbero quelli che riconoscessero diritti soltanto ai loro credenti, lasciando gli altri nel limbo della sub-umanità?
Quando si parla di “unioni di fatto”, è bene farlo sapere, si parla di coppie non soltanto omosessuali (ma che se pure fosse così, comunque meriterebbero riconoscimento). Si parla anche di coppie eterosessuali, che – se si ha la briga di studiare un po’ le statistiche ed i casi che amministrando pure dovrebbero essere noti, ma forse si chiede troppo – sono in grande numero: coppie di anziani che convivono per abbattere le spese di affitto o del costo della vita, nuove coppie di individui che intendono convivere ma non contrarre matrimonio, persone che non vogliono sposarsi, giovani che decidono di rafforzare le loro condizioni di vita prima di sposarsi… Potrei continuare per ore e snocciolare una serie di casistiche, molte delle quali da me conosciute personalmente negli anni in cui ho avuto l’onore di amministrare in città – che annullerebbero dal principio il non-argomento: “servono alle coppie omosessuali”.
Ma se pure servissero solo alle coppie omosessuali. Ma quanto gradiente di intelligenza ci vuole per capire che sono cittadini come tutti gli altri? Che pagano le tasse come tutti gli altri?
Che lavorano, creano ricchezza, assumono, fanno lavorare, vivono, spendono, danno vita come tutti gli altri cittadini non omosessuali? Quale ragione di fede, quale ‘sottile’ ragionamento politico prevede che, poiché nel segreto della camera da letto non fanno uso del “giusto buco”, a costoro non debbano essere estesi diritti di cittadinanza?
A cittadini eguali, devono corrispondere diritti eguali. Non si riconoscono diritti sulla base dei colori, dei credi, delle opinioni. Perché questo ragionamento porta al di fuori dei principi fondativi della democrazia, che è società di eguali, società di cittadini. Non di credenti. Non di fedeli.
Infine, l’ultimo non-argomento: dove sono istituiti, i registri delle unioni civili sono stati usati pochissimo, solo per pochi casi, quindi sarebbe inutile istituirli. A questo è facile replicare: forse che nel riconoscimento dei diritti si possa utilizzare il metro della pesatura, come fossero patate o cipolle del mercato S.Orsola?
La democrazia riconosce i diritti e tutela le minoranze, altrimenti non è democrazia. I diritti sono riconosciuti per il loro essere connaturati con la stessa individualità. Se pure servissero, per ipotesi, ad una sola persona, e non a sessanta milioni, lo Stato – la città – dovrebbe riconoscerli egualmente.
Facile capire il passaggio logico: una malattia rarissima dai costi di cura altissimi, con incidenza di uno su un milione (come ce ne sono, purtroppo), non merita l’impegno economico dello Stato per la cura del malato? E’ il diritto alla salute, che pure riguardasse uno solo dei sessanta milioni di italiani, non potrebbe non essere riconosciuto.
No, davvero. Neppure il non-argomento del “poco uso” ha senso logico.
Vogliamo dirla, la verità? Diciamola: che il Consiglio comunale di Messina sta prendendo tempo e cavilla perché non ha argomenti contro il Registro. E nel fare questo, lascia Messina indietro anche su questo tema.
Non c’è finora un solo argomento che sia ragionevole nell’ostacolare l’approvazione, se non la paura, l’ignoranza, lo stereotipo e la chiusura mentale.
Approvate entro il mese questo Registro, amici consiglieri. Fate un servizio alla democrazia.