“Legge Anti-Iene”: in Parlamento si lavora anche di notte. E nell’oscurità si discute la norma bavaglio.

Sarà mica un caso se le notizie meno gradevoli arrivano da Roma per lo più nei mesi estivi, durante i quali l’attenzione verso le castronerie del governo da parte dei cittadini cala sensibilmente in favore di relax e vacanze. Ecco l’ultima magagna in ordine di apparizione: si tratta del disegno di legge per la riforma del processo penale, affrontata in commissione giustizia con toni accesi, fischi e urla provenienti principalmente dai parlamentari pentastellati che in mattinata hanno occupato la commissione.

Il provvedimento, che i gruppi hanno previsto giunga in aula già lunedì prossimo, in caso di approvazione definitiva, e quindi dopo il vaglio del Senato che se ne occuperà in autunno, delega il governo a scrivere la legge sulle intercettazioni. E qui casca l’asino e si accende la furia dei grillini. La ratio sta tutta in un emendamento – prontamente riformulato dal Governo – presentato dall’onorevole di Area Popolare, Alessandro Pagano, che prevede nientemeno che il carcere fino a 4 anni per chi diffonda “riprese o registrazioni di conversazioni” che abbiano lo scopo di “recare danno alla reputazione o l’immagine altrui” e che siano effettuate “in sua presenza e fraudolentemente effettuate”.

Secondo l’autore della modifica si tratterebbe del “risultato di un confronto positivo tra le diverse forze di maggioranza su un tema che dieci anni fa era un tabù” e, a sentir lui/loro, evidentemente niente di male ci sarebbe nel limitare gli strumenti di cui un giornalista si può avvalere per fare inchiesta.

In generale, c’è da riflettere sulla capacità di giudizio del deputato, lo stesso che in commento a quanto sentenziato nei confronti del nostro Paese dalla Corte di Strasburgo, circa le coppie gay, ritiene che la sua proposta sulla costituzione di uno statuto delle convivenze sia la soluzione. “Sì all’equiparazione convivente-coniuge, no a quella unioni civili-matrimonio”, dichiarava appena qualche giorno fa Pagano che ha depositato in Parlamento la proposta di legge 2969 che, unitamente a quella del collega Sacconi, prevede la costituzione di uno statuto delle convivenze, “con il pieno riconoscimento dei diritti individuali delle persone dello stesso sesso”. Eccellente, ma non di certo la risposta alla condanna della Corte Europea dei diritti umani. Condanna che riguarda infatti la violazione dell’articolo 8 – il diritto al rispetto della famiglia e della vita privata – della convenzione europea dei diritti umani, per il mancato riconoscimento delle unioni omosessuali. Insomma i gay possono essere famiglia, non solo conviventi. Eh, caro Pagano,“ce lo chiede l’Europa”, s’ha da fa’.

Ma torniamo all’argomento principe, il bavaglio alla stampa, ovvero l’emendamento a tutela dei privati(!) presentato dal deputato di Ncd – Area Popolare dalla discutibile capacità di giudizio circa i diritti e le libertà, evidentemente.

Gli dà manforte l’ex ministro dei trasporti e attuale capogruppo Ap alla Camera, Maurizio Lupi, per cui chi critica la norma-bavaglio non sa di cosa parla: “Chi straparla dell’emendamento di AP sulle intercettazioni non sa quel che dice”.

Insomma, è proprio vero che, secondo certi uni, i cittadini sono in grado di bersi qualunque scemenza gli proponga chi sta al potere. Invece, a sorpresa, a volte vien fuori anche qualche informazione “non governativa” e le reazioni di chi ne è autore o sostenitore non possono che limitarsi a blandi commentucoli senza argomenti.

Dall’altra parte della barricata, cinquanta i parlamentari del Movimento 5 Stelle che hanno tentato di boicottare la norma: “E’ una porcata a danno della libera informazione. Se Berlusconi voleva mettere il bavaglio alla stampa, Renzi va ben oltre: questa è un’epurazione di massa”, hanno asserito.

In soldoni, con questa norma, potremmo dire addio alle inchieste di Striscia La Notizia, di Iene, Report e programmi simili, che, diciamolo, tanto care a certa politica non devono proprio essere visto che sono in grado di “sputtanare” (perché così si dice) farabutti di ogni specie, anche quelli che agiscono con alle spalle un sistema di compiacenze che risiedono proprio nei palazzi del potere, e perché no, di leggi, leggine e cavilli, sapientemente disegnati per rispondere alle esigenze della ricerca di un certo tipo di consenso. Inutile dire che i bellicosi portavoce del Movimento 5 Stelle hanno subito urlato allo scandalo, denunciando quella che è stata ribattezzata “Legge anti-Iene”, evidenziando come si tratti di una norma bavaglio, per tenere a bada quel (poco) di stampa che non resta zitta davanti alle porcherie che ogni giorno vengono perpetrate sotto i nostri occhi distratti da altro. Venuta fuori la notizia, l’allarme è suonato in ogni dove e il guardasigilli è prontamente corso ai ripari chiarendo che “Non è l’orientamento del governo prevedere la galera per i giornalisti”. Il ministro Andrea Orlando ha quindi rassicurato su un dietrofront perché, si sa, carcere per i giornalisti fa tanto dittatura mediorientale. Resta il fatto che al governo spetterà scrivere le regole per “disciplinare l’uso delle intercettazioni da parte dei magistrati in tutti i provvedimenti (arresti, sequestri, perquisizioni) e soprattutto pianificare la pubblicabilità delle intercettazioni”, come riporta la stampa nazionale. La parlamentare democratica, Donatella Ferranti, che è anche relatrice della norma, ne ha difeso la bontà, sostenendo come non sia intenzione di nessuno mettere a tacere la stampa, semmai l’obiettivo dell’emendamento “è la tutela dei privati” e comunque, “sono disponibile a riflettere su piccoli aggiustamenti che possano servire a chiarirla”, ha dichiarato.

A ben guardare, in Italia, sono proprio le inchieste giornalistiche, per lo più, a scovare truffatori, a far luce su appalti truccati, su delinquenza ignorata anche se alla luce del sole e, non ultimi, su rapporti torbidi tra politica e criminalità. Ci si tolga l’attività di inchiesta seria e poi l’impunità che già regna sovrana nel bel paese, diventerà la norma, con il beneplacito del legislatore.

Occhio italiani, non c’è da dormir sonni tranquilli anche perché, com’è evidente, i nostri zelanti parlamentari eletti lavorano anche di notte. Quando si dice “agire nell’oscurità”, quasi come i cattivoni di Gotham City. E ond’evitare che qualche Batman possa scompaginare i piani di Due Facce, Joker, L’enigmista e co., è sempre bene correre ai ripari, finanche legiferando opportunamente.

 

(@eleonoraurzi)

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