E’ stato ingannato dalla sua passione per il “cavallino rampante”, simbolo della Ferrari e logo della maglietta che indossava e che rappresenta l’elemento che ha permesso agli uomini della squadra mobile di arrestare, grazie alle testimonianze dei migranti, Mechri Omar, scafista di 22 anni. Da lui è partita la spedizione di 262 migranti soccorsi dal pattugliatore d’altura svedese Poseidon nel canale di Sicilia e trasferiti al porto di Messina, poi ascoltati uno per uno, dopo le operazioni, ormai di routine, espletate rapidamente dal personale dell’ufficio Immigrazione e da quello del locale Gabinetto di Polizia Scientifica. Prima però sono stati accolti, rifocillati e visitati da personale medico. Hanno viaggiato per circa nove ore in modo disumano. Uno sull’altro, uomini, donne e bambini. In tanti stipati in stiva come bestie. Quando sono stati soccorsi, il barcone di fortuna su cui viaggiavano era alla deriva, in avaria da tempo.
Ancora una volta, i racconti di chi era a bordo hanno permesso di tracciare tariffari precisi utilizzati per imbarcare i profughi. Più alta la tariffa per chi sta sul ponte, prezzi scontati per chi si accontenta del sotto coperta.Al libico, senegalese o eritreo interessato a raggiungere le coste europee, basta chiedere in giro. Ma tra le tante testimonianze c’è chi giura di aver ottenuto tramite Facebook contatti e indicazioni necessarie alla traversata: “…tramite Facebook mi hanno detto come fare. Avendomi consigliato di recarmi in Libia, ho raggiunto Tripoli, dove ho incontrato un mio connazionale che conosce la città, il quale mi ha fatto incontrare un libico. L’incontro è avvenuto in un bar di Tripoli e io ho accettato le condizioni per raggiungere l’Europa”.
Circa 200 delle persone arrivate il 9 giugno a Messina sono in viaggio verso altri centri di accoglienza in Abruzzo, Lombardia, Veneto e Trentino dove sono stati trasferite per lasciar posto a chi, probabilmente, nel frattempo arriverà in Sicilia. MECHRI Omar, lo scafista, è, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, presso il carcere di Gazzi.