Calcio, Acr Messina. Lo Monaco mette la parola fine, l’iscrizione in D sarà il suo ultimo dovere “amministrativo”. Società in vendita

Tra il Messina e la famiglia Lo Monaco è ufficialmente finita. Ad annunciare il disimpegno (non una novità) lo stesso massimo dirigente, ormai ex, nell’attesa conferenza stampa di stamane. L’iscrizione in serie D sarà l’ultimo atto “amministrativo” da parte di Pietro Lo Monaco che senza troppi giri di parole ha spiegato di non avere più le risorse per portare avanti il progetto tecnico ed economico inaugurato tre anni fa e culminato con la retrocessione tra i dilettanti il 30 maggio scorso, dopo due anni costellati di vittorie e polemiche. L’atto d’amore è costato non poco all’ex dirigente del Catania dei miracoli che però, dopo aver stretto la cinghia, adesso si tira indietro con rammarico e delusione: “ho dilapidato un patrimonio costruito dopo tanti anni di lavoro, sono ad un punto di non ritorno, non ho più soldi e dovrò rimettermi in gioco in questo mondo”. Sugli scenari futuri c’è solo nebbia: “ad oggi non c’è un cane che si interessi al Messina e trovare un altro coglione disposto a buttare soldi qui sarà molto dura”. Ma, assicura, “la società è sana ed io non voglio un solo euro. Il Messina inoltre è il lizza per un eventuale ripescaggio in Lega Pro perchè tutti i giocatori sono stati pagati e la società ha solo debiti fisiologici. Lascio lo spazio quindi a chi volesse investire, nonostante tutto”.

Le ragioni della retrocessione, la prima della sua lunga carriera, sono da condividere; se ne prende le massime responsabilità come è giusto che sia, ma non mancano le stoccate ai giocatori, definiti inadatti anche alla prima categoria da un punto di vista prettamente caratteriale, all’allenatore Grassadonia per il quale Lo Monaco ha parlato di “impiego part-time” con chiaro riferimento al master che il tecnico salernitano seguiva a Coverciano e che lo ha tenuto lontano dalla squadra, nei primissimi giorni della settimana, per quasi tutto il suo mandato giallorosso. Condivisione di colpe anche con la città, rea di non aver risposto adeguatamente e anche ad una parte del tifo: non i cinquecento fedelissimi pronti a seguire questa maglia ovunque, ma a “50 farabutti che vogliono il male del Messina e che hanno anche minacciato me e tentato di aggredire mio figlio”.Il riferimento, stavolta, ai fatti successi nel post derby, gara di ritorno, e anche ai numerosi fumogeni lanciati tra il primo ed il secondo tempo della stessa gara che hanno sancito per il Messina multe salate. Messaggi, questi, interpretati come un chiaro antagonismo da parte della proprietà e chissà cos’altro potrebbe celarsi dietro.

Il “J’accuse” procede poi contro l’amministrazione comunale, con la quale rapporto tocca oggi i minimi storici, ammesso che le parti abbiano mai avuto realmente un rapporto: dalla annosa vicenda della gestione del San Filippo per gli imminenti concerti alle famose aree destinate al centro poli-sportivo, passando per la convenzione degli impianti; invettiva culminata con inequivocabili parole: “il sindaco dovrebbe mettere il cemento armato in bocca quando parla del Messina. Solo promesse, solo chiacchiere. Che mi spieghino poi come farà l’amministrazione a concedere in quindici giorni le autorizzazioni per l’agibilità totale del San Filippo, dopo che l’Acr ha giocato per tre anni con la capienza ridotta a 6.900 posti”.
Sulle inadempienze e sullo squallore della Lega Pro ogni commento ed ogni aggiunta sarebbe davvero superflua.

Sancito l’addio l’ex patron lancia infine una sfida all’imprenditoria locale e a Renato Accorinti, al quale viene adesso consegnata la squadra. Nella speranza che non siano questi i titoli di coda, una sola certezza: sarà una lunga e calda estate. @RobertoFazio

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