Non è solo una chiacchiera da bar come ci si potrebbe auspicare, non una provocazione per scuotere la noia della città in una calda giornata di giugno: è una realtà, una questione davvero in discussione, uno scontro tutto calcistico. Una partita che si gioca fuori dal rettangolo verde e che vede schierate due squadre: quella della champions che sarà, da una parte, e quella del derby che è stato, dall’altra.
A distanza di qualche giorno dalla disfatta del Messina che, in casa, è caduto sotto il colpi della storica antagonista, l’iniziativa del IV quartiere di trasmettere la finale Juventus-Barcelona sul tetto del Palacultura non è andata giù ai tifosi duri e puri e neppure ai detrattori della giunta che hanno approfittato per rispolverare gli slogan antiaccorintiani, ignari del fatto che l’organizzazione non partisse da Palazzo Zanca. Il consiglio di circoscrizione presieduto da Francesco Palano Quero, un consiglio giovane e operativo, ha inserito nell’agenda dei compiti per casa quello di restituire (o per meglio dire “consegnare”) l’arena Cicció alla cittadinanza e così organizza iniziative pop finalizzate proprio a rendere fruibile quello spazio, altrimenti lasciato a se stesso.
Ma dopo la Caporetto dello Stretto, alcuni di quelli che ancora leccano le proprie ferite inveendo contro società, Lo Monaco, giocatori, Daspo, misure di sicurezza e simili e piangono gli amici diffidati e quelli appena finiti in manette dopo il match contro la Reggina, ritengono che in rispetto di questo lutto profondo, la città dovrebbe fermarsi e partecipare al pianto antico degli ultras.
Inutile dire che, in questo contesto, l’idea di allestire un punto d’ascolto della finale di Champions League, installando uno schermo nell’anfiteatro all’aperto, non piace a certa tifoseria, alla cui indignazione si aggiunge quella dei “polemici agonistici”, ossia coloro che, pur di gridare e sbattere i pugni, si aggregano alla causa, ricordandosi del furor sportivo solo quando la squadra è bella che andata. Gli stessi che, per intenderci, durante l’anno, commentavano i risultati solo su Facebook ma non alzavano le terga dal divano per andare a sostenere gli undici in campo.
A chi scalpita perché è assurdo che con soldi pubblici si finanzi una trovata simile, i consiglieri organizzatori fanno presente che il tutto sarà realizzato a costo zero (per la collettività) e che le spese vive (vedi SIAE) saranno coperte da fondi privati (si legga pure autotassazione). Fermo restando che “non è assurdo che con i soldi pubblici si finanzi una trovata simile”, per la cronaca. E infatti avviene in tutte le città del mondo!
Ma poi, fatte da parte premesse e precisazioni, non si comprende il nesso tra un momento di comunione sociale come quello proposto dal IV quartiere che, per di più, in maniera intelligente, continua ad offrire l’accesso e la fruizione di una splendida terrazza fino a poco prima interdetta ad un godimento che dovrebbe essere ovvio, e la delusione per una partita che, verosimilmente, ha messo l’ennesimo punto esclamativo alla vita e la storia della squadra cittadina. Non si comprende come si possa pensare di di porre sullo stesso piano un derby di Lega Pro e una finale di Champions League.
Ond’evitare polemiche e possibili disordini (perché si sa che il messinese non protesta per i diritti negati, non scende in piazza per l’assenza di servizi essenziali ma poi per il calcio blocca i traghetti e invade le strade con tanto di cori e bandiere) qualcuno presume che il 6 giugno, la finale di coppa, la si vedrà ciascuno a casa propria e, nel caso in cui gli organizzatori scegliessero di inserire la retromarcia e cambiare programma rispetto a quello iniziale, sarebbe assolutamente comprensibile.
Spiace e amareggia che a fare le regole e stabilire cosa si possa e cosa no, siano per tutti sempre “gli altri”, mentre spesso i migliori mollano la presa (comprensibilmente): così i progetti e la crescita soccombono e con essi, sempre più, la nostra città.
Per fortuna, ad ora, l’evento è confermato nonostante i tentativi di sovvertirlo dei detrattori: forse è la volta buona per far capire che non c’è più spazio per certe messinscena.
E poco importa si sia juventini o meno: il calcio è uno spettacolo non il casus belli per scontrarsi in battaglie all’ultimo sangue o il passepartout per fare la guerra.
Con tutto il rispetto per i tifosi (quelli veri, non quelli da salotto che oggi si lamentano ma per tutta la stagione hanno dimenticato di dare manforte alla propria squadra), la finale vista tutti insieme al Palacultura non è lesa maestà nei loro confronti ma solo un’opportunità di aggregazione per la nostra malata e frammentata comunità. Forza Messina… la città di Messina!