Davide contro Golia. La storia si ripete, e il sassolino lanciato dall’Associazione Mediterranea per la Natura Onlus contro il gigante Terna ha colpito nel segno. Tanto che la stessa potente impresa che gestisce la rete di trasmissione dell’energia elettrica su tutto il territorio italiano, è passata al contrattacco mediatico dopo la conferma del sequestro del palo numero 40 di Saponara, disposta lo scorso 15 marzo dal Tribunale di Messina, che si è pronunciato sulla richiesta di riesame presentata da Terna.
La vicenda, che il nostro giornale segue da tempo, raccontando anche come molti cittadini si siano ribellati al passaggio dell’elettrodotto e quali timori per l’ambiente e la salute alimentino le proteste in questi anni, è approdata alla cronaca nazionale attraverso le colonne del Sole240re, che pubblica le cifre fornite da Terna in un comunicato stampa diramato all’indomani del sequestro, in cui dichiara che “è un grave danno per i siciliani e gli italiani tutti, perché mette a rischio il sistema elettrico e lo sviluppo infrastrutturale ed economico del Paese”.
Ora, fatto salvo il diritto di Terna di difendere i propri interessi, quel che giornalisticamente preme è spiegare ai lettori i meccanismi della comunicazione, spesso confusa per informazione: perchè chi si trova dinanzi all’articolo pubblicato (senza firma) con il titolo “Un palo blocca il maxi-elettrodotto tra Sicilia e Calabria: e la bolletta lievita di 600 milioni l’anno” sappia di trovarsi inanzi ad un’unica fonte, ovvero i dati forniti dall’impresa e che il giornale di Confindustria riporta come verità, scrivendo anche che l’associazione sarebbe una “sedicente” ecologista, e dove si parla di “opposizioni sediziose”.
Confutare i dati di Terna, che esercita il ruolo di TSO (Transmission System Operator) in regime di monopolio in concessione governativa, in base al Decreto 20 aprile 2005 del Ministro delle Attività Produttive, è veramente difficile. Ma ignorare le ragioni altre, ovvero quelle che antepongono l’ambiente allo sfruttamento del territorio (vedi anche la vicenda Muos, o la campagna antitrivellazioni), non è deontologicamente accettabile.
Ecco integrale il comunicato di Terna, inviato anche alla nostra redazione:
Roma, 13 marzo 2015 – 5 anni di iter autorizzativo, oltre 100 incontri e sopralluoghi e i pareri positivi di oltre 80 enti interessati non sono stati sufficienti per assicurare all’Italia e agli Italiani la realizzazione dell’elettrodotto Sorgente-Rizziconi, una delle opere elettriche più importanti per il Paese.
La conferma del sequestro del sostegno n.40, disposta oggi dal Tribunale di Messina, che si è pronunciato sulla richiesta di riesame presentata da Terna, è un grave danno per i siciliani e gli italiani tutti, perché mette a rischio il sistema elettrico e lo sviluppo infrastrutturale ed economico del Paese.
Il ritardo nell’entrata in esercizio dell’elettrodotto Sorgente – Rizziconi è costato ogni anno a famiglie e imprese italiane oltre 600 milioni di euro di mancato risparmio, per un totale, a tutto il 2014, di oltre 4 miliardi di euro. Intanto, 700 milioni di euro di investimento di Terna, che gli utenti elettrici comunque pagheranno in bolletta, sono stati spesi per realizzare un’opera pressoché completata, che non potrà entrare in esercizio per colpa di un sostegno incriminato. E resta critica la situazione del sistema elettrico siciliano, che senza la messa in esercizio di questa infrastruttura fondamentale è a rischio blackout. Per questo Terna è già al lavoro per trovare la soluzione più efficace a completarla e metterla in esercizio nel minor tempo possibile.
E ciò nonostante l’organo preposto alla valutazione, cioè la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Messina, nel corretto esercizio della propria discrezionalità tecnico-amministrativa, abbia ritenuto che revocare il parere positivo già espresso sull’opera avrebbe significato andare contro, e non adempiere, all’interesse pubblico, e che l’autorizzazione sia stata rilasciata dalle medesime istituzioni che hanno poi approvato il piano paesaggistico provinciale.
Nel frattempo, da un punto di vista ambientale, il territorio perde l’opportunità di beneficiare del piano di dismissioni connesse alla realizzazione dell’elettrodotto Sorgente – Rizziconi: fino alla sua messa in esercizio, la cui data è in questo modo procrastinata sine die, non sarà possibile completare il piano di dismissioni connesso alla realizzazione dell’elettrodotto Sorgente – Rizziconi, che prevedeva la dismissione di ben 87 km di vecchie linee, poste in vicinanza di 1151 edifici, 636 dei quali nell’area a elevato rischio di crisi ambientale della Valle del Mela. (@PalmiraMancuso)