Lanciano l’allarme le guardie venatorie della provincia di Messina e puntano il dito sulla scelta di vietare, attraverso una circolare del 2013 emanata dal corpo forestale dello Stato e recentemente entrarata in vigore, l’utilizzo di armi durante il regolare svolgimento del servizio di vigilanza.
La nota arriva attraverso la Questura di Messina che ha ufficialmente comunicato alle associazioni venatorie l’entrata in vigore dei contenuti della circolare.
Una scelta che in queste ore ha scatenato le proteste e la mobilitazione delle associazioni venatorie volontarie che da tempo denunciano il protrarsi di “una condizione di accanimento nei confronti di una categoria che sino ad oggi ha operato e garantito sicurezza personale e risultati soddisfacenti”.
“E’ chiaro che in queste condizioni il nostro servizio è destinato a finire – lamentano i responsabili del comparto vigilanza – siamo sempre più minoranza, visto che le commissioni d’esame sono bloccate da tempo”.
Tra le difficoltà denunciate anche l’indifferenza dell’assessorato regionale, che recentemente ha eliminato in toto fondi e capitoli di spesa destinati al servizio di vigilanza e previsti dalla legge regionale numero 33 del 1997.
“Privi dell’utilizzo delle armi, necessarie per garantire la nostra incolumità, per noi diviene impossibile affrontare situazioni potenzialmente pericolose inerenti l’attività di ispezionamento da noi espletata, con risultati soddisfacenti anche per ciò che concerne la prevenzione del bracconaggio”.
Una presenza, quella dei bracconieri e dei cacciatori di frodo, che continua a imperversare nelle aree di montagna dell’intera provincia.
La crisi economica ha poi complicato le cose, accentuando pericolosamente il manifestarsi di un fenomeno che oggi sta conoscendo una preoccupante recrudescenza: “E’ sempre più frequente imbattersi in bracconieri che commerciano illegalmente carni di cinghiale o di maiale prive di regolari controlli sanitari – sottolineano le associazioni di settore – circostanze testimoniate da numerosi e recenti casi di sequestro nell’area nebroidea effettuati dalla polizia di Stato. Diffuso è inoltre l’utilizzo del porto d’armi di uso sportivo per l’attività venatoria, allo scopo di evadere la relativa tassazione”.
L’assenza di controlli, denunciano i vigilanti, favorisce inoltre fenomeni di criminalità comune: “Si sta diffondendo, da parte di alcuni pregiudicati, l’impiego di fucili presi in prestito da soggetti compiacenti, privi o con matricola abrasa, utilizzati per l’abbattimento di specie protette. Circostanze, queste ultime, verificate dal Noa del corpo forestale dello Stato”.
Diffusa anche la pratica dell‘ uccellaggione: l’impiego cioè di richiami elettromagnetici ed elettronici e il rinvenimento di discariche abusive.
Fenomeni che hanno spinto molte delle sigle associative appartenenti al comparto vigilanza venatoria a rivolgersi alle istituzioni, denunciando l’inopportunità e la pericolosità della scelta di disarmare l’unica presenza di grado di garantire sicurezza e rispetto della normativa.
“Siamo costretti ad assistere ad una gravissima menomazione della sicurezza dei cittadini in generale e della nostra in particolare – denunciano – che si concretizza anche con minacce e danni ai nostri beni”.
L’appello è quello di ritirare presto la circolare nell’interesse della collettività e della pubblica incolumità. (@Emma_De_Maria)