di Michele Schinella – Non c’è né Riduzione in schiavitù, né Alienazione o acquisto di schiavo. Il Tribunale della Libertà apre la porta del carcere per il fratello maggiore e annuncia la libertà per la madre del bambino rumeno di nove anni che – secondo gli inquirenti – era diventato oggetto di compravendita tra loro e i coniugi Lorella Conti Nibali e Calogero Conti Nibali di Castell’Umberto.
Il giovane diciannovenne ha lasciato il carcere di Gazzi nel pomeriggio di ieri 16 marzo. La posizione della mamma di 37 anni sarà verificata nei prossimi giorni: l’udienza del Riesame è stata infatti spostata. Tuttavia, vista la decisione del Tribunale della libertà, che ha bocciato in buona sostanza la qualificazione giuridica del fatto da parte dei due pm, Liliana Todaro e Maria Pellegrino e sposata dai gip di Patti Ines Rigoli e di Messina, Maria Militello, il momento in cui anche la donna potrà lasciare il penitenziario catanese, appare molto vicino.
I due, fratello maggiorenne e mamma, sono in carcere dalla sera del 24 febbraio 2015, quando al porto di Messina i carabinieri hanno bloccato l’auto in cui viaggiavano alla volta di Castell’Umberto in compagnia di due intermediari e del bambino destinato ai coniugi di Castell’Umberto, che lo avrebbero adottato facendolo diventare un loro figlio. Da quella sera il bambino è stato affidato ad una comunità.
Ai due è stato contestato prima il reato Riduzione in schiavitù tentata dai due pubblici ministeri; poi di Acquisto e Alienazione di uno schiavo consumata, secondo la collega di Messina, Maria Militello. La pena prevista va comunque da 8 a 20 anni di galera. I giudici – a sostegno della loro tesi – hanno richiamato la giurisprudenza della Corte di Cassazione, che però – sentenze alla mano, quelle citate dai magistrati – aveva a più riprese affermato esattamente il contrario di cosa hanno sostenuto pm e Gip e cioè che nel caso di compravendita di un bambino uti filius, cioè per l’adozione, non è configurabile né il reato di Riduzione in Schiavitù, né di Alienazione e vendita di uno schiavo. (Vedi articolo correlato che racconta la vicenda)
Se non fosse stato loro contestato un reato così grave, non li si sarebbe mai potuti mettere in carcere: la legge stabilisce che per poter mettere in carcere un indagato prima della condanna definitiva è necessario si proceda per un reato punito nel minimo con 5 anni di reclusione.
Il Tribunale della Libertà sulla base della nuova qualificazione giuridica dei fatti, che esclude un reato così grave, ha revocato il carcere per i due intermediari della compravendita arrestati in auto insieme ai due rumeni all’arrivo a Messina, Francesco Galati Rando (assistito dal legale Decimo Lo Presti), che aveva incassato migliaia di euro, e per il barese Vito Calianno (patrocinato da Alessandro Faramo), che non aveva incassato neppure un euro: Per i due sono stati disposti comunque gli arresti domiciliari.
La posizione dei due intermediari è diversa da quelli della donna rumena e del figlio maggiorenne.
Il Tribunale della libertà, infatti, ha ritenuto che nei confronti di Vito Calianno sussiste, in ipotesi, il reato nella forma tentata di “False attestazioni ad un pubblico ufficiale di qualità proprie o di altri”, reato commesso da “Chi dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona”. Secondo il ragionamento del Tribunale, Calianno, che in Romania ha trattato con la mamma rumena, sapeva che il bambino una volta arrivato in Italia sarebbe stato dichiarato all’anagrafe come il figlio dei coniugi Conti Nibali. Il bambino avrebbe dato un volto al bambino mai nato ma la cui nascita era stata dichiarata il 27 gennaio del 2008: Calianno quindi, secondo questo ragionamento, ha posto in essere “atti diretti in modo non equivoco” a consentire che ciò accadesse.
Nei prossimi giorni il Tribunale della libertà esaminerà la posizione degli acquirenbti “Calogero Conti Nibali (in carcere) della moglie Lorella Conti Nibali (ai domiciliari) e di Vincenzo Nibali (in carcere), tutti assititi da Alessandro Pruiti. Quest’ultimo, cognato dei coniugi acquirenti, affidò l’incarico di trovare un bambino da adottare a Francesco Galati Rando e Aldo Galati Rando (anch’egli in carcere).
Si parte da un dato che secondo la giurisprudenza della Cassazione era pacifico: il reato di Riduzione in schiavitù e Alienazione e acquisto di schiavo non è configurabile nel caso di compravendita di bambino uti filius. (tratto da www.micheleschinella.it)