“Sul banco degli imputati mi piazzano da solo, ma solo lì potranno. Nell’aula e fuori, isolata è l’accusa”. L’11 settembre 2013 la società L.T.F., che dirige i lavori della realizzazione della nuova linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, in Val di Susa, denuncia Erri De Luca per la seguente dichiarazione riportata nel giornale online Huffington Post: “La Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano; sono utili a tagliare le reti. Hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni; il sabotaggio è l’unica alternativa”.
Istigazione al sabotaggio: è questa l’accusa mossa allo scrittore napoletano che, non volendosi dichiarare né vittima né carnefice, difende comunque se stesso e lo fa nel pamphlet La parola contraria (ed. Feltrinelli) e anche pubblicamente attraverso un encomio della parola scritta e detta, rispettata e oltraggiata, ma soprattutto ascoltata, come De Luca ha sottolineato nell’incontro che ieri si è tenuto presso la libreria Feltrinelli: “attraverso i racconti imparavo ad ascoltare la parola, che suscitava in me emozioni, reazioni precise. Le parole hanno formato il mio ascolto e la mia vocazione. Tra i libri che cingevano la mia stanza mi innamorai dell’italiano, che mi piaceva per quelle sillabe supplementari, per il parlare a bassa voce, lentamente. Al contrario della velocità del dialetto, l’italiano se la prende comoda. Il più alto valore, in assoluto, della parola è toccato nella scrittura sacra, in cui diventa evento, creazione, responsabilità del mondo”.
Ma oggi? “la parola pubblica è diventata pubblicitaria per suscitare interesse per quello che dice” e in una sala gremita, che scandisce la lentezza del discorso di De Luca con continui applausi, mostra che la parola “sabotaggio” rientra non solo nel linguaggio democratico, ma anche e soprattutto, per lo scrittore napoletano, nella pratica democratica. “Cosa sono se non sabotaggi lo sciopero, l’ostruzionismo, la diserzione? Io lo ribadisco: la Tav va sabotata! Non posso che confermare tutte le mie parole. Sono reo confesso e, alla sentenza che si svolgerà pubblicamente il 16 marzo, mi presenterò senza chiedere alcun appello, non perdendo tempo. Da un anno e mezzo mi sto curando questa ‘infezione’ che mi è capitata. Il mio reato l’ho reiterato da subito, dichiarando che la Tav va sabotata, in pace e bene, cioè legittimamente e senza commettere violenza. Più che di alta velocità qui si parla di bassa velocità, la Tbv. Voglio solo che mi dicano come ne uscirò, assolto o condannato”.
Sono lame taglienti le parole di De Luca, che non temono anche di affrontare lo spinoso argomento riguardante il suo passato tra le fila della sinistra rivoluzionaria italiana negli anni ’70. Nel pamphlet scrive: “Non intendo pronunciare una sola parola sulla mia vita in un’aula di tribunale. Non sono incriminato per avere fatto, ma per avere detto. Non devo difendere una circostanza del mio passato, ma le mie frasi. […]. Considero un abuso di potere qualunque argomento che coinvolga la mia biografia di cittadino. Qui si processo uno scrittore per le sue frasi. I testimoni che posso presentare sono quelli che hanno letto le mie pagine. Non ne disturberò nessuno. Se crederanno, testimonieranno con un gesto, una firma, una lettura in piazza”.
E ancora scrive: “La parola contraria è stata messa su un piedistallo di valore: penale per i giudici, costituzionale per me. La libertà di affermarla è questione che va oltre il mio caso. Oggi sto sotto minaccia di silenziatore. Non credo che riusciranno a sottometterla fuori di quest’aula, so che non ci riusciranno con me. […]. Per me, da scrittore e cittadino, la parola contraria è un dovere prima di essere un diritto. […]. Vittima per ora è l’articolo 21 della Costituzione italiana. Sono e resterò, anche se condannato, testimone di sabotaggio, cioè: di intralcio, di ostacolo, di impedimento della libertà di parola contraria”.
Sono tante le manifestazioni di sostegno allo scrittore napoletano: da reading nelle piazze alla solidarietà sul web, segnata dalla creazione dell’hastag #iostoconerri. La parola contraria è stata pubblicata anche in Germania, Francia e Spagna. Tra il pubblico presente all’incontro di ieri anche il sindaco Renato Accorinti e membri del comitato No Muos, che hanno espresso pubblicamente il loro sostegno.
E se, secondo De Luca, “l’Italia è un paese drogato dalle deroghe”, questa vicenda, che sicuramente coinvolge De Luca sia come scrittore che come uomo ancora non è terminata. La fine, però, sia con l’assoluzione che con la condanna, certamente rappresenterà un segno non facilmente cancellabile. Ci sarà sempre chi, comunque, starà dalla parte della parola contraria.
(Clarissa Comunale)