Messina è una delle quattro filiali siciliane (con Caltanissetta, Ragusa e Trapani) a chiudere entro il 2018, come previsto nel nuovo piano tagli varato dalla Banca d’Italia. A diffondere la notizia l’agenzia di stampa Radiocor, che annuncia la una nuova cura “dimagrante” per la rete delle filiali che porterà a chiuderne 22 entro tre anni.
Un piano elaborato in autonomia e contestato nettamente dai sindacati interni preoccupati per il futuro dell’istituzione. I sindacati, nell’ambito di un tavolo di confronto con Bankitalia durato oltre un anno, hanno presentato svariate proposte su potenziali nuovi ‘mestieri’ del personale di Via Nazionale specie in vista della riforma della pubblica amministrazione, proposte rimaste tutte inascoltate. La banca centrale, guidata dal governatore Ignazio Visco, dopo il taglio degli emolumenti del direttorio deciso a novembre ha quindi deciso di proseguire da sola con il nuovo piano che riguarda 360 dipendenti sui 7mila totali. A regime saranno 39 le filiali. Il primo taglio della rete fu operato da Mario Draghi nel 2008 e porto’ alla chiusura di ben 39 filiali – dalle 97 originarie – con un risparmio strutturale a regime di 80 milioni annui.
Nel mirino della Banca, secondo il piano presentato dal direttore generale Salvatore Rossi, ci sono le filiali più piccole, quelle specializzate nei servizi all’utenza che negli ultimi anni hanno visto una progressiva riduzione dell’attività. Nell’ultimo biennio, secondo i dati presentati nel piano consultato da Radiocor, è infatti aumentato il divario tra filiali in termini di livelli di attivita’: le 20 presenti nei capoluoghi di regione e le altre 6 ad ampia operatività rappresentano l’80% dell’operativita’ della rete. Il 50% dell’attivita’ e’ svolto dalle prime 10 filiali
I sindacati con maggior rappresentanza in banca hanno avviato proprio oggi la procedura di raffreddamento con la banca, possibile anticamera di iniziative di scioperi.
Nella messa a punto del nuovo piano, via Nazionale ha tenuto conto dei tagli effettuati dalla Bundesbank (che tra il 1999 e il 2013 ha tagliato drasticamente, da 154 a 50, i suoi uffici sul territorio tedesco) e dalla Banque de France (da 211 a 127 dipendenze) con ulteriori interventi in programma nei prossimi anni per entrambe. A novembre il Consiglio Superiore della Banca d’Italia, rivedendo al ribasso i compensi per il Direttorio (450mila per il Governatore, 400mila per il Direttore Generale e 315mila per i Vice), aveva esortato l’istituto a proseguire nell’opera di razionalizzazione che ha portato, nel quinquennio 2009-2014, a ridurre del 7% il numero dei dipendenti e del 14% in termini reali i costi operativi.
Il piano della Banca d’Italia prevede in primo luogo il salvataggio di sei filiali (Agrigento, Sassari, Livorno, Pescara, Lecce e Reggio Calabria), promosse da ‘Unita’ al servizio dell’utenza’ a ‘Filiali ad ampia operatività”, quindi con maggiori incombenze. Segnato il destino per le altre. Nella lista delle sedi da chiudere troviamo tre filiali in Lombardia (Como, Sondrio e Varese), quattro in Sicilia (Caltanissetta, Messina, Ragusa e Trapani), tre in Toscana (Grosseto, Pisa e Siena), due nel Lazio (Viterbo e Latina) e due in Campania (Avellino e Caserta) oltre a Novara, Treviso, La Spezia, Reggio Emilia, Taranto e Cosenza, disseminate lungo lo Stivale. La banca però nel piano non indica un calendario di chiusure: viene soltanto indicata una soglia minima di personale (7 addetti) che, una volta raggiunta, porta all’automatica chiusura della sede anche in anticipo rispetto alla scadenza naturale ultima che vale per tutte, coincidente con la fine del 2018.