Il loro ritorno sulla scena musicale messinese è già stato ampiamente festeggiato lo scorso sabato sul palco del Retronouveau di via Croce Rossa quando, a distanza di 4 anni dalla loro ultima esibizione, i Branches hanno musicalmente riabbracciato vecchi e nuovi estimatori della New Wave “Made in Messina” con circa un’ora e mezza di concerto.
Ma le sorprese, a quanto pare, non finiscono qui visto che il live show di giorno 24 non è stato solo l’occasione per rispolverare qualche vecchio cavallo di battaglia, “Show Me Your Face” su tutte, ma anche il momento giusto per presentare, finalmente, il loro nuovo album, “Old Forgotten Places”, che, anche in questo caso, giunge a distanza di ben 9 anni dall’ottimo “Distance”, pubblicato nell’ormai lontano 2006.
Registrato al Dalek Studio, sotto la supervisione di Claudio La Rosa, la nuova creatura discografica dei Branches mantiene inalterate le coordinate sonore della band con 8 tracce in pieno stile Wave contraddistinte questa volta da un maggior uso dell’elettronica e della drum machine. Disponibile da subito nel classico formato compact disc, che è possibile ordinare direttamente dalla pagina facebook ufficiale della band, o al botteghino del Retronouveau, Old Forgotten Places sarà a breve disponibile anche in versione digitale sul portale musicale Jamendo e si candida da subito come un disco per collezionisti e cultori del genere.
Un piccolo oggetto da collezione visto che i Branches, da sempre, ci hanno abituato a grandi exploit sul piano musicale seguiti da lunghi silenzi per cui, spesso, è stata messa in dubbio anche l’esistenza stessa della band, ormai circondata da un vero alone di mistero.
Non sono ormai un mistero, invece, le 8 tracce che compongono Old Forgotten Places; apre le danze “Sedna” , intro strumentale di 6 minuti dove atmosfere eteree e chitarre ricche di delay fungono da tappeto ad un basso che in questo caso sostituisce la melodia della voce.
“Wake” e “All That Is Left” alzano subito il ritmo, due brani tirati in pieno stile eighties dove l’influenza dei The Cure è ancora presente, soprattutto nella voce di Enrico Russo, cantante e chitarrista della band, così come nelle sonorità del basso, affidato a Giovanni Scuderi, è vivo il ricordo dei Joy Division.
Ma sono gli anni 80 in generale, dalla Wave alla Synth-Wave, passando per il Dark, ad essere ormai un punto di riferimento per la band che, sempre fedele a se stessa, riesce a spaziare con la freschezza dei nostri giorni all’interno di un genere troppo spesso bistrattato da patetici copia e incolla.
“The Sunset Way”e “Interlude” viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda delle precedenti tracce mentre “The Lonely March” rallenta il ritmo e prepara l’ascoltatore al brano più synth dell’intero disco, “Declining Days”, con la drum machine di Giampiero De Francesco e le tastiere di Francesco Forestiere in primo piano. Chiude il disco “On An Ice Place”.
In totale sono 30 minuti di pura New Wave. Adesso, possiamo anche dirlo senza paura di essere smentiti: ben tornati Branches ma, la prossima volta che vi assentate, mandateci almeno una cartolina.
Francesco Algeri (@fralgeri)
Fotografie di @fralgeri