Si presenta sul palcoscenico come il nuovo James Bond, Elio Crifò, che ieri sera e, in replica questo pomeriggio alle ore 17, ha recitato il monologo “La classe diGerente” per la rassegna “Incroci” del cartellone “Laudamo in città”, organizzato dal Daf in collaborazione con il Teatro Vittorio Emanuele.
La ricerca della verità è il nodo attraverso cui ruota l’intero spettacolo, una verità da rincorrere mettendosi alla caccia di volti, nomi e colpevoli del fallimento politico, sociale ed economico italiano. Così “la classe diGerente” si connota per il suo gettare ombre in quella che passa come “l’alta società”: inciuci, malaffare, mafia sono le caratteristiche per indentificare storie di cronaca che hanno scosso l’intera nazione. Attraverso un’ironia mordace capace di rendere immagine le parole, Crifò racconta “Mafia-Capitale” tra i silenzi, l’”essere scemi e ripetere il mantra: Ho fiducia nella giustizia” di chi, in realtà, è completamente centrifugato nel sistema, al caso Concordia, momento di punta dello spettacolo, per cui è stato più forte il senso della proprietà della società Carnival, piuttosto che della difesa della vita, fino alla “donazione mistica degli italiani per il calcio”, ai suoi interessi con la massoneria, alla corruzione, al doping mortale, a “Calciopoli” come caso internazionale, per giungere a chiedersi il motivo di relazioni inspiegabili come quella di Adriano Celentano, grande difensore e paladino dell’ambiente, che aveva cantato nel 2008 al concerto del centenario dell’Inter di Moratti, quello stesso presidente che era al contempo grande raffinatore di petrolio, nella stessa data della prima manifestazione storica contro la raffineria di Moratti.
Crifò procede ad una querelle di nomi di soggetti e società coinvolte nelle storie raccontate, basate su ricerche personali, inchieste giornalistiche, indagini processuali e atti delle commissioni parlamentari.
“Ma la nostra è una democrazia radical chic”, che è serva della dittatura del denaro e degli intrighi mafiosi, come dimostra la trattativa “Stato-mafia”: così, tra le macerie, Crifò conclude lo spettacolo rivolgendo le scuse di tutti gli italiani alle famiglie offese da tale sistema malato: da Impastato a Dalla Chiesa, da Cassarà a Manca, Falcone e Borsellino, dalle famiglie terremotate dell’Aquila a quelle colpite dalla strage di Giampilieri: “scusate se non abbiamo potuto darvi giustizia. Siamo tutti responsabili. Avremmo dovuto dirvi la verità”. Una verità che appare amara, patinata da quello stesso potere che pietrifica il pensiero ed alimenta l’ingordigia. “La classe diGerente” è la classe degli ibridi: buoni e cattivi senza distinzione, di chi esegue, ordina, impara e acconsente. È la classe di chi sputa nel piatto dove ha mangiato, di chi ingerisce lo stesso veleno che ha creato, di chi inganna e dà la colpa ad un altro.
In sala presente anche la famiglia Manca, che, ai microfoni di MessinaOra.it, ha così commentato lo spettacolo: “è uno spettacolo di denuncia colta e sottile, che non dà spazio ad altri commenti se non a quello di una Sicilia e, soprattutto di una Messina, migliore”. (Clarissa Comunale)