Sono le 13.30, manca ormai poco all’inizio del derby che, al San Filippo, latita da otto anni. I tifosi della Reggina stanno facendo il loro ingresso nel settore ospiti, per nulla intimoriti, mentre dalla Sud già si alzano i cori di sfottò nei confronti degli eterni rivali. Prima i sorrisi, poi l’emozione tradisce l’attesa e all’ingresso delle squadre in campo, volgendo lo sguardo verso quella curva quasi piena, ecco i brividi: in cielo si alzano due colonne di fumo, una gialla e una rossa, mentre uno striscione ricorda a chi da troppo tempo ha abbandonato questi spalti l’amore senza differenze e pretese che questa curva ha dedicato negli anni alla maglia biancoscudata. E’sempre più forte l’urlo dei tifosi, mentre quelle colonne di fumo si uniscono in un tuttuno che forma una nuvola di colore,destinata ad invadere il campo e annebbiare la vista. Il cuore batte forte, mi chiedo se sto davvero seguendo una partita di Lega Pro. Mi chiedo cosa ci faccia, il Messina, in Lega Pro, ma rammento anche che non potrò godere più, almeno fino alla fine della stagione, di questo meraviglioso scenario: è la conseguenza del tifo ad ore del calcio moderno.
Poi l’arbitro fischia ed inizia la partita. Che il Messina abbia tanta voglia di regalare una gioia ai suoi tifosi lo si intuisce fin dall’inizio, ma i calabresi non stanno mica a guardare e sulle ripartenze spaventano non poco. Il primo tempo tira via dritto fra sofferenza e batticuore, ma al 40′ il nuovo arrivato che sembra già un veterano, Ciciretti, inventa finalmente per Bortoli, l’uomo che non ti aspetti, la palla dell’1-0 che fa esplodere lo stadio e zittire gli amaranto: “Proprio lui”, direbbe un celebre telecronista. A fine primo tempo volti più distesi ma si sa, il derby sfugge a qualsiasi logica e niente è ancora deciso: “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”, “bisogna chiuderla altrimenti è finita” i commenti più gettonati tra gli addetti ai lavori in tribuna.
Neanche il tempo di finire il caffè e riprendere la postazione che Orlando, il mattatore, spinge in rete il pallone del 2-0 al pronti-via: esultanza liberatoria, abbracci e pugni al cielo, il sogno sta pian piano diventando realtà. La Reggina però è tutt’altro che morta e a perdere non ci sta proprio, non è ancora finita ragazzi! Ma quando Corona mette dentro il pallone del tris giallorosso, capisco che questa partita ha un unico destino: ci ripenso, rivedo nella mia mente il gol, realizzo che con un scatto sui trenta metri Re Giorgio, quaranta primavere sulle gambe, ha bruciato due difensori e piazzato con estrema facilità il suo diagonale. Mi sorprendo, non riesco a proferire parola, poi sorrido: in fondo è Giorgio Corona, colui che può tutto e che non poteva certo mancare in una partita del genere. Potrebbe anche andar già bene così, mentre la Sud gingilla e pregusta il triplice fischio, quando arriva addirittura il poker: si, quattro gol, e che gol quello di Ciciretti, uno che a Messina è solo di passaggio e non perchè questa piazza non lo meriti, ma solo perchè questo ragazzo dal talento cristallino ha già scritto nel proprio destino un futuro luminoso. Il selfie con la curva poi…certo ce lo aspettavamo tutti, ma viverlo è stato oltremodo divertente. Una goduria in piena regola.
Finalmente è finita: ci siamo svegliati, non è la fine di un sogno ma l’inizio della realtà! Tutti indaffarati sulle nostre tastiere, mentre la squadra corre sotto la Sud a raccogliere i meritati applausi di chi il derby lo aveva già vinto a prescindere, da parecchi giorni. Allora smetto per un secondo di scrivere e applaudo anch’io. Poi penso: chissà che questa vittoria non riesca scaldare i cuori dei più duri e spezzi quel triste incantensimo del disinnamoramento nei confronti del Messina. Uniti si vince, oggi la dimostrazione più bella.
Ps:Il selfie di Amato non ha prezzo ma Giorgio che abbraccia e bacia suo figlio dopo aver realizzato il gol è un’immagine che vale più di mille parole. Un’emozione per sempre. (Foto di @RobertoTavilla)