Aveva solennemente promesso che nessuno degli animali ospiti del rifugio di via don Blasco sarebbe stato allonatanato dai locali dell’ex facoltà di Medicina veterinaria e che la sua giunta si sarebbe impegnata, prima di rendere esecutiva l’ordinanza di sgombero del 30 dicembre 2013, a realizzare strutture di accoglienza idonee ed alternative all’interno delle quali accogliere i cani e i gatti di don Blasco.
Promesse che il sindaco Renato Accorinti sembra avere completamente dimenticato, a distanza di un anno dalla pubblicazione del provvedimento di sgombero che porta in calce la sua firma.
Lo scorso 13 gennaio un nuovo documento del dipartimento ambiente e sanità ha reso esecutiva l’ordinanza sindacale 282 con la quale, con il carattere dell’urgenza, si dispone lo sgombero dei locali di proprietà del Comune di Messina.
Un documento che, tra le altre cose, prevede il divieto indirizzato alle associazioni animaliste di immettere all’interno della struttura nuovi cani e gatti, attraverso la consegna lo scorso gennaio da parte dell’Asp di un registro di scarico degli animali attualmente ricoverati, e l’obbligo di rimettere in libertà “i cani e tutti i gatti indicati dall’Asp di Messina”.
Poche e laconiche le soluzioni all’orizzonte, perchè solo per i cani dichiarati non ideonei alla rimissione nel territorio, secondo quanto previsto dal provvedimento attuativo di sgombero, si apriranno le porte del canile convenzionato di Millemusi.
Nessuna soluzione, che sia differente dall’abbandono in strada, è invece prevista per la colonia felina residente a don Blasco; sebbene la legge 15/2000 stabilisca che “nessuna colonia può essere rimossa dal proprio habitat se non per ragioni di igiene pubblica”.
L’assenza di risorse finanziarie sino ad oggi aveva “impedito” di procedere allo sgombero dell’area, questo almeno sino allo scorso 31 dicembre quando, con l’approvazione del bilancio consuntivo 2014, al dipartimento sanità e ambiente sono state assegnate risorse finanzarie non ancora quantificabili ma sufficienti da destinare allo sgombero.
Premesse alla luce delle quali da palazzo Weigert si sollecita l’Azienda sanitaria provinciale a “predisporre gli atti di competenza relativi alla remissione sul territorio del maggior numero di cani e di gatti nelle colonie feline su strada”, quella stessa strada dalla quale sono stati salvati e sulla quale hanno patito la fame e subito maltrattamenti e mutilazioni.
Una contraddizione in termini, visto che le colonie, grazie anche alla mancata attuazione dell’ordinanza sindacale a tutela delle libere colonie feline, unitamente all’assenza di una capillare campagna di sterilizzazione da parte della locale Asp, allo scopo di prevenire nuove nascite, e di vaccinazioni, allo scopo di garantire la salute degli esempari che vivono sul territorio, sono il costante bersaglio di reteirati episodi di violenza.
Si conclude così, amaramente, la vicenda don Blasco, con una serie di promesse tradite da parte di un sindaco che “animalista” è solo sulla carta.
Molti in questi mesi avevano dimenticato l’ordinanza sindacale, rassicurati dalle dichiarazioni del primo cittadino e dell’assessore al benessere degli animali Daniele Ialacuqua che, pubblicamente, avevano garantito come nessuno sgombero sarebbe mai stato attuato senza la preventiva individuazione di soluzioni in grado di garantire il benessere esclusivo di animali che non potevano tornare sul territorio: “Andate oltre il burocratese – avevano commentato – come amministrazione agiremo nell’interesse esclusivo degli animali e, a questo scopo, stiamo lavorando al fine di realizzare nuove strutture all’interno delle quali trasferire i cani e i gatti ospiti di don Blasco”.
Silenzio invece sulla data di esecuzione dello sgombero, rispetto al quale però si investe il dipartimento manutenzione immobili “affinchè la struttura di don Blasco venga chiusa nell’immediatezza al fine, una volta sgomberati i locali, di evitare l’immessione al suo interno di nuovi animali”. (@Emma_De_Maria).