“Quei quadri nell’aula del Consiglio comunale offendono la città di Messina, vanno rimossi”. E’ questo quanto richiesto dalle associazioni Vento dello Stretto, Amici del Museo, Zda – Zona D’Arte e Fare Verde Onlus e dagli studiosi Franz Riccobono e Nino Principato, in merito ai dipinti “Allegoria della restituzione di Messina alla Spagna” e “Inaugurazione del Parlamento a Palermo nel 1671”, in una lettera rivolta alla presidente dell’assemblea, Emilia Barrile, e al presidente della commissione Cultura, Piero Adamo.
L’istanza fa seguito “ad analoghe richieste inoltrate alle precedenti Amministrazioni, e rimaste purtroppo inevase, nonché alle sollecitazioni avanzate a palazzo Zanca da studiosi della storia della città di Messina, su tutti Riccobono e Principato”. Ferdinando Croce, Marco Grassi, Marina Trimarchi e Piero Gatto, in rappresentanza rispettivamente di Vento dello Stretto, Amici del Museo, Zda – Zona D’Arte e Fare Verde Onlus, riprendendo proprio le tesi di Riccobono e Principato, ricordano che “nella sala del Consiglio comunale, luogo simbolo della democrazia e del governo della città, ormai da anni, precisamente dal 1994, è esposto nell’indifferenza generale una riproduzione, peraltro di scarsissima qualità, del quadro ‘Allegoria della restituzione di Messina alla Spagna’, il cui originale si conserva al museo del Prado di Madrid, eseguito da Luca Giordano nel 1678, anno in cui aveva fine la rivolta libertaria antispagnola scoppiata a Messina dal 1674 al 1678 e la città ribelle ritornava sotto l’impero spagnolo”.
Un’opera, pertanto, “gravemente lesiva della dignità dei messinesi”. “La nostra città – spiegano gli scriventi – è allegoricamente raffigurata al centro del dipinto in sembianze di donna con in testa una corona a tre torri, antico emblema civico, e nuda perché spogliata di tutti i suoi privilegi, che invoca clemenza alla Spagna. La città ribelle, poi domata, venne dichiarata dalla Spagna ‘morta civilmente’ ed ebbe soppresse tutte le sue istituzioni civiche che l’avevano resa opulenta e famosa in tutta Europa: la Zecca, il Senato, l’Università, l’Ordine dei Cavalieri della Stella. E’ evidente che un’opera con tale significato non può e non deve trovare posto nella sala del Consiglio comunale della città”.
Oltre alla rimozione, le associazioni e gli studiosi suggeriscono la sostituzione con “la grande tela dipinta da Letterio Subba a metà Ottocento raffigurante ‘La Battaglia della Darsena’ episodio esaltante della nostra storia, in difesa della fede. Questo dipinto, facente parte delle collezioni del Museo regionale di Messina – proseguono – è attualmente in deposito temporaneo in una sala del teatro Vittorio Emanuele di Messina”.
Anche il pannello di fronte al quadro incriminato, “seppur non oltraggioso ed infamante come il primo”, sembra non meritare di campeggiare nell’aula: “Quest’ultimo quadro, una stampa anch’essa di scarsa qualità, raffigura la ‘Inaugurazione del Parlamento a Palermo nel 1671’ di Filippo Giannetto, evento importante ma che certamente poco ha a che vedere con la storia di Messina. In questo caso, lo spazio reso libero dalla rimozione della stampa potrebbe essere arricchito con la riproduzione dei cinque stemmi araldici che nei secoli hanno rappresentato la Città di Messina o, attraverso un concorso di idee, con un’opera che rappresenti la bellezza della Falce e la grandezza e le potenzialità di Messina come città di mare e portuale”.