Evvivaddio il nostro giornale è talmente pluralista che non sia da scandalo se il direttore e il vicedirettore possano avere una visione diversa di un fatto che, a parere di chi scrive, è prima politico e culturale, poi semmai “legale”.
L’esperienza dell’ex Teatro Pinelli, è infatti, ad una attenta analisi della recente storia politica cittadina, tra le poche espressioni di una vitalità generazionale che si muove affrontando tematiche di ordine non strettamente provinciale, dando quel respiro alla città che ha portato fin sullo Stretto anche lo street artist Blu: un regalo che, questo si, l’amministrazione non ha adeguatamente conservato lasciandolo alla mercè di volgari vandali politicizzati.
E per rispondere a chi obietta parlando di legalità e illegalità, penso a quando era illegale sedersi nei posti riservati ai bianchi, finchè Rosa Parks non violò quella norma del codice. Anche Peppino Impastato creò una “radiopirata” trasmettendo illecitamente secondo le tecnologie in vigore.
La legge naturale che attiene i diritti umani, infatti, nulla ha a che vedere con le leggi espressione di una cultura politica. Ecco perché credo che usare il metodo dell’occupazione non sia soltanto una forma di trasgressione delle regole, piuttosto un’amplificazione di esigenze che attendono nuove regole. Come quelle sull’uso dei beni comuni: dall’acqua, alla conoscenza, all’ambiente.
Nel caso di Messina ci sono poi dei fatti concreti: ci sono stati luoghi riaperti, da molti sconosciuti (vedi il Parco Aldo Moro), che dopo essere diventati spazio di aggregazione e laboratorio continuo di arte e musica, tanto che anche il bravissimo Tony Canto ha realizzato nell’ex casa del portuale il video di Poco Poco, sono tornati ad essere abbandonati e vandalizzati, meno sicuri e degradanti per l’intera città.
La riflessione che scaturisce dalla nuova occupazione della ex scuola Foscolo introduce piuttosto un dibattito sul definitivo scollamento tra quell’area che ha affidato all’amministrazione Accorinti alcune aspettative ben definite e che pensava di poter per l’appunto usare gli strumenti della politica e della legge per modellare una città che rispecchiasse l’evidente necessità di cambiamento.
Un percorso fermato anche da certo opportunismo politico, che ha semplicemente ripreso forma. E con più maturità. Cercando di essere più inclusivi, nonostante il nome che il collettivo ha scelto si collochi in un preciso contesto che la storia fortunamente ha superato.
I pinelliani… De Andrè li impiccherebbe con una corda d’oro. (@Palmira Mancuso)