La politica del “largo ai geometri” non paga, un anno e mezzo di Accorinti ha cambiato poco Messina

All’indomani delle critiche dello sbarco di Santo Stefano, il sindaco ha testualmente scritto che “appare inoltre fuori luogo, forse perché mal riportato dalla stampa, citare una presunta assenza del Comune in quanto i reperibili del servizio di Protezione Civile comunale, nella fattispecie il Geom. Mancuso, il Geom. Contestabile e l’operatore Guarnera si sono recati sul posto e hanno consegnato, come testimoniato del resto dalle ricevute di consegna, le tende che erano state richieste e che poi qualcuno ha deciso che non dovessero essere montate”. Due cose, oggi, 31 dicembre 2014, vanno probabilmente estrapolate dall’arringa difensiva di Renato Accorinti. L’espressione “mal riportato dalla stampa” e la presenza di due geometri (Geom. come scrivono in Comune), su tre operatori, per far fronte al più massiccio sbarco di migranti che Messina abbia mai registrato. Due punti chiave per capire perché, a un anno e mezzo dall’ingresso del primo cittadino e della sua Giunta a palazzo Zanca, segni tangibili di cambiamento se ne trovino davvero pochi.

I bilanci, proprio al 31 dicembre, sono doverosi. Soprattutto alla luce dell’attacco di Accorinti per il quale, evidentemente, solo una distorsione dei fatti da parte della stampa locale fa apparire la città dello Stretto peggiore di quanto non sia realmente. Pertanto, onde evitare strumentalizzazioni, vale la pena, come sempre si fa, partire dalle mere situazioni di fatto. In particolare, dai cavalli di battaglia del primo cittadino: i migranti, tanto per restare in tema. Le critiche mosse all’uomo della pace non possono prescindere dai proclami da lui fatti in tutte le salse sulla fondamentale importanza di accogliere i fratelli africani. Meno che mai se, a richiamarlo alle proprie responsabilità, nel tempo, sono stati sia il prefetto che la sua ormai ex esperta, Clelia Marano. Con particolare attenzione alle condizioni dei minori, totalmente abbandonati al loro destino in forza della promiscuità con gli adulti e dei rischi che questa comporta. Proprio la Polizia di Stato, e non i giornalisti, hanno portato all’attenzione della città terribili storie di abusi. La stampa è stata solo un mezzo per diffonderle. Se questo è accogliere il prossimo in difficoltà, propongo di eleggere il mostro di Foligno Buon Samaritano dell’anno.

A proposito, che fine hanno fatto gli ultimi? Accorinti si è fermato alla Casa di Vincenzo. Opera encomiabile e sacrosanta. Ma poi? Cosa è stato fatto, per esempio, a due mesi dalla denuncia di uno sconcio come il degrado al quale è condannato E.V.? Per non parlare dell’emergenza abitativa in generale, della morosità incolpevole: a fronte delle insistenti richieste delle associazioni, si è ancora alla compilazione delle graduatorie. Sono i sindacati, e non i giornalisti, del resto, a eccepire che i servizi sociali sono tornati indietro nel tempo. E’ stato solo un compromesso, scevro da qualunque ipotesi di pianificazione a breve o lungo termine, a salvare in corner asili e quant’altro dall’estinzione, servendosi dei fondi Ecopass, tirati fuori dal cilindro dopo una gestione a dir poco misteriosa.

Degrado, a queste latitudini, fa rima con rifiuti. Cosa è cambiato a Messina nell’ultimo anno e mezzo? La discarica di Mazzarrà Sant’Andrea non c’è più, ovviamente non per colpa di palazzo Zanca, e si combatte periodicamente per trovare soluzioni tampone. La Tari, il tributo che sostituisce la Tares, come certifica il Creef, il centro studi di Federconsumatori, è l’ottava più alta d’Italia. A fronte di quale servizio? Dicano il sindaco o l’assessore al ramo, Daniele Ialacqua, se qui gli utenti beneficiano dell’ottavo miglior servizio del Paese. Sorvolando – la questione è annosa e complessiva – su una terra circondata dal mare in cui periodicamente manca l’acqua negli appartamenti.

Di apprezzabile, c’è di sicuro l’aumento dei mezzi pubblici e la maggiore severità con cui vengono sanzionati gli automobilisti indisciplinati. Idem per la battaglia all’ambulantato selvaggio o per il mantenimento dei presidi ospedalieri in merito al quale, a differenza altrui, a Messina Ora non sembra di rinvenire specifiche responsabilità in capo al sindaco. Lo stesso non si può dire per i tir che, esattamente come un anno e mezzo fa, scorrazzano liberamente perché Accorinti si ostina a puntare su un’opera, il porto di Tremestieri, nata per non decollare mai a causa di limiti congeniti. Lo hanno certificato fior di ingegneri, perché mai non arrendersi all’evidenza dei fatti? Persino il Garante della concorrenza e del mercato ha sancito l’inadeguatezza dello scalo. O la colpa dei continui insabbiamenti è dei giornalisti? Di quelli, magari, che hanno sostenuto il sindaco nei suoi famigerati blocchi sul cavalcavia, all’uscita dal molo Norimberga?

Forse è dei giornalisti la colpa del provvedimento del Tar che ha riportato l’isola pedonale alle dimensioni di un anno e mezzo fa? Forse l’isola c’è ma viene riportata male sui mezzi di informazione? E dire che proprio i giornalisti ci hanno messo la faccia, più di una volta, per difenderne il diritto all’esistenza in vita. Se zelo e puntualità in egual misura fossero stati profusi dai vertici comunali, tecnici inclusi, oggi magari si parlerebbe di ben altro.

Ma, se nemmeno la nuova pista ciclabile cittadina viene sfruttata, il ritardo, come spesso ricorda Accorinti, potrebbe essere culturale. Del resto, lui aveva aperto il Comune a tutti. Consapevole che, se qualche consigliere comunale fosse andato a trovarlo, se la sarebbe squagliata dal retro. Però, anche questa, sebbene ripresa dalle telecamere di MessinawebTv, pare sia solo una mera invenzione dei media. La trasparenza, come insegnano la vicenda della nomina di Antonio Saija quale sovrintendente del Teatro Vittorio Emanuele, a dispetto dei suoi molteplici e probabilmente incompatibili incarichi, o quella dell’ufficio stampa dello stesso Ear, è un valore a cui il sindaco tiene. Al punto da dimostrare nei fatti come sia meglio affidarsi all’usato sicuro e non cambiare proprio nulla rispetto al passato. Al punto che nemmeno del decentramento, nobile forma di partecipazione democratica alla cosa pubblica, si vede l’ombra. Malgrado sia previsto dalla legge.

Cosa sia cambiato in concreto, in questa città, in un anno e mezzo di amministrazione rivoluzionaria, è davvero difficile da percepire. Due dei quattro consiglieri comunali di Cambiamo Messina dal Basso, Nina Lo Presti e Gino Sturniolo, sono usciti dal gruppo, come novelli Jack Frusciante, proprio perché delusi. Soprattutto dalla strategia condotta in termini di bilancio. Certo, il Consiglio comunale tutto ha precise responsabilità sotto tanti punti di vista. A partire dal nulla spinto che spesso va in onda in aula. Passando per il nuovo regolamento sulla Cosap che i commercianti che occupano lo spazio pubblico attendono da mesi, per non farsi strangolare dalle tasse, e che continua a marcire nei cassetti come niente fosse. Però, come Sturniolo e Lo Presti hanno a suo tempo obiettato, con il piano decennale di riequilibrio, sono gli onesti, i contribuenti, i deboli a farsi carico del peso degli errori generati da anni di malapolitica, senza che questa Giunta faccia nulla per portare a galla, insieme alle relative sanzioni, i nomi dei responsabili dell’ancora potenziale dissesto.

Ma può davvero, tutto questo, essere colpa dei giornalisti, per quanto scarsi possano essere? Può mai essere colpa della stampa cittadina avere toccato il fondo, arrivando all’ultimo giorno dell’anno per l’approvazione – si spera – di un bilancio di previsione? Le colpe sono tante, diffuse. Anche i mass media hanno le proprie. Indubbiamente. Ma non sono quelle addebitate loro dal questo sindaco che, facendo il conto della serva, tranne l’incremento ancora in progress degli autobus, in un anno e mezzo, non è ancora riuscito a cambiare nulla. Sicuramente perché decenni di degrado non si curano in un anno e mezzo. Altrettanto sicuramente perché non è scaricando sugli altri la responsabilità politica del proprio operato che si cresce e si fa crescere un’intera comunità.

Magari, mettendo le persone giuste al posto giusto, evitando che l’accoglienza dei migranti sia affidata ai geometri e che si insista sulla validità di uno scalo portuale a prescindere dal parere di tecnici qualificati, si potrebbe iniziare a ottenere qualche risultato in più. Ma noi siamo giornalisti e, come è noto, abbiamo un’incompetenza enciclopedica: non capiamo niente di niente. Quindi, che i bilanci – quelli civici – li facciano gli elettori, i cittadini. Siano loro a dire se sono contenti del cambiamento che al momento, a chi scrive, sebbene animato da tante aspettative, sfugge.

Se sono rose… cambieranno. (@FabioBonasera)

 

 

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