Il deputato regionale Giuseppe Picciolo, capogruppo dei Drs all’Ars, è stato condannato a due anni e sei mesi per calunnia nell’ambito di un processo scaturito sulla vicenda dei cosiddetti ‘corvi’ che avrebbero inviato lettere anonime sui palazzi della politica messinese. Le lettere, inviate tra l’agosto 2006 e il giugno 2007 anche alla Procura di Messina, erano attribuite a terzi. In realtà, verificarono gli inquirenti, erano state vergate da Picciolo.
Assolto per non aver commesso il fatto l’ex consigliere comunale Francesco Curcio.
Picciolo è stato invece assolto sempre nell’ambito del medesimo processo per un’altra lettera perché sopravvenuta la prescrizione. Picciolo e Curcio militavano insieme nel Pd ed avrebbero siglato due missive, indirizzate all’ex sindaco Francantonio Genovese, alla Procura ma anche ad altri uffici, accusando l’ex assessore comunale, avvocato Antonio Catalioto, e l’ex commissario liquidatore di Messinambiente, Antonino Dalmazio, di una cattiva gestione di alcune vicende, adombrando reati.
Le lettere, inviate tra l’agosto 2006 e il giugno 2007, erano attribuite a terzi. In realtà, verificarono gli inquirenti, erano state vergate da Picciolo. Curcio avrebbe sostanzialmente sviato le indagini in merito a una delle due lettere.
Le due parti civili, Dalmazio e Catalioto, si sono costituite parti civili, soltanto contro Picciolo.
Quest’ultimo deputato regionale continuerà comunque a occupare il suo posto all’Ars perché la legge glielo consente. Solo in caso di condanna in appello potrebbe essere sospeso.
“Non spetta a me commentare la sentenza del Tribunale di Messina con cui sono stato condannato per un reato che avrei commesso nel 2007 – dichiara Picciolo – Con la stessa sentenza, però, sono stato assolto perché il fatto non sussiste per altri due capi d’imputazione mentre per un terzo è stata dichiarata la prescrizione. E’ soltanto una decisione di primo grado che i miei legali, depositata la motivazione, impugneranno. Non intendo sottrarmi, invece, tenuto conto della funzione politica che ricopro, a trarre, sin da subito, alcune conclusioni anche se non dovute. Sia ben chiaro che non ho approfittato della funzione che ricopro all’ARS, né ho commesso reati contro la pubblica amministrazione. La stessa legge “Severino”, che ha inasprito pesantemente le sanzioni amministrative nei confronti dei politici sottoposti a procedimenti penali, infatti, per il mio caso non prevede alcuna conseguenza. Lunedì, tuttavia, depositerò, formalmente, per il rispetto che nutro nei confronti delle Istituzioni le dimissioni da capogruppo del PDR, e da componente la Commissione Regionale Antimafia. Per il resto continuerò a difendermi nei Tribunali per dimostrare la correttezza delle mie azioni”.
“Il castello accusatorio, pur con la sentenza di condanna, è stato ampiamente ridimensionato”. Lo evidenzia il collegio di difesa dell’on. Giuseppe Picciolo. Rispetto ai 4 capi di imputazione – hanno evidenziato gli avvocati Candido, Gangemi e Versaci – ne è rimasto soltanto uno; certamente la sentenza, sia pur di primo grado, è sorprendente per quanto riguarda la pena irrogata che è andata ben oltre la richiesta della stessa pubblica accusa. Attenderemo di leggere le motivazioni ma, già da subito, consapevoli della piena innocenza dell’amico Beppe Picciolo annunciamo che, ovviamente, proporremo appello”.