“Eppure tutti i dipendenti del Comune pagano il parcheggio oppure girano finché non ne trovano di liberi nelle zone limitrofe… da oggi la loro sfortuna è non essere giornalista… io sono contrario anche allo stallo riservato per Consiglieri e Giunta – tanto per capirci – [privilegi medievali]”. Interviene così, oggi, in un post sulla propria bacheca Facebook, Giampiero Neri (Giampiero Già per il social network), in merito ai pass concessi alla stampa messinese per parcheggiare in largo Minutoli al fine dello svolgimento delle rispettive prerogative a palazzo Zanca.
Giampiero Neri, come molti sapranno, è il portavoce del sindaco, Renato Accorinti, ma – messo al corrente del fatto che il suo commento sarebbe stato oggetto di un articolo – ha precisato preliminarmente di intervenire a titolo assolutamente personale.
Nell’Italia delle caste, della morte del ceto medio e della sempre più marcata distanza tra i ricchi e i poveri, delle ingiustizie sbattute in faccia ai contribuenti onesti, è comprensibile che anche provvedimenti del genere, un tempo rientranti nell’ordinaria amministrazione, possano apparire, come lui stesso afferma, privilegi medievali. Eppure, quando si prendono simili posizioni, si dovrebbe tenere conto di alcuni aspetti talmente sotto gli occhi di tutti da passare il più delle volte inosservati. Leggendo gli interventi a corredo della miccia innescata da Neri, vengono in effetti fuori le considerazioni della gente comune, nel cui immaginario il giornalista pare sia un nobile facoltoso che vive nella più assoluta agiatezza, al riparo da sacrifici o rinunce.
Ed è proprio da qui che la madre dei malintesi inizia a partorire senza soluzione di continuità. A fare cadere, con un solo colpo, le obiezioni di colui che dovrebbe essere l’interfaccia privilegiata del primo cittadino con i giornalisti, del resto, è proprio il ruolo che questi ultimi ricoprono nella società: informare i cittadini affinché siano coscienti del bene e soprattutto del male che c’è intorno a loro. Perché solo una persona consapevole e informata può aspirare a essere più libera. Per questo motivo, è lo stesso ordinamento giuridico a sancire il diritto/dovere di cronaca.
Sono i giornalisti l’ultimo baluardo contro l’ignoranza dilagante. Coloro che fanno sapere alla gente comune di cui sopra cosa accade dei palazzi. Coloro che raccontano se ci sono comportamenti virtuosi o viziosi da parte degli amministratori pubblici. Sono i giornalisti a mettere il loro nome sotto notizie in cui si riferiscono le peggiori gesta che l’essere umano è capace di compiere, dagli stupri, alle violenze su donne e bambini, fino agli omicidi.
E come crede, la persona comune, che il giornalista ottenga le informazioni da diffondere affinché tutti siano un po’ più consapevoli? Lo fa passando giornate su giornate in strada, negli uffici, sotto la pioggia battente o sotto il sole cocente, senza sabato o domenica, senza rientri anticipati, senza ponti festivi. E, come nell’occasione che ha scatenato la polemica da cui è scaturita l’assegnazione dei pass, si ritrova a essere convocato d’urgenza per una conferenza stampa di particolare rilevanza proprio dal Comune, dal sindaco di cui Giampiero Neri è portavoce. E lascia qualunque cosa per arrivare tempestivamente. Care persone comuni, a voi piacerebbe se il vostro sindaco vi convocasse d’urgenza e, mentre siete lì, al suo cospetto, i vigili urbani da lui comandati vi multassero? Punendovi per avere cercato di fare al meglio il vostro dovere, ovvero quello di aiutare la cittadinanza a maturare una coscienza civile che le permetta di ribellarsi ai soprusi sempre più diffusi che proprio gli amministratori pubblici compiono?
Proprio per questo è grave che una simile critica provenga dal portavoce di un sindaco che è noto per battersi a spada tratta e da anni perché democrazia e pluralismo possano trionfare. Come si pensa che ciò possa avvenire se il primo passo è di tentare di rendere più difficile la vita di chi deve diffondere la conoscenza? O la gente pensa che l’informazione corretta sia quella che arriva direttamente dai palazzi, senza filtri, senza il controllo da parte della stampa?
Vorrei concludere soffermandomi sul termine Casta. Se con questa espressione si intende chi lavora senza vincolo di orario, anche sette giorni su sette, senza ferie pagate, senza ammortizzatori sociali, rischiando la propria incolumità fisica e quella dei propri cari, o l’esclusione sociale, per via di notizie scomode pubblicate ai danni di personaggi violenti o potenti contro cui le persone comuni quasi mai hanno il coraggio di prendere posizione firmando con nome e cognome, allora è vero: siamo una casta. Se con questa espressione si intende il lavoro sodo, che produce risultati ogni santo giorno, con il rischio sempre più diffuso di perdere il posto, di non vedere un centesimo e di rimediare addirittura querele che potrebbero comportare l’esborso perfino di centinaia di migliaia di euro, è vero: siamo una casta.
Ma se, per puro caso, per casta si intendessero coloro che, a migliaia, da anni scaldano la sedia senza produrre i servizi per cui le persone comuni di cui sopra pagano, ingolfando oltremodo la burocrazia e privando la gente per bene dei propri diritti sacrosanti. Se per casta si intendessero color che hanno il sabato e la domenica liberi, al pari di molti pomeriggi della settimana, che nell’Italia dei disoccupati sempre più disperati percepiscono comunque lo stipendio ogni mese senza sgarrare anche se non hanno prodotto che guasti che possono costare pure la vita. Se per casta si intendessero coloro che, qualunque errore dovessero compiere, non pagheranno mai di tasca, ma col denaro della collettività nella quale rientrano pure quelli che hanno danneggiato. Se per casta si intendesse questo, io ci penserei bene a chi assegnare l’etichetta di privilegiato. E se il posto pubblico fisso è davvero così brutto, che vengano a fare cambio con noi giornalisti. Sono certo che in molti si sacrificherebbero volentieri, rinunciando perfino all’ambito pass per il parcheggio di largo Minutoli.
Se son rose… coglieranno l’occasione per tacere. (@FabioBonasera)