Stanno lì, ammassate e abbandonate all’aperto in uno degli spazi dello sconfinato e altrettanto abbandonato quartiere fieristico -nell’area dell’ex gazometro più precisamente- : sono le bici/arredo che fino a qualche giorno fa erano posizionate nella tanto discussa isola pedonale (ei fu!) e che lunedì sono state portate via e accantonate da qualche parte. La parte in questione è la fiera e viene spontaneo il parallelismo tra questi due simboli di degrado e arretratezza della nostra città, come se si trattasse dello scontato epilogo di una favola gotica la cui morale vuol essere: “Visto? Tutto è destinato a fare la stessa fine, a Messina!”. La cosa davvero incredibile è che chi di dovere non dica una parola, non manifesti un minimo di vergogna e non chieda pubblicamente scusa ne dia spiegazioni. Nessuno sembra sapere niente; nessuno dice niente dai palazzi. Fortunatamente, c’è da ammettere, esiste il web e così delle foto amatoriali che ritraggono quelle bici l’una di fianco all’altra, fanno il giro delle bacheche di Facebook sollevando un’enorme indignazione negli internauti.
Non c’entra più soltanto la lotta fratricida tra i pro e i contro isola, qui l’indignazione è dei messinesi tutti e così deve essere. Ciascuna di quelle bici è stata donata da chi voleva dare un proprio contributo per abbellire la città, è stata trasformata in un oggetto d’arredo artistico da artigiane che dopo aver portato a compimento il lavoro hanno anche controllato e gestito la manutenzione dei pezzi danneggiati dai vandali della prima e della seconda ora, sono state acquistate dai commercianti di zona che si sono autotassati per rendere lo spazio pedonale più gradevole alla vista.
Sono le bici su cui sono scritti i nomi di vecchi proprietari o persone care a questi, sellini su cui in tanti si sono seduti per fare una foto ricordo – dai turisti ai messinesi in preda alla tendenza del selfie – panchine su cui gli anziani si sono riposati sorvegliando i nipoti in bici, dove qualcuno si è appoggiato a mangiare un gelato o a leggere un libro: immagini che mai avremmo pensato di vedere nella nostra Messina. E quei pezzi d’arredo possono raccontare quest’esperienza vissuta nel brevissimo periodo d’esistenza dell’Isola della discordia.
Quei pezzi che nessuno reclama, che nessuno difende, che oggi stanno lì buttati e già scordati nell’indifferenza generale, come nell’indifferenza generale resta la fiera tutta: uno spazio immenso conteso, umiliato, offeso, occupato, sgomberato d’urgenza e sempre più mortificato.Un’isola gigantesca dove mille bici, innumerevoli pedoni, centinaia di panchine e fioriere potrebbero (e dovrebbero) dominare incontrastate come in uno straordinario parco nel cuore della città, invece sta lì tra cancelli chiusi, depositi abbandonati, sterpaglie e sozzure, in balia dell’indecisione del cosa farne. Rendere Messina una città normale è un concetto buono solo per le campagne elettorali poi scompare nel baratro ogni progetto di riqualificazione, di restauro, di programmazione, di impegno e di restyling. In fondo la questione è sempre la stessa e quelle immagini, che stanno indignando a mezzo social, sono solo l’emblema della messinesità. (@eleonoraurzi)