I precari del Teatro Vittorio Emanuele non hanno diritto alla stabilizzazione. Lo hanno sancito un’ordinanza del Tar di Palermo e una sentenza del Tribunale del lavoro di Messina, emesse nel giro di qualche settimana. Una situazione che contribuisce ad alimentare l’ansia e la paura tra le maestranze ma alla quale proprio i vertici dell’Ear pare stiano tentando di porre rimedio, come conferma uno dei direttori artistici, Giovanni Renzo.
Tutto nasce con il ricorso depositato nel luglio 2012 da due professori dell’orchestra del Vittorio Emanuele per prestazioni che affondano le radici già nella seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso. Istanza rigettata, il 28 ottobre scorso, dal presidente del Tribunale, Giuseppa D’Uva, che ha smontato la tesi dei ricorrenti che rivendicavano di avere lavorato in base a una sequela di contratti subordinati a termine. Per il giudice, “i contratti tra le parti sono legittimi”. Non solo non è stato superato il termine di 36 mesi richiesto per la conversione in un rapporto di lavoro stabile ma, se anche ciò fosse accaduto, non c’è continuità, semmai sporadicità e intervalli di tempo “ben ampi” tra una prestazione e l’altra.
D’Uva aggiunge che ai lavoratori non può essere applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro delle fondazioni liriche e sinfoniche ma quello regionale, essendo l’Ear un ente pubblico non economico sottoposto al controllo della Regione, dipendente dai trasferimenti economici di quest’ultima.
Confutato un altro presupposto: la previsione di destinare alla stabilizzazione dell’orchestra il 20% del contributo regionale, a partire dal 2005, come previsto dalle leggi 4/2003 e 17/2004, “ha una portata programmatica e non precettiva”. Pertanto, non implica l’obbligo della stabilizzazione stessa.
A corroborare questo orientamento, è il Tar di Palermo. L’Ear, lo scorso febbraio, ha chiesto e ottenuto dall’assessorato regionale del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo di impiegare diversamente il contributo. Il relativo decreto assessoriale è stato impugnato davanti al Tribunale amministrativo da 12 professori d’orchestra con esito negativo. Un’ordinanza dell’11 settembre scorso respinge la richiesta di sospensiva e sancisce che ai fini della stabilizzazione è necessario un concorso, non essendo sufficiente la chiamata diretta. Senza dimenticare che la Regione Siciliana, a causa dello sforamento del patto di stabilità, ha imposto a tutte le istituzioni che beneficiano di trasferimenti diretti, tramite la legge 25/2008, il blocco delle assunzioni, sia a termine che sine die.
Stando così le cose, appare lecito chiedersi, da parte dei diretti interessati, come mai in tutti questi anni i sindacati non siano intervenuti per pretendere la stipula di contratti differenti. E’ da rivalutare, inoltre, sempre da parte dei lavoratori, la figura dei vari Paolo Magaudda e Luciano Ordile, al tempo duramente contestati ma capaci di accordare loro contratti a termine vietati a decorrere dal 2008.
Una scialuppa di salvataggio potrebbe essere lanciata dall’attuale consiglio di amministrazione, come conferma Renzo commentando il nuovo Regolamento per il conferimento di incarichi professionali esterni all’ente. “Nessuna precarizzazione delle maestranze – dice – il Teatro Vittorio Emanuele di Messina vuole assumere a tempo indeterminato e sta cercando il modo di farlo”. Il direttore artistico tiene a precisare che il nuovo corso procede nella direzione opposta alla precarizzazione e come, quella di non sottoscrivere contratti a tempo indeterminato, sia in realtà “una scelta obbligata”. Una scelta alla quale si vuole trovare un’alternativa: “Il soprintendente (Antonino Saija, ndr) sta studiando il modo di aggirare questo ostacolo, così come fatto da altri enti, per arrivare alla stabilizzazione”.
A tracciare il sentiero da seguire per superare il blocco delle assunzioni potrebbe essere l’esempio fornito da altri teatri sotto la giurisdizione della Regione, come quello di Catania, che hanno ottenuto delle deroghe. Ma ci sono altre novità in cantiere, capaci di superare il testo del Regolamento sugli incarichi esterni. Se l’articolo 8 esclude espressamente l’esistenza di qualsivoglia diritto di prelazione – la problematica interessa soprattutto gli orchestrali – non è detto che debba essere così all’infinito: “Al momento – spiega Renzo – stiamo procedendo al trasferimento d’ufficio, di chi era presente nei precedenti elenchi, nel nuovo albo, slavo personale ed espresso rifiuto. Nei decreti attuativi verranno fissati dei criteri di prelazione a favore di chi ha già lavorato in passato con il Teatro, in particolare di chi non ha un lavoro a tempo indeterminato”. Pertanto, l’intenzione di creare delle corsie preferenziali, già emersa durante i lavori di redazione del regolamento, non è sfumata, ma è stata semplicemente posticipata.
Il direttore artistico, sebbene non partecipi alle sedute del Cda e quindi non abbia un ruolo nella stesura del documento, conosce la situazione e, anche su un altro aspetto, intende fare una puntualizzazione: “E’ vero che esiste un veto nei confronti di chi ha contenziosi in corso con l’Ear. Ma è anche vero che all’articolo 20 si precisa che ciò non si applica ai contenziosi pendenti alla data di approvazione del presente regolamento”.
Il che significa che le maestranze storiche del Teatro non dovranno preoccuparsi, qualora avessero agito contro l’ente in passato, che sia remoto o recente. Dovranno preoccuparsi, tuttavia, in futuro, qualora, sentendosi defraudate, aspirassero a rivolgersi alla magistratura. Sarebbe una pessima idea per chi ambisse a continuare a lavorare con il Vittorio Emanuele. (@FabioBonasera)