Solidarietà alla famiglia di Stefano Cucchi da parte dei Giovani comunisti di Messina che prendono posizione contro la sentenza della corte d’appello di Roma, dello scorso 31 ottobre, che ha assolto tutti gli imputati.
“Nel nome di una legalità, sempre più slegata dal senso di giustizia – si legge in una nota – la repressione diventa lo strumento che ristabilisce l’ordine, che punisce e risana. Ed è compito dei funzionari di questo sistema, palesemente omertoso e nepotista, garantire che gli ingranaggi siano e rimangano ben oleati; questo compito è stato adempiuto con probità dagli agenti della pubblica sicurezza, dal personale medico e dai magistrati. Nessuno si è tirato indietro, anche questa volta la legalità è stata garantita, salvaguardata, e lo Stato è uscito a testa alta e pulito! Poco importa che una madre pianga un figlio, ancora meno deve interessare che degli uomini di Stato abbiano prostituito la loro professionalità ed integrità morale uccidendo così Stefano non una ma due volte”.
I Giovani comunisti di Messina, la notte dello scorso 12 novembre, hanno manifestato il loro “totale dissenso”, e il loro “profondo sdegno”, schierandosi chiaramente con Stefano e la famiglia Cucchi e “con tutti coloro che hanno subìto e che subiscono abusi da parte delle pubbliche autorità, affiggendo uno striscione sulla targa del carcere di Gazzi, che come le caserme di polizia sono state e sono la rappresentazione della prevaricazione e della costrizione”. Sono ”non luoghi di soggettività negate e anime lacerate, chi li abita non esiste”, sono “zone franche in cui spesso si commettono barbarie nella totale impunità e impunibilità”.
“Ci si adopera per tutelare la sacralità dello Stato e proteggendo i suoi più fedeli servitori da ogni accusa, il potere, il silenzio e la complicità emettono la propria sentenza di assoluzione”, concludono i giovani esponenti di sinistra, citando Bertolt Brecht: “Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere”.